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GRECIA: SU 215,9 MILIARDI DI “AIUTI” SOLO 9,7 SONO FINITI AD ATENE di Ettore Livini

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[ 16 maggio ]


Ecco in cosa è consistito il “salvataggio” della Grecia da parte della Troika. La capitolazione di Tsipras: parlano i numeri.

«Il copione della crisi greca si avvicina all’ennesimo showdown (palcoscenico l’Eurogruppo del 24 maggio) con una novità e una certezza. La novità è che per la prima volta si parlerà – Germania permettendo – di riduzione del debito ellenico, come l’Fmi chiede da mesi. La certezza è che comunque vada a finire la trattativa sullo sblocco della nuova tranche di aiuti necessaria per evitare il default, il destino di quei soldi – come tutti quelli prestati finora ad Atene – è segnato: buona parte torneranno a stretto giro di posta nelle tasche dei creditori mentre sotto il Partenone rimarranno solo le briciole.
I calcoli precisi al centesimo li ha fatti la Scuola Europea di Tecnologia e Management di Berlino, un gruppo di ricercatori tedeschi (al di sopra quindi di ogni sospetto) che ha aggiornato la contabilità del presunto salvataggio ellenico con un risultato sconfortante: dei 215,9 miliardi garantiti fino ad ora da Ue, Bce, Esm e Fmi, solo 9,7 sono finiti davvero nelle casse dello stato, meno del 5% del totale.

Lo studio degli analisti è teutonicamente chirurgico. Hanno preso ogni singolo stanziamento, hanno esaminato che fine ha fatto ogni euro pagato. E sono arrivati sempre alla stessa conclusione: quasi tutto il tesoretto girato alla Grecia fino ad oggi è rimasto sotto il Partenone solo per pochi minuti per poi tornare al mittente: ben 86,9 miliardi sono stati utilizzati per onorare i debiti con l’ex Troika, 52,3 miliardi sono finiti in interessi sul debito (vale a dire di nuovo ai “soliti noti”), 37,3 miliardi sono serviti a saldare alcuni arretrati dello Stato e 29,7 a ricapitalizzare le banche. Ai cittadini ellenici, alla fine, sono rimasti solo i famigerati 9,7 miliardi, l’unico sostegno reale utilizzato per far funzionare meglio la macchina dello Stato e lenire gli effetti della crisi sulla pelle della gente.

Il terzo piano di aiuti finanziari firmato lo scorso luglio, se possibile, sarà ancora meno generoso: degli 86 miliardi stanziati, nelle casse dell’esecutivo rimarranno solo 300 milioni. Quasi 60 miliardi torneranno come un boomerang alla Troika per rimborsare l’esposizione esistente e 25 miliardi sono stati utilizzati di nuovo per puntellare gli istituti di credito. Nel gigantesco salvataggio di Atene, è la morale del rapporto tedesco, c’è molto più fumo che arrosto. E i risultati sono chiari: si sono salvate le banche estere (francesi e tedesche su tutte) che nel 2010 hanno girato tutta la loro esposizione al mercato, si sono salvaguardati gli interessi della Troika che fino ad oggi ha riscosso tutti i propri crediti con puntualità ma non si sono certo fatti favori particolari alla Grecia.

Il beneficio reale per il paese – oltre ai 9,7 miliardi rimasti in cassa dai due memorandum – sono gli “sconti” sugli interessi garantiti dalla ristrutturazioni di tassi e scadenze del debito. Un pacchetto che secondo Klaus Regling, numero uno del Fondo di stabilità europeo, vale qualcosa come 8-9 miliardi di risparmi l’anno. La cura lacrime e sangue imposta al paese come condizione per ottenere questi aiuti non ha tra l’altro dato i risultati sperati. Il governi ellenici, va detto, non hanno brillato nel rispetto degli impegni presi. Ma tanto il Fondo monetario che la Ue sono stati costretti ad ammettere che la terapia a base d’overdose d’austerity – invece che risolvere la crisi – ha fatto peggiorare lo stato di salute del paziente. I numeri parlano da soli: Atene ha bruciato il 25% del pil in sei anni, la disoccupazione è al 24%, il debito è passato dai 305 miliardi del 2012 (il 160% del Pil) ai 311 di oggi (177%) e l’economia stenta a decollare. Senza un deciso taglio dell’esposizione, è la conclusione degli studiosi tedeschi, la concessione di nuovi aiuti destinati solo a tornare ai creditori è un modo di prolungare l’agonia del paese senza salvarlo».

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