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INTERESSANTE SONDAGGIO di Emmezeta

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[ 1 febbraio ]

Anche il rilevamento demoscopico della Ipsos PA [vedi tabella] lo conferma: la partita del referendum costituzionale è apertissima, ma…
Contrariamente a quel che si vuol far credere, l’esito del referendum costituzionale previsto per il prossimo autunno è apertissimo. Ce ne eravamo già occupati all’inizio dell’anno a proposito di un sondaggio del CISE, ma i dati del rilevamentoIpsos PA, pubblicati ieri dal Corriere della Sera sono ancora più confortanti.

Beninteso, ad oggi i SI’ alla porcata (in)costituzionale di Renzi sarebbero ancora in vantaggio. E questo è ragionevolmente credibile. Ma è un vantaggio minimo, con un numero di indecisi altissimo, quando mancano ancora 10 mesi al voto.

Se esaminati con la dovuta attenzione, i dati della Ipsos non sono affatto tranquillizzanti per ilfiorentino. Questo per almeno tre motivi. Vediamoli.

1. Tra coloro che oggi si dichiarano propensi ad andare a votare il 46% dice che voterà SI’, il 37% NO, mentre il restante 19% si dichiara indeciso. Ipotizzando una ripartizione proporzionale di questi ultimi, avremmo una prevalenza del SI’ con il 55,4% contro il 44,6% del NO. Nel precedente sondaggio del CISE il SI’ era invece al 68% ed il NO al 32%. 

Naturalmente un sondaggio è solo un sondaggio, ed i raffronti tra due sondaggi fatti da due soggetti diversi sono assai opinabili. Tuttavia questi sono gli unici numeri ad oggi disponibili, e comunque un recupero del NO di oltre 10 punti percentuali tra il primo ed il secondo sondaggio appare certamente degna di nota.

2. Le percentuali di cui al punto 1 hanno comunque un valore assai relativo, data l’altissima percentuale di persone che al momento si dichiarano intenzionate a non votare. Vediamo dunque la ripartizione delle intenzioni di voto/non voto sull’intero corpo elettorale. Il SI’ è per ora al 21%, il NO al 16%, il 54% dichiara che non voterà o comunque non si pronuncia, il 9% si dice indeciso. Dunque, al momento, solo il 46% degli elettori ritiene di andare a votare. Sarà davvero questa la percentuale di partecipazione al voto? Poco probabile, dato l’inevitabile aumento di attenzione che vi sarà nei prossimi mesi e soprattutto nelle ultime settimane prima del referendum. Nel 2011, in occasione dei referendum abrogativi su nucleare ed acqua pubblica, la percentuale dei votanti fu del 57%. Poco probabile che si vada sotto quel dato.

La domanda decisiva è allora questa: quale dei due schieramenti ha maggiore possibilità di conquistare nuovi consensi? I numeri della Ipsos qualcosa ci dicono. Mentre nell’elettorato del Pd la percentuale di indecisi e/o non votanti è al momento del 52%, quella dell’elettorato M5S è del 59%, mentre si arriva al 63% nell’elettorato di Forza Italia ed addirittura al 69% in quello della Lega. Dunque, com’è facilmente comprensibile, il Pd ha già mobilitato il proprio elettorato in maniera assai più forte di quanto hanno fatto i partiti schierati per il NO. 

Ora, è pur vero che sia in Forza Italia che nella Lega vi è una consistente minoranza orientata per il SI’, ma in generale assai evidenti sono le possibilità di recupero del NO. Naturalmente, tutto dipenderà dal grado di impegno delle varie forze politiche. Renzi di certo non si risparmierà. Vedremo cosa faranno gli altri, a partire da M5S.

3. Molto dipenderà dunque dal grado di politicizzazione dello scontro referendario. Il premier lo ha già politicizzato al massimo. Altri tendono invece a fare il contrario ma sul punto le persone intervistate da Ipsos sembrano avere le idee abbastanza chiare.

Alla domanda su cosa penseranno principalmente gli elettori al momento dell’espressione del voto, il 51% ha risposto «di approvare o bocciare Renzi e il suo governo», contro un 37% che dice che il voto verrà dato per «approvare o bocciare i contenuti specifici della riforma», mentre il 12% non si esprime.

Dunque, piaccia o non piaccia, la politicizzazione del voto è un fatto oggettivo, ben compreso già adesso dalla maggioranza delle persone. Che forse il governo Renzi ha il consenso del 50%+1 degli elettori? Fino ad oggi non l’ha mai avuta, questo è un dato di fatto. Ecco perché continuiamo a pensare che ci siano buone probabilità di battere la controriforma renziana.

Ma…

Renzi non può dunque stare tranquillo, ma… c’è un ma che sarà bene considerare.

Possiamo escludere un significativo aumento dei consensi al premier nella misura in cui saprà portare avanti lo scontro con l’Unione Europea? Qui si aprirebbe un altro discorso, che in questa sede non approfondiamo. Tuttavia la questione è chiara, dato che dietro le polemiche di queste settimane vi sono delle questioni politiche (banche, flessibilità di bilancio, migranti) dalle quali dipende il futuro stesso del governo.

Alcuni pensano che Renzi sia già al capolinea. Se così fosse il referendum si svolgerebbe in un quadro irreale, con il tramonto anticipato di colui che ha voluto a tutti i costi la controriforma costituzionale. Ma quanto è credibile uno scenario del genere? Poco, molto poco, a modesto parere di chi scrive. 

Restiamo dunque allo scenario più probabile, quello con Renzi in sella ed in conflitto (almeno a parole) con l’Europa. Naturalmente, anche in questo caso vi sono diverse variabili. Come finirà il contenzioso sulle grandi questioni citate poc’anzi? Al momento non lo sappiamo. L’incontro con la Merkel non ha spostato di una virgola i problemi, mentre sulle banche l’inutile accordo raggiunto tra Padoan e la commissaria Vestager (un cedimento totale da parte italiana) si è rivelato sostanzialmente un boomerang – vedi i relativi crolli borsistici – che ha solo evidenziato l’assenza di ogni soluzione credibile.

Più in generale, quel che possiamo dire è che difficilmente la pressione di Renzi sposterà la posizione tedesca e quella di Juncker, ma altrettanto difficilmente il fiorentino potrà limitarsi a dire signorsì, dato che ciò equivarrebbe alla sua sostanziale fine politica. E’ possibile dunque che il conflitto si trascini – almeno verbalmente – per i prossimi mesi. E sbaglierebbe chi pensasse che ciò conti poco in materia di referendum costituzionale. 

Tutto questo per dire che per vincere la battaglia del NO la polemica con Renzi è necessaria, ma senza dimenticarsi le ragioni di fondo che hanno portato al totale stravolgimento della Costituzione repubblicana. Ragioni che affondano le proprie radici nei meccanismi e nell’ideologia del capitalismo-casinò (l’economia che deve guidare la politica e non viceversa), nonché nelle regole e nei trattati dell’Unione Europea.

La denuncia dell’UE come forza scardinatrice dei principi costituzionali, in quanto nemica di ogni sovranità democratica, non sarà mai troppo forte. La norma capestro del pareggio di bilancio, sciaguratamente inserita nell’articolo 81, è lì a dimostrarcelo. La battaglia per il NO ha da essere dunque sia contro Renzi che contro l’UE. Per una questione di serietà, ma anche per provare veramente a vincere. 

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