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COSTITUZIONE: LA PICCOLA STALINGRADO D’ITALIA di Michele Berti*

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[ 16 febbraio ]

«Prima di tutto definiamo a chi ci rivolgiamo e come farlo. Non dobbiamo peccare di ingenuità.
I cittadini dopo oltre trent’anni di rimbecillimento collettivo da televisione generalista e 50 anni di consumismo, non sono più come prima. Pensare che il corpo elettorale che andrà a votare sia informato, preparato e coinvolto è per prima cosa sbagliato e poi certamente perdente. La Costituzione non è l’acqua».

Riforma costituzionale: la piccola Stalingrado italiana

Più si approfondisce l’analisi e lo studio della riforma e più appare chiaro come la sua approvazione prevista ad aprile ed il referendum confermativo che si svolgerà ad ottobre, a seguito dell’incapacità di Renzi di avere i 2/3 delle Camere, rappresentano un passaggio storico che, usando espressioni già note, ci traghetterà definitivamente nella Terza Repubblica.
La vittoria dei SI ci consegnerà una terza repubblica semipresidenziale, ovvero presidenziale nei poteri e semi distrutta negli equilibri e nelle garanzie.
Il sabotaggio della Costituzione sappiamo ormai da dove viene.
Un sistema economico cinico ed ingordo, quello neoliberista, ormai si sente così forte da poter togliere gli ultimi ostacoli che frenano il suo dispiegamento totale e l’asservimento degli Stati Nazione.
Quello che si delinea non è un regime autoritario in senso politico, ma in senso economico. La differenza tra i due regimi per il momento esiste, ma non tarderanno nei modi e negli effetti a convergere velocemente verso episodi di cruda repressione. Le immagini che arrivano dalla Grecia in queste ore ne sono la prova vivente, gli episodi di repressione delle lotte sindacali di questi mesi ne sono solo un assaggio.
Un parlamento eletto con una legge dichiarata incostituzionale, sta modificando la Costituzione in un modo illegale, ovvero non intervenendo puntualmente, ma mettendo le mani su quasi 50 articoli della Carta.

Un cittadino dovrebbe porsi infatti la domanda se questo non richieda un procedimento diverso che passi, per esempio, attraverso una nuova Assemblea Costituente.

Ricordiamo che dal punto di vista del diritto il potere costituente, come la sovranità del resto, è solamente del popolo e di nessun altro.
Le modifiche introdotte dalla riforma sono molteplici e scellerate, ma qui è necessario fare un un passo indietro per analizzare il problema referendum in modo approfondito andando a definire anche il suo contenuto politico che non è possibile trascurare e quali strategie comunicative individuare.
La sfida è grande. Tradurre in un discorso convincente per i cittadini una materia giuridica, e per questo ostica, come la Costituzione, necessita di competenze si, ma anche di una grande capacità di sintesi e di strategia comunicativa.
Mi perdoneranno coloro che credono queste questioni secondarie ma io invece credo fermamente che il referendum verrà vinto o perso proprio nel modo in cui ci si approccerà alla riforma.
Viviamo nel mondo della comunicazione, credere di vivere ancora le passioni civili di tempi andati è solo una maschera che nasconde la realtà impedendoci di camminare.
Prima di tutto definiamo a chi ci rivolgiamo e come farlo. Non dobbiamo peccare di ingenuità.
I cittadini dopo oltre trent’anni di rimbecillimento collettivo da televisione generalista e 50 anni di consumismo, non sono più come prima. Pensare che il corpo elettorale che andrà a votare sia informato, preparato e coinvolto è per prima cosa sbagliato e poi certamente perdente. La Costituzione non è l’acqua.
I cittadini sono per prima cosa consumatori, di merci e di servizi e si muovono spinti da desideri molte volte distorti dall’esterno. Se vogliamo essere efficaci nella comunicazione dovremo andare a porre l’attenzione primo, sui temi che mettono in difficoltà i bisogni di queste persone e secondo, sui temi che possono avere presa sulle singole emotività.
Individuare le questioni su cui i cittadini sono più sensibili non sarà comunque difficile. Si dovrà costruire un discorso che riesca a risvegliare dei valori, si dovrà far percepire un pericolo, si dovrà chiamare alla partecipazione per difendere i propri diritti e trasformare la diffusa rassegnazione in forza collettiva.
Dal punto di vista comunicativo, un primo tema su cui fondare un discorso in modo deciso è la sovranità popolare che, esplicitata nell’articolo 1, verrà profondamente limitata dalla Nuova Costituzione (incominciamo a chiamarla così, perchè non sarà più la stessa Costituzione).
Un ragionamento che parta dall’eliminazione del bicameralismo e  porti alla riduzione di sovranità popolare la gente riuscirà a capirlo e potrà essere il primo campanello di allarme per poi proseguire nel percorso di approfondimento. In questo ambito l’accentramento dei poteri legislativo, esecutivo e giudiziario e la fine del loro bilanciamento prodotto dalla riforma costituzionale è sicuramente un argomento da non trascurare.

Un secondo tema importante che tocca tutti nella quotidinità sono i servizi. La riforma del Titolo V porterà un accentramento di competenze dalle Regioni allo Stato andando a toccare una marea di settori essenziali quali la sanità, i trasporti, la scuola. La clausula di supremazia statale nelle mani del governo potrebbe essere un grimaldello per una nuova stagione di privatizzazioni che sono state fino ad oggi impedite dal decentramento amministrativo tra Stato e Regioni. Su questo anche le Regioni a Statuto speciale sono a rischio, soprattutto per quelle, come il Trentino Alto Adige,  che hanno già intrapreso un processo di revisione dello Statuto speciale.
I servizi che derivano dalle competenze su cui, “per tutelare l’unità giuridica ed economica del Paese”, il governo potrebbe regolamentare a piacimento, sono ogni giorno utilizzati dalle persone e quindi sono sentiti vicini e ritenuti a volte essenziali.
Un altro tema che potrebbe risultare sentito è quello relativo all’art.78.
In questi tempi di guerra alle porte sapere che, una Camera eletta con una legge elettorale pesata da un premio di maggioranza del 40%, potrebbe dichiarare lo stato di guerra e far confluire al governo, espressione incontrastata della maggioranza della Camera stessa, tutti i poteri richiama a stagioni drammatiche della nostra storia.
E’ un pericolo reale che si può facilmente spiegare e che tocca la sfera emotiva di molti vista anche la consueta applicazione creativa che si dà all’art.11 della Costituzione.
Ora però analizziamo quali saranno i punti forti della strategia comunicativa del SI che noi dovremo sistematicamente destrutturare.
La prima, banale e ovvia, si basa sulla riduzione dei costi. Dopo averci resi tutti aziendalisti, quando si toccano i soldi e le riduzioni di costi, pare si scateni una cieca furia furia da spending review(con l’inglese ci fottono).
La riduzione dei costi legata alla riduzione dei parlamentari sarà minima, ma vale la pena studiare i numeri per proporli in modo chiaro e circostanziato.
Il secondo aspetto è la riduzione dei tempi di approvazione delle leggi. Su questo ci sono dati inconfutabii della buona produzione del Parlamento che potrebbe essere migliore, ma è sicuramente in linea con i tempi e le esigenze della società. Dovremo essere pronti a fornirli questi dati.
Un ultimo aspetto che è il più critico a mio avviso.
Renzi ha dichiarato che se perderà il referendum lascerà la politica. E’ l’evidente ricerca del plebiscito.
Domandiamoci il perchè di questa dichiarazione.
Il primo ragionamento riguarda Renzi e la sua sopravvivenza.Renzi giocherà non sulla sua forza, ma su quella che manca ai suoi avversari, quella mancanza di un’altenativa che è facilmente spendibile dal punto di vista comunicativo come un salto nel vuoto e che verrà sottolineata mille e mille volte nella campagna referendaria già affidata ad un team di esperti stranieri di comunicazione e alle corazzate mediatiche di regime.
Il secondo ragionamento riguarda il “lasciare” la politica, appello lanciato più verso l’interno del PD che all’esterno. E’ un “o con me o contro di me”che in un momento critico del Partito Democratico, solcato da contraddizioni  politiche enormi, può ricompattare i ranghi anche se, Renzi ben sa, che l’opposizione interna al partito non ha ad oggi un’alternativa vera e spendibile  sia come leader che come programma.
Il primo aspetto è il pericolo maggiore, quello che può fare perdere il referendum. Io vedo proprio la possibilità che molti cittadini chiamati a votare, spinti da una campagna mediatica catastrofista, sceglieranno la continuità di governo e di partito sacrificando la Costituzione.
L’idea poi del partito-paese (parole di Alfano di ieri) o del Partito Nazione non si fermerà grazie ad un referendum perso, su questo ci scommetto. L’ennesimo grande bluff comunicativo di Renzi  sarà però uno degli strumenti più affilati nella mischia della campagna mediatica.
Come agire per arginare questo aspetto richiede due tipi di sforzi, uno di breve periodo e uno di ampio respiro.
Il primo sforzo è quello comunicativo nell’evidenziare come la Costituzione sia il nostro patto sociale e che non dovrebbe essere legato alle vicende di sopravvivenza di un governo.
Il secondo sforzo è immane e prevede la costruzione di un’alternativa politica e sociale legata alla Costituzione. Un fronte “costituzionalista” che costruito dal basso attraverso l’attività dei comitati per la costituzione, potrebbe rappresentare una svolta politica importante.
Chiaramente questo è un auspicio personale più che una possibilità che ritengo improbabile nei tempi e nelle modalità. Il referendum dell’acqua ha visto milioni di persone mobilitarsi per poi rientrare vincenti sulla carta nelle proprie case senza che questo risultato fosse  trasformato in qualcosa di solido.
Mai come oggi l’esigenza di riprendere ed attuare nei principi e nei contenuti la nostra Costituzionedel 1948 richiede uno slancio politico e non storiografico.
La Costituzione non è un museo, è il progetto di un Paese in cui tutti possano vivere dignitosamente, lavorare, crescere ed educare i propri figli, avere la certezza di una vecchiaia serena.
Oggi abbiamo davanti una grande sfida, se mi concedete la metafora, una piccola Stalingrado tutta italiana, ovvero affossare la riforma costituzionale.

La storia poi ci insegna, che da Stalingrado si può arrivare a Berlino.

* Michele Berti è membro del Consiglio Nazionale di P101
** Fonte: Programma 101

2 pensieri su “COSTITUZIONE: LA PICCOLA STALINGRADO D’ITALIA di Michele Berti*”

  1. gengiss dice:

    L'anti-europeismo sbarca persino sul blog di Repubblica ! (alla faccia di Scalfari) E' un fiume in piena ormaihttp://clericetti.blogautore.repubblica.it/

  2. Francesco Colonna dice:

    Non è la prima volta che Clericetti parla male di Europa. I giornali-regime sanno dare un po' di spazio anche al dissenso…

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