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CARLO FORMENTI E UN’ANALISI DEL POPULISMO di Alessandro Catanzaro

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[ 24 febbraio ]

Il sociologo, invitato da Programma 101 a Perugia, opera un confronto tra realtà diverse accomunate dalla medesima definizione e propone una riflessione sullo stato di democrazia e diritti in Europa e nel mondo

Perugia. Perché gli operai vanno a destra? è il titolo di un incontro pubblico con il sociologo Carlo Formenti, organizzato dal costituendo movimento politico Programma 101, tenutosi nella giornata di ieri (martedì 23 febbraio) presso la sala Pietro Conti della Cgil: tematica principale del dibattito era l’analisi del fenomeno populista che caratterizza negli ultimi anni la sfera politica mondiale. Prima di lasciare la parola al sociologo, Moreno Pasquinelli ha ricordato i prossimi impegni nell’agenda di Programma 101, in particolare la mobilitazione, in chiave antigovernativa, sulle battaglie referendarie di aprile e ottobre (riguardo rispettivamente trivelle e riforma costituzionale).

Le bordate di Formenti – Formenti aveva di recente preso una decisa posizione sull’argomento all’interno del suo blog su Micromega: “Il populismo non è un fenomeno degenerativo dei sistemi democratici, è la forma politica che la lotta di classe assume nell’era dell’economia finanziarizzata e globalizzata e della conversione liberista di tutte le élite tradizionali”. Il sociologo, di storica formazione marxista, prima propone una rivisitazione del titolo dell’incontro: “Più che di operai, che ormai nel nostro paese sono una stretta minoranza, parlerei genericamente di proletari. E più che dire che vanno a destra, direi che votano (sia a destra che a sinistra) al di fuori del perimetro dei partiti tradizionali” poi, nell’approcciarsi al discorso, lancia alcune discrete bordate: “Oggi la democrazia non esiste, viviamo in un regime post-democratico”; “L’Europa è dominata dal Quarto Reich tedesco, noi siamo a tutti gli effetti una provincia”; “Il web ha reso tutti più schiavi, non più liberi, ci ha resi trasparenti agli occhi del potere”.

Nascita e stigma di un termine – Formenti passa quindi ad analizzare la nascita del termine populismo: “Siamo tra la fine dell’Ottocento e i primi del Novecento, il termine assume subito una connotazione spregiativa negli ambienti della destra elitista, che vede di cattivo occhio l’estensione del suffragio e l’ingresso sulla scena politica delle grandi masse proletarie. In questo senso, erano populisti sia i narodniki russi che gli agricoltori e i sindacalisti statunitensi”. Mentre la condanna da sinistra nasce successivamente, in due distinte tappe: “Prima Lenin e i Bolscevichi si schierano contro i populisti, in quanto sostengono che l’interesse del popolo in quanto tale non esiste, esistono gli interessi di classe ed è lì che va concentrata l’attenzione; in seguito il termine viene associato ai populismi totalitari come quelli di Hitler e Mussolini, che porteranno alla seconda guerra mondiale”. Ecco dunque come l’aggettivo populista diviene inviso a entrambi gli schieramenti politici, tanto da diventare un vero e proprio insulto rivolto agli avversari.

Il populismo oggi – L’ultima parte dell’analisi è incentrata, sulla scia del pensiero di studiosi come Ernesto Laclau, sulla connotazione di populismo oggi. Si parte dalla considerazione che sono considerati populisti personaggi estranei all’establishment, dotati di carisma comunicativo, che si rivolgono al popolo nella sua interezza, proponendo soluzioni semplici a problemi complessi. L’attrattiva suscitata da questi personaggi e la sfiducia generalizzata verso la politica, non più capace di dare risposte ai grandi problemi sociali, portano loro grandi masse di voti e a volte la possibilità di governare: ciò non toglie che rimangano ravvisabili profili di destra o sinistra, a seconda dei casi. Formenti fa tre esempi, tra i molti proponibili: un confronto tra gli outsider della battaglia delle primarie Usa, il miliardario Donald Trump e l’autodichiarato socialista Bernie Sanders (che presentano più punti di contatto di quanto non possa apparire a prima vista); l’analisi del successo di Podemos in Spagna e i suoi legami con i movimenti bolivariani del Sud America (in particolare con il presidente dell’Ecuador Rafael Correa, che venne eletto a seguito di una sollevazione popolare); le particolarità del Movimento 5 Stelle in Italia, (il quale, riflettendo l’iperframmentazione della nostra società, è costretto a riposizionamenti continui e perciò è più difficilmente categorizzabile). In ogni caso, ciò che è certo è che il termine populista sta subendo un’evoluzione che lo porterà tra qualche anno ad assumere un’accezione forse completamente diversa.

Fonte: perugiaonline

5 pensieri su “CARLO FORMENTI E UN’ANALISI DEL POPULISMO di Alessandro Catanzaro”

  1. Vincenzo Spallino dice:

    Conoscere la storia…

  2. Vincenzo Spallino dice:

    Sicuri di sapere cosa sta succedendo? Sicuri sicuri ? Sapete  dove ci stanno portando? UmhhhPartiamo da lontano…Noi siamo un paese che alla fine della seconda guerra mondiale avendola persa,  deve pagare i debiti di guerra, eppure dal 1945 agli anni 80 cresciamo e diventiamo la quinta potenza economica al mondo, ebbene che cosa succede  improvvisamente al nostro paese dove assistiamo ad un lento e inarrestabile declino economico?   Avevamo semplicemente dal  dopoguerra,  adottato la teoria generale dell'economia scritta da Keynes, era  lo stato che controllava e regolamentata i mercati finanziari e  poteva fare politiche economiche poiché la banca centrale  rispondeva al potere politico , essendo il  prestatore d'ultima  istanza,cioè  era la BC che fissava i tassi di interesse con cui remunerare i titoli di bebito statali  btp i quali, se invenduti  sul mercato primario venivano  acquistati  direttamente dalla BC . Quindi cosa succede il 12/02/1981 ? Un fatto gravissimo che nessuno ricorda mai, il famoso divorzio tra BC e ministero del Tesoro, eseguito dall'allora ministro Andretta e il banchiere Ciampi, di fatto da quella data diventiamo un paese privo di una BC e di fatto i nostri governanti  legati mani e piedi consegnati  nelle mani dei "mercati" dove bisogna andare con il cappello in mano a chiedere denaro in prestito e pagare fior di interessi…Voglio ricordare che all'epoca del divorzio il debito pubblico era al 56.7% sul PIL ed i tassi dei titoli di stato era al5/6% Di fatto da quella data si abbandona, per pura volontà politica, il modello economico Keynesiano e ci  propinano, il modello neoliberista,   con la favoletta cantata a squarciagola dal mainstream  dell'epoca, che lo stato è ladro ed inefficace per cui meno stato  e più privato …. Ricordate il governo Dini ?  Da lì in poi partono le privatizzazioni ricordate la SIP?  Trasforma in Telekom  e privatizzata  la stessa sorte tocca a Enel  FS Banka d'Italia Autostrade  ecc… è di fatto la spoliazione dello stato messo in condizione  di non poter fare nessuna politica economica  essendo privo di una BC di riferimento voglio inoltre ricordare che la creazione di moneta  da parte della BC avviene al solo costo della carta e dell'inchiostro poiché  alla conferenza internazionale di Bretton Woods  fù  proprio Keynes  a chiede di abbandonare l'aggancio delle valute con il sistema del gold standard per cui dietro le monete non c'è  assolutamente nulla si parla di moneta Fiat cioè  creata per volere politico quindi  la moneta ha un valore meramente convenzionale  dategli dalla popolazione  ma di fatto non è altro che uno strumento che serve a misurare beni e servizi.Segue…….

  3. Vincenzo Spallino dice:

    E veniamo ad oggi cosa succede dopo oltre trent'anni  che si applica la ricetta neoliberista ?  Il nostro paese sta letteralmente sbriciolandosi  e continuano a cantarci   la favoletta del libero mercato  della perfetta concorrenza  e la maggioranza degli italiani seguono il pifferaio, ancora gli credono cosa  dicono i giornaloni le TV  insomma il mainstream?  Che il problema del paese è  la castacriccacorruzzione  e tutti dietro,  si i politici ladri , l'evasione fiscale ecc..  tutti a credere che lì  sia il problema…Mentre ESSI si guardano bene dal parlare delle vere problematiche, non lo mettono il dito nella piaga, non ci parlano di perdita di sovranità monetaria,  neanche  di modelli economici errati,   meglio che configgono  con gli interessi nazionali e del popolo,  perché , parliamoci chiaro questo modello economico neoliberista fà gli interessi dei grandi capitali, delle grandi multinazionali e delle grandi banche,  quindi  cosa fanno per prima cosa le élite dopo mani pulite ?  in campo politico si preoccupano  di traghettarci  da un sistema elettorale multipartitico  ad uno bipartitico,  e sapete perché?  Perché è  più  facile  cooptare  due soli soggetti politici che non cercare accordi con molti, troppi soggetti partitici,  riescono nel loro progetto e non solo, i partiti stessi abolendo le preferenze nominano i loro bravi e innocui militanti a ricoprire cariche di governo i quali fondamentale credo non sappiano minimamente di quello che c'è in gioco  e si preoccupano di obbedire apaticamente agli ordini di scuderia addirittura oggi senza neppure interpellare la propria coscienza, tirando a campare sperando di concludere la legislatura  ed arrivare alla tanto agognata  ricca pensione da godere disinteressandosi di fatto delle conseguenze delle loro scelte,  le quali vanno unicamente a legiferare a favore delle élite.  Dimenticano costoro che, la coesione sociale verrà meno e i conflitti interclasse  busseranno alla porta sarà molto difficile tenerli sotto controllo (informatevi su ciò che sta accadendo in Grecia in questi giorni ) e domandatevi  perché l'informazione italiana non ne parla. Dunque  un altro passo indietro cos'è che spinge Keynes a scrivere la teoria generale del l'economia e del lavoro?  Perché  vedeva i frutti malefici prodotti dal modello economico del 1900 il neoclassico  il quale aveva un motto  il " lassaz  fair" cioè  lasciar fare ai mercati  un pensiero semplice secondo questa teoria economica, i MERCATI FINANZIARI sapranno    regolare tutti i gangli della società civile  in piena autonomia, sganciati completamente sia dall'influenza degli Stati, che  dai bisogni delle popolazioni, infatti produce una prima guerra mondiale  15/18  quindi il  crollo di wall street  nel 1929 con le conseguenze di un'alta  disoccupazione, causa prima dei conflitti sociali, i quali vengono sedati dalle élite con l'instaurazione  di dittature, infine la seconda guerra mondiale, alla fine della quale  viene sconfitto il modello economico neoclassico e adottata la teoria di Keynes ,  non solo  in Italia viene addirittura inserita in costituzione la piena occupazione, come principio fondante della Repubblica ispirato proprio da Keynes.Segue….

  4. Vincenzo Spallino dice:

    Infine…..Bisogna capire  che il piano studiato dalle élite per ripristinare l'assetto economico  antecedente il 1929 e quindi  disattivare lo stato, nella  sua funzione di regolatore per la redistribuzione del reddito, con politiche di sviluppo industriale, di  piena occupazione  attivare gli ascensori sociali per l'espansione della classe media, garantire a tutti i cittadini, assistenza medica, istruzione, sicurezza, trasporti ecc…Ecco il loro piano è  totalmente riuscito non hanno sbagliato un  colpo. Se la maggioranza dei cittadini capisse il  funzionamento della creazione monetaria e i principi economici Keynesiani più arduo sarebbe per la classe dominante e i politici da ESSI cooptati,  imporci una  NARRAZIONE della realtà  aderente  ai   loro interessi , ma stridente con la realtà dei fatti.  Interessi  contrari a quelli del lavoratore salariato e del piccolo imprenditore e commerciante, guai a cadere nel loro gioco, di farci la guerra per  piccoli interessi, che separano queste categorie, è ciò che vogliono il  principio del divide et impera, di antica memoria contro di ESSI un sol popolo, altrimenti non ci sarà  via di scampo per NESSUNO. Quindi quando oggi sentiamo chi si lamenta dell'assenza dello stato con le solite querimonie  ma lo stato dov'è ? Che fà?  Adesso sappiamo che non può assolvere alla sua funzione di regolatore e distributore del wellfare, attuando politiche industriali ed economiche, soprattutto oggi dove il bisogno di investimenti anticiclici sarebbe fondamentale,   perché , l'unica  leva che prevede il modello ordoliberista è quella della riduzione continua delle infrastrutture e dei servizi da esso erogati sempre di più,  fino ad avere un soggetto con cui interloquire sempre più debole ed incapace di  assolvere le funzioni per far funzionare l'apparato statale punto.Ecco il loro piano è  totalmente riuscito non hanno sbagliato un colpo l'internazionalizzazione cioè la cessione della sovranità all'Europa è stato il grimaldello che ha servito le élite e raggiungere la sospensione delle prerogative statuali e l'euro è lo strumento che oggi stanno usando come arma per sedare qualsiasi velleità di ritorni a scenari precedenti con il ricatto di chiusura della liquidità come successo in Grecia. Questa è  la consapevolezza  che dovremmo avere tutti,  più persone conoscono il funzionamento della creazione monetaria e i principi economici Keynesiani più arduo sarà per la classe politica e dominante nel nostro paese  dare  una NARRAZIONE della realtà  aderente  ai   loro interessi . Ma contrari a quelli del lavoratore salariato e del piccolo imprenditore o commerciante guai a cadere nel loro gioco di far la guerra tra i piccoli interessi che separano queste categorie è il principio del divide et impera di antica memoria contro di ESSI un sol popolo altrimenti non ci sarà  via di scampo per NESSUNO. Saluto e ringrazio vincent

  5. Alberto dice:

    Per diventare populisti occorre prima diventare popolari.Noi abbiamo avuto prima Gino Bartali e poi Beppe Grillo. Un bel salto di qualità, ma entrambi alla fin fine non avevano niente da dire. Dalla bicicletta e dalla comicità è difficile far nascere un progetto socio-politico forte e condiviso. Soprattutto condiviso, questa è la maggior difficoltà, proprio perchè dalla denuncia critica delle contraddizioni evidenti possono nascere tante soluzioni quante sono le tendenze ideologiche latenti e tradite dalla politica reale del momento, asservita ai poteri forti descritti sopra da Vincenzo. La trasversalità dell'Italia dei valori non ha prodotto nulla, quella del M5S staremo a vedere. Sarà dura.

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