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LORDON: “NUIT DEBOUT: NON ABBIAMO NIENTE DA NEGOZIARE!”

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[ 17 aprile ]

Discorso dell’economista e filosofo Frédéric Lordon a Place de la République

[nella foto]

Continuiamo a seguire il movimento Nuit Debout che sta scuotendo la Francia.
«Credendo di perseguire come sempre il suo piccolo amichevole cammino al servizio del capitalismo neoliberale, la Legge el-Khomry ha certamente creduto che, come spesso accaduto da 30 anni a questa parte, tutto sarebbe filato liscio. Non hanno avuto fortuna. Inavvertitamente hanno attraversato una di quelle soglie invisibile in cui, con una sola goccia, tutto cambia».
«I movimenti collettivi, come quello che sta nascendo oggi, non hanno più alcun bisogno di dichiarazioni solenni,  meno che meno personali. Abbiamo assemblee, concerti, tutte queste cose sono sufficienti per se stesse e non hanno bisogno di niente altro. Il comitato organizzatore mi ha chiesto di salire sul palco e, dopo aver esitato un po’, mi sono deciso a parlare. E’ che, anche se non sembra,  stiamo facendo tanto. Guardate come il potere ha tollerato le nostre lotte, locali, settoriali, dispersive e rivendicative. Questa volta, non avrà fortuna. Oggi cambiamo le regole del gioco. Abbiamo giocato con le regole del potere. D’ora in poi, giocheremo con le nostre. Il potere desidera che la nostra lotta sia locale, settoriale, dispersiva e rivendicativa. Comunichiamo invece che sarà globale, universale, comune e affermativa.

Dobbiamo dire grazie alla legge el-Khomry per averci restituito il senso di due cose che avevamo dimenticato da troppo tempo: il sentimento di comunanza e quella dell’affermazione. Offrendo all’arbitrio del capitale latitudini senza precedenti, questa legge generalizza la violenza neoliberista, che colpirà d’ora in avanti indistintamente tutte le categorie dei salariati per spingerli a scoprire ciò che hanno profondamente in comune, la condizione salariale appunto. Si annullano le differenze che li avevano separati. Sì, c’è qualcosa che accomuna nel profondo vicende come quelle della Goodyear, di Conti, dell’Air France [si riferisce alle recenti vertenze sindacali, Ndr], i ferrovieri che proprio ieri erano in lotta a Tolbiac; tra Henry, l’ingegnere súper-qualificato in subappaltato alla Renault, licenziabile perché ha parlato troppo nel documentario “Merci, patron!”; tra Rajah e Kefar, dipendenti precari della società di pulizia Onet, licenziati e costretti alla miseria a causa di piccoli difetti; e con tutti gli universitari alle prese con ciò che li attende; e gli studenti delle scuole superiori che li seguono da vicino. Si potrebbe estendere questa lista indefinitivamente dal momento che la realtà è che in questa epoca in cui viviamo tutto è indefinito.

La gente che si riunisce qui lo fa in primo luogo per raccontare le proprie lotte, in modo che tutte le lotte locali, condannate all’invisibilità, diventino visibili per tutti e affinché tutti quelli che si sollevano sappiano che non sono più soli. E sono qui anche per dare una forma politica a questa comunanza che stiamo scoprendo. Pertanto, grazie, sinceramente grazie a el-Khomry, a Valls e Hollande. Grazie, e ancora grazie. Grazie per aver spinto tanto oltre la vostra meschinità fino ad averci obbligato ad uscire dalla nostra sonnolenza politica. Per non averci dato altra altra scelta che uscire dall’isolamento, e dalla pauradi stare insieme. Grazie anche per averci aperto gli occhi ed averci fatto vedere che, al punto in cui siamo, non c’è nulla più da negoziare, nulla da rivendicare, che tutte queste pratiche rituali e codificate sono diventate grottesche. Abbandoniamo quindi ogni sindacalismo abituato a strisciare come i rettili. Siamo determinati ad imboccare un’altra strada, la strada che respinge le compatibilità, i ruoli già assegnati, la via della volontà politica che s’impone e si afferma.


Credendo di perseguire come sempre il suo piccolo amichevole cammino al servizio del capitalismo neoliberale, la Legge el-Khomry ha certamente creduto che, come spesso accaduto da 30 anni a questa parte, tutto sarebbe filato liscio. Non hanno avuto fortuna. Inavvertitamente hanno attraversato una di quelle soglie invisibile in cui, con una sola goccia, tutto cambia. 

In lingua greca “catastrofe” significa, cambiamento. Ed è vero che  Nuit Debout rappresenta la catastrofe per questo governo. A chi si aspettava che avremmo rivendicato educatamente, rispondiamo che non vogliamo rivendicare, che quelli che erano divisi ora sono uniti. Altre idee ci vengono in mente, idee sconcertanti. Pertanto, in questo senso, la situazione è catastrofica. E potrebbe essere la migliore notizia politica da decenni. Il primo atto della catastrofe —non l’ultimo, solo il primo— è un atto di immaginazione. Ed è per questo che ci siamo riuniti qui stasera, per immaginare la catastrofe, per entrare dentro la catastrofe».

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