LIBIA: IL “GOVERNO” SUL GOMMONE
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[ 1 aprile ]
La pagliacciata del Secolo, ovvero lo sbarco di Al Serraj Sulla costa Libica. Una co-Produzione Onu-Nato-Usa-Europa per “insediare” Il Loro fantoccio. Mai si era vista Una cosa Così ridicola. Che Anche l’imperialismo non SIA Più Quello di una volta?
(Nella foto: Tripoli, al Serraj ricevuto dagli altri pagliacci)
Se questo è l’imperialismo non siamo messi poi tanto male. Il “governo” Serraj, quello voluto da americani ed europei, benedetto dall’ONU (e dunque anche da Russia e Cina) è arrivato in Libia su dei gommoni. La motovedetta partita da Sfax (Tunisia), scortata dalle flotte militari di USA, Gran Bretagna, Francia ed Italia è infatti andata in panne… A quel punto sono entrati in azione i gommoni, ed i “ministri per caso” che si trovavano a bordo sono così sbarcati a Tripoli come fossero dei profughi, anche se questi ultimi si muovono normalmente in direzione opposta…
Abbiamo detto Tripoli, ma non è esatto.
Abbiamo detto Tripoli, ma non è esatto.
L’allegra brigata, messa insieme non si sa come dalla mega-galattica coalizione di cui sopra, dopo duri mesi trascorsi in hotel a cinque stelle, è in realtà approdata alla base navale di Abu Settah. Sotto la protezione di chi non ci vuol molto ad immaginarlo. Sta di fatto che al Serraj e soci, subito accolti a fucilate dai libici, se ne stanno ben chiusi nel loro bunker, che se dovessero provare ad entrare in città sarebbero per loro guai davvero seri.
Come noto, lo schemino degli imperialisti è molto semplice. Probabilmente un po’ troppo semplice. Esso prevede infatti soltanto quattro mosse: 1. la costituzione del loro governo fantoccio, 2. il suo insediamento sul territorio libico, 3. la sua richiesta di “aiuto” alle potenze occidentali, 4. l’intervento militare di queste ultime, si dice a “guida” italiana.
Il piano è semplice, la sua attuazione assai meno.
Intanto la costituzione del governo fantoccio ha richiesto lunghi mesi di trattative. Ma il bello è che anche queste non sono servite a nulla, dato che il parlamento di Tripoli (al quale fa riferimento il governo insediatosi nella capitale, con l’appoggio di Turchia e Qatar) non solo non riconosce al Serraj, ma gli ha detto chiaramente di non farsi vedere in giro pena l’arresto. Più incerta la situazione a Tobruk. Lì il parlamento, che esprime un governo appoggiato da Egitto ed Arabia Saudita appare spaccato in due, comunque tutt’altro che entusiasta di cedere i poteri all’uomo scelto dalla cosiddetta “comunità internazionale”. E pensare che quest’ultima, cioè il consesso che riunisce i predoni che vogliono mettere le mani sulla Libia, finora riconoscevano il parlamento di Tobruk come l’unico legittimo…
Dire che, in questa situazione, la combriccola sbarcata ieri non può avere nessuna legittimità è cosa fin troppo facile. Eppure, gli ideatori dello sbarco, a partire dall’inviato dell’ONU Kobler vanno dritti per la loro strada. Questa la sua comica dichiarazione: «E’ urgente un pacifico e ordinato passaggio dei poteri». Eh già, visto il consenso di cui gode, al Serraj non avrà difficoltà a farsi passare – per giunta ordinatamente – i poteri! Per il momento le milizie che comandano a Tripoli hanno però deciso il blocco delle strade che conducono alla base navale dove si trova il pupazzo… Se son rose fioriranno.
Che si sia di fronte ad un governo fantoccio è talmente evidente, che non è il caso di spenderci troppe parole. Concediamoci però una breve digressione sul dibattito in corso nel nostro paese. A fronte di un Renzi che si è limitato a fare i suoi auguri al cosiddetto “nuovo governo”, più schierate sono parse le parole del ministro Gentiloni, che ha auspicato che «il popolo libico garantisca al Consiglio di Presidenza e al Governo di Concordia Nazionale (paroloni che corrispondono alla combriccola chiusa nel bunker, ndr) il pieno supporto e la massima cooperazione e che le istituzioni politiche e finanziarie collaborino per consentire l’immediato e pacifico trasferimento dei poteri». Insomma un Kobler 2, con l’aggiunta del ridicolo appello al popolo libico.
Anche Renzi e Gentiloni non si pongono dunque il tema della legittimità di al Serraj. Lo fa invece un personaggio da sempre schierato per le guerre occidentali, ma questa volta no. «La presenza dei militari discrediterebbe ancora di più il già delegittimato governo (quello di al Serraj, ndr) e rafforzerebbe la presenza Isis», questo il sottotitolo di un articolo dell’insospettabile Paolo Mieli, che si pronuncia contro l’azione militare, giudicando quello di al Serraj esattamente come un governo fantoccio.
Ma lasciamo l’Italia e torniamo allo schema di cui abbiamo già parlato. Se la prima mossa (la costituzione del governo) non ha certo riscosso il plauso delle varie fazioni libiche, se manca cioè il benché minimo requisito di una qualsivoglia legittimità, a partire dalla presenza di un qualche sostegno da parte della popolazione, altrettanto aleatorio appare il concetto di cui al punto 2, quello dell'”insediamento”.
Un governo si dice insediato se entra in possesso dei poteri tipici di un esecutivo, non se viene semplicemente sbarcato su dei gommoni in un blindatissimo lembo di terra di un paese di un milione e 759mila chilometri quadrati. C’è bisogno di dirlo? Evidentemente sì, perché adesso ci sarà di certo qualcuno in attesa del segnale concordato: aitateci!, cioè bombardateli!, noi siamo il governo della Libia, distruggete pure la Libia!
Vedremo se davvero ci si spingerà a tanto. Le mosse 3 e 4 del piano imperialista questo prevederebbero. Ma i giochi sono in realtà più complessi. Gli strateghi occidentali – siano essi quelli di Washington, di Londra, di Parigi o di Roma – hanno sempre pensato di potersi giocare la Libia con due armi: quella delle contraddizioni tribali, da manipolare all’uopo; quella delle azioni mirate delle forze speciali già presenti sul terreno. Insomma, per dirla in breve, l’idea è quella di una strategia politico-militare low cost.
Ma è dal drammatico 2011 che vanno avanti i patteggiamenti con le varie realtà tribali, ed è certamente dalla guerra di quell’anno che le unità speciali agiscono sul territorio libico. A giudicare dalla successione degli eventi non sembrerebbe con troppo successo. Perché quel che non è stato possibile fino ad oggi, dovrebbe realizzarsi con il governo del canotto?
Questo gli analisti non ce lo dicono. E non ce lo dicono perché la vera alternativa è quella di una guerra ancor più sanguinosa di quella di cinque anni fa, questa volta con gli “stivali sul terreno”, con il dispiegamento cioè di un contingente militare piuttosto numeroso.
Le prossime settimane ci diranno se le fasi 3 e 4 scatteranno davvero, o se – come riteniamo più probabile – proseguirà invece l’attuale situazione di una guerra civile incancrenita anche a causa dei tanti interessi geopolitici in gioco. Interessi assai confliggenti anche all’interno dello stesso schieramento euro-atlantico.
Intanto godiamoci lo spettacolo del gommone. Certo non siamo così sciocchi da vedere in quell’immagine un imperialismo alla deriva. Magari! Più modestamente ci accontentiamo di scorgere in quella foto (che ovviamente i protagonisti dello sbarco si sono ben guardati dal diffondere) il segno di una grande difficoltà dei “padroni del mondo”. Magari l’imperialismo non è esattamente la “tigre di carta” di cui parlava Mao Tse Tung, ma esso non è neppure il mostro invincibile che pensano in molti.
Che dopo una lunga preparazione, si sia giunti al comico sbarco di ieri qualcosa comunque ci dice. Mai si era vista una cosa così ridicola. Che anche l’imperialismo non sia più quello di una volta?
Come noto, lo schemino degli imperialisti è molto semplice. Probabilmente un po’ troppo semplice. Esso prevede infatti soltanto quattro mosse: 1. la costituzione del loro governo fantoccio, 2. il suo insediamento sul territorio libico, 3. la sua richiesta di “aiuto” alle potenze occidentali, 4. l’intervento militare di queste ultime, si dice a “guida” italiana.
Il piano è semplice, la sua attuazione assai meno.
Intanto la costituzione del governo fantoccio ha richiesto lunghi mesi di trattative. Ma il bello è che anche queste non sono servite a nulla, dato che il parlamento di Tripoli (al quale fa riferimento il governo insediatosi nella capitale, con l’appoggio di Turchia e Qatar) non solo non riconosce al Serraj, ma gli ha detto chiaramente di non farsi vedere in giro pena l’arresto. Più incerta la situazione a Tobruk. Lì il parlamento, che esprime un governo appoggiato da Egitto ed Arabia Saudita appare spaccato in due, comunque tutt’altro che entusiasta di cedere i poteri all’uomo scelto dalla cosiddetta “comunità internazionale”. E pensare che quest’ultima, cioè il consesso che riunisce i predoni che vogliono mettere le mani sulla Libia, finora riconoscevano il parlamento di Tobruk come l’unico legittimo…
Dire che, in questa situazione, la combriccola sbarcata ieri non può avere nessuna legittimità è cosa fin troppo facile. Eppure, gli ideatori dello sbarco, a partire dall’inviato dell’ONU Kobler vanno dritti per la loro strada. Questa la sua comica dichiarazione: «E’ urgente un pacifico e ordinato passaggio dei poteri». Eh già, visto il consenso di cui gode, al Serraj non avrà difficoltà a farsi passare – per giunta ordinatamente – i poteri! Per il momento le milizie che comandano a Tripoli hanno però deciso il blocco delle strade che conducono alla base navale dove si trova il pupazzo… Se son rose fioriranno.
Che si sia di fronte ad un governo fantoccio è talmente evidente, che non è il caso di spenderci troppe parole. Concediamoci però una breve digressione sul dibattito in corso nel nostro paese. A fronte di un Renzi che si è limitato a fare i suoi auguri al cosiddetto “nuovo governo”, più schierate sono parse le parole del ministro Gentiloni, che ha auspicato che «il popolo libico garantisca al Consiglio di Presidenza e al Governo di Concordia Nazionale (paroloni che corrispondono alla combriccola chiusa nel bunker, ndr) il pieno supporto e la massima cooperazione e che le istituzioni politiche e finanziarie collaborino per consentire l’immediato e pacifico trasferimento dei poteri». Insomma un Kobler 2, con l’aggiunta del ridicolo appello al popolo libico.
Anche Renzi e Gentiloni non si pongono dunque il tema della legittimità di al Serraj. Lo fa invece un personaggio da sempre schierato per le guerre occidentali, ma questa volta no. «La presenza dei militari discrediterebbe ancora di più il già delegittimato governo (quello di al Serraj, ndr) e rafforzerebbe la presenza Isis», questo il sottotitolo di un articolo dell’insospettabile Paolo Mieli, che si pronuncia contro l’azione militare, giudicando quello di al Serraj esattamente come un governo fantoccio.
Ma lasciamo l’Italia e torniamo allo schema di cui abbiamo già parlato. Se la prima mossa (la costituzione del governo) non ha certo riscosso il plauso delle varie fazioni libiche, se manca cioè il benché minimo requisito di una qualsivoglia legittimità, a partire dalla presenza di un qualche sostegno da parte della popolazione, altrettanto aleatorio appare il concetto di cui al punto 2, quello dell'”insediamento”.
Un governo si dice insediato se entra in possesso dei poteri tipici di un esecutivo, non se viene semplicemente sbarcato su dei gommoni in un blindatissimo lembo di terra di un paese di un milione e 759mila chilometri quadrati. C’è bisogno di dirlo? Evidentemente sì, perché adesso ci sarà di certo qualcuno in attesa del segnale concordato: aitateci!, cioè bombardateli!, noi siamo il governo della Libia, distruggete pure la Libia!
Vedremo se davvero ci si spingerà a tanto. Le mosse 3 e 4 del piano imperialista questo prevederebbero. Ma i giochi sono in realtà più complessi. Gli strateghi occidentali – siano essi quelli di Washington, di Londra, di Parigi o di Roma – hanno sempre pensato di potersi giocare la Libia con due armi: quella delle contraddizioni tribali, da manipolare all’uopo; quella delle azioni mirate delle forze speciali già presenti sul terreno. Insomma, per dirla in breve, l’idea è quella di una strategia politico-militare low cost.
Ma è dal drammatico 2011 che vanno avanti i patteggiamenti con le varie realtà tribali, ed è certamente dalla guerra di quell’anno che le unità speciali agiscono sul territorio libico. A giudicare dalla successione degli eventi non sembrerebbe con troppo successo. Perché quel che non è stato possibile fino ad oggi, dovrebbe realizzarsi con il governo del canotto?
Questo gli analisti non ce lo dicono. E non ce lo dicono perché la vera alternativa è quella di una guerra ancor più sanguinosa di quella di cinque anni fa, questa volta con gli “stivali sul terreno”, con il dispiegamento cioè di un contingente militare piuttosto numeroso.
Le prossime settimane ci diranno se le fasi 3 e 4 scatteranno davvero, o se – come riteniamo più probabile – proseguirà invece l’attuale situazione di una guerra civile incancrenita anche a causa dei tanti interessi geopolitici in gioco. Interessi assai confliggenti anche all’interno dello stesso schieramento euro-atlantico.
Intanto godiamoci lo spettacolo del gommone. Certo non siamo così sciocchi da vedere in quell’immagine un imperialismo alla deriva. Magari! Più modestamente ci accontentiamo di scorgere in quella foto (che ovviamente i protagonisti dello sbarco si sono ben guardati dal diffondere) il segno di una grande difficoltà dei “padroni del mondo”. Magari l’imperialismo non è esattamente la “tigre di carta” di cui parlava Mao Tse Tung, ma esso non è neppure il mostro invincibile che pensano in molti.
Che dopo una lunga preparazione, si sia giunti al comico sbarco di ieri qualcosa comunque ci dice. Mai si era vista una cosa così ridicola. Che anche l’imperialismo non sia più quello di una volta?
* Fonte: Campo Antimperialista