FORCONI ANCHE IN GRECIA?
[25 GENNAIO ]
Il giornale britannico The Guardian riporta la situazione degli ultimi giorni in Grecia, che ha visto un’epidemia di proteste di piazza da parte di varie categorie di lavoratori, esasperati dalla nuova tornata di austerità. I toni usati contro il partito di governo (Syriza, la sedicente sinistra anti-austerità ma pro-euro) si sono decisamente radicalizzati.
«Andremo ad Atene a bruciarli tutti», riesplodono le proteste politiche in Grecia
di Helena Smith
Agricoltori che protestano con blocchi stradali, traghetti immobilizzati nei porti, pensionati che scendono in strada: in Grecia sono tornate le proteste, in ciò che molti temono essere l’inizio dell’inverno politicamente più conflittuale per il paese ellenico ormai devastato dalla crisi. Dal confine tra Grecia e Bulgaria fino all’isola di Creta nel sud, gli agricoltori sono sul piede di guerra per il timore di subire altra austerità su mandato internazionale.
“È una guerra”, ha detto Dimitris Vergos, un produttore di mais della città di Naoussa, nel nord della Grecia. “Se loro [i politici] continuano a spingerci verso il limite, se ci vogliono disumanizzare ulteriormente, andremo ad Atene a bruciarli tutti”.
Con i toni a questo livello, il governo di sinistra del primo ministro Alexis Tsipras si è trovato improvvisamente sulla difensiva. Di fronte a una serie di dimostrazioni pubbliche – pescatori e allevatori si uniranno al blocco questo giovedì, quando anche i lavoratori del settore pubblico e di quello privato scenderanno in piazza – gli analisti politici dicono che il periodo di luna di miele di cui Tsipras godeva un tempo è finito.
Mercoledì in Tessaglia, il granaio del paese, colonne di trattori hanno creato un blocco stradale a Tempi, interrompendo la principale arteria autostradale tra il nord e il sud del paese. Altre centinaia di agricoltori si sono incolonnati sulla strada del lungomare a Tessalonica mentre, più a nord, la polizia ha dovuto sparare lacrimogeni contro i manifestanti che avevano assediato Evangelos Apostolou, il ministro dell’agricoltura, rinchiuso dentro un edificio amministrativo, durante i feroci scontri scoppiati a Komotini.
La loro collera si concentra contro i provvedimenti sulle pensioni e gli aumenti di tassazione, gli ultimi di una serie di riforme imposte in cambio degli 86 miliardi di euro del terzo bailout concesso la scorsa estate al paese ellenico funestato dal debito.
Per gli agricoltori i provvedimenti sono l’equivalente del bacio della morte. “Stiamo andando verso il conflitto totale”, ha detto Yannis Vangos, un importante sindacalista, che ha avvisato che entro venerdì verrano eretti una serie di blocchi stradali in gran parte del paese. “Sembra non ci si possa vedere faccia a faccia. La situazione è fuori controllo. Non c’è una singola cosa che abbiamo da negoziare”.
Dopo sei anni di crisi economica sono sempre di più i Greci che dicono di essere stati spinti a non poter più sopravvivere al rigore dell’austerità. Con 1,2 milioni di disoccupati, cifra senza precedenti per la Grecia – oltre il 25 percento della forza lavoro – molti sono stati impoveriti dagli effetti delle misure per evitare la bancarotta.
Anche i pensionati, i cui redditi sono stati ridotti per ben 12 volte su ordine dell’Unione Europea e delle istituzioni dell’eurozona, questa settimana si sono sollevati e sono scesi in strada a protestare. I creditori sostengono che il sistema pensionistico greco, che conta per il 17 percento del PIL, sia il più costoso d’Europa e sia in larga parte responsabile dei problemi fiscali del paese. Ma coloro che saranno colpiti dai provvedimenti messi in atto affermano che i tagli siano andati troppo oltre.
Per gli agricoltori le riforme non solo aumenteranno i contributi previdenziali dal 6,5 al 27 percento, ma raddoppieranno le tasse sul reddito, portandole dal 13 al 26 percento. Tutto ciò si porterà via oltre i tre quarti del loro reddito annuale.
“Conosco persone costrette a vivere con pensioni di 360 euro al mese”, ha detto Vergos, che era tra le centinaia di agricoltori e allevatori che hanno cercato di prendere d’assalto il Parlamento Greco a novembre, quando si discutevano i piani fiscali. “È come se con questi ultimi provvedimenti vogliano costringerci a gettare la spugna definitivamente”.
Il trentacinquenne ha poi aggiunto che faceva già prima fatica a mantenere i suoi tre figli, dopo i tagli al welfare. “E pensare che ho votato Tsipras e il suo partito [Syriza]” ha lamentato. “Pensare che erano la nostra migliore speranza. Ora non me li voglio più trovare davanti”.
La sollevazione ha messo in luce il brusco calo di popolarità di Syriza. I sondaggi condotti appena dieci giorni fa, dopo l’elezione di Kyriakos Mitsotakis alla guida di Nuova Democrazia, hanno mostrato che il principale partito di opposizione, di centro-destra, è in testa alle preferenze di almeno quattro punti percentuali.
A circa un anno da quando salì al potere facendo tremare l’establishment conservatore europeo, la sinistra greca, un tempo inflessibilmente anti-austerità, si è scontrata contro ciò a cui tutti i governi greci si sono trovati di fronte dall’inizio del collasso economico ad oggi: compiacere le istituzioni che tengono a galla il paese e contemporaneamente evitare i costi politici di farlo.
La tregua che ha prevalso mentre i politici facevano di tutto per scongiurare l’espulsione di Atene dall’eurozona – con i partiti europeisti dell’opposizione che sostenevano l’impopolare pacchetto di salvataggio dopo la chiusura delle banche e i controlli di capitali – è ora terminata, nel momento in cui Mitsotakis è apparso sulla scena.
In un’atmosfera di rinnovata polarizzazione politica, segnata questo martedì da un conflittuale primo incontro tra Tsipras e Mitsotakis, l’incertezza è tornata a dominare la scena politica. La sinistra, che è al potere insieme al piccolo partito di destra dei Greci Indipendenti, ha già visto la sua maggioranza ridursi ad appena tre seggi oltre la soglia sui 300 seggi della Camera dei Deputati.
L’approvazione di riforme così ideologicamente discordanti con le idee dei deputati, già riluttanti ad appoggiarle, è tutt’altro che garantita. Il governo si è trovato sulla difensiva quando sono esplose le critiche sulla rivelazione che i dirigenti di Syriza assumevano parenti e amici nonostante l’impegno di lasciarsi alle spalle il clientelismo nel settore pubblico.
“Tsipras è politicamente all’angolo, la grande domanda è: come reagirà?” ha detto l’analista politico Pandelis Kapsis. “La situazione è molto instabile e quanto mai imprevedibile. Potrebbe anche indire elezioni anticipate o perfino un altro referendum”.
Con i sindacati che annunciano uno sciopero generale il 4 febbraio, le prospettive di un’agitazione popolare hanno riacceso le preoccupazioni sul fatto che la Grecia possa restare nella moneta unica. Tra i timori che i creditori, guidati dall’intransigenza del Fondo Monetario Internazionale (FMI), chiedano ulteriori tagli alla spesa – dopo aver scoperto un ammanco fiscale di 1,8 miliardi di euro nel bilancio dello scorso anno – non si può escludere che si ripeta una crisi con la Grecia sull’orlo dell’uscita dall’euro. Le trattative tra Atene e i creditori cominceranno nei prossimi giorni.
Mentre si intensificavano le proteste, Tsipras mercoledì è volato in Svizzera per partecipare all’annuale World Economic Forum a Davos. Negli incontri previsti con Christine Lagarde e Mario Draghi, rispettivamente capo del FMI e della Banca Centrale Europea, Tsipras farà presumibilmente appello a maggiore flessibilità. I funzionari dicono che premerà sul fatto che ora è tempo di porre la questione se Atene abbia completato le riforme e la revisione della propria economia, e si debba parlare di riduzione del debito e di evitare il dramma che nel 2015 ha spinto la Grecia verso l’uscita dall’eurozona.