BREXIT: L’INIZIO DELLA FINE DELLA UNIONE EUROPEA di Wilhelm Langthaler
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[ 29 luglio ]
Wilhelm Langthaler, portavoce di EUROEXIT in Austria, sarà uno dei protagonisti del III. Forum internazionale no-euro che si svolgerà a Chianciano Terme dal 16 al 18 settembre.
«Sullo sfondo c’è però, senza dubbio, la questione sociale. E’ un atteggiamento cieco quello della sinistra filo-sistema, ritenere che la richiesta di limitare l’immigrazione abbia solo ragioni razziste. Regolare in qualche modo il funzionamento del mercato, tra cui il mercato del lavoro (e quindi mettere in discussione il dominio totale delle élite) è nell’interesse dei salariati».
Le classi subalterne britanniche, con una schiacciante maggioranza, hanno deciso l’uscita dalla neoliberista UE; un ottimo risultato simile a quello greco per l’ Oxi e contro l’austerità imposta dalla UE dell’estate scorsa.
La massiccia campagna stampa delle élites, della City di Londra, delle classi possidenti su entrambi i lati della Manica a favore della permanenza non hanno cambiato nulla.
Sotto la guida di Reagan e Thatcher negli anni ‘80 il neoliberismo è stato imposto dal capitalismo anglosassone. Le élite dell’Europa continentale volentieri raccolsero la palla e costrinsero l’intero continente a sottoporsi alle nuove regole.
Lo scopo era quello di cancellare le conquiste sociali e democratiche che avevano raggiunto il loro livello più alto negli anni settanta. A questo istituzionalmente servirono la “riforma” del mercato unico europeo e la burocrazia sovranazionale come principali strumenti di lotta di classe permanente.
Ora però tira un’altra aria. Il discorso della globalizzazione non funziona più. L’effervescenza cresce in tutta Europa. Le classi popolari rifiutano di accettare il deterioramento delle loro condizioni di vita, soprattutto dopo la crisi economica mondiale del 2008, mentre le classi alte ai arricchiscono sempre di più, mentre dichiarano cinicamente di servire il bene comune — “Tutto va bene madama la marchesa”.
La maggioranza si oppone alla globalizzazione sfrenata. Chiede di porre fine al dominio esercitato dalle elite sul capitale, i beni e la forza-lavoro, ad un contesto privo di controlli democratici (la vera costituzione della UE), chiede, la maggioranza, regolamentazione.
Chiede di ritornare alla cogestione politica per neutralizzare gli imperativi dei mercati (dietro ai quali si nasconde il dominio totale dell’oligarchia capitalistica). Questo principio della sovranità popolare, che finora non è riuscita a essere attuata in quanto il controllo dell’economia è rimasto nelle mani di una piccola élite, ha, come demos organizzato nello Stato, ciò che implica il recupero della sovranità nazionale.
È un segnale che proprio nella patria natale del neoliberismo la maggioranza abbia votato contro quel particolare regime neoliberista che è la UE.
Brexit guidata dalla destra?
Qui dobbiamo rispondere all’affermazione che sarebbe stata, la Brexit, una vittoria di populismo di destra, o che il movimento anti-neoliberista sarebbe guidato dalla destra. Questa, plausibilmente, continuerebbe con il neoliberismo, con modalità reazionarie.
In primo luogo vi è stata e vi è anche in Gran Bretagna una campagna delle sinistre contro l’Unione europea, una sinistra che ha radici profonde, ad esempio nei sindacati. Contro questa sinistra è stata scatenata una grande campagna mediatica di censura, in modo che le proteste sociali e le espressioni anche politiche della sinistra alternativa non hanno avuto la possibilità di essere conosciute. C’è una precisa strategia oligarchica di assimilare le proteste sociali alle destre storiche.
In secondo luogo ci sono stati anche numerosi in elettori del partito laburista britannico che hanno votato per la Brexit, non solo quelli dell’UKIP ed i conservatori. Lo stesso Corbyn era da sempre schierato con gli euroscettici. Il partito tedesco Die Linke con la sua difesa della UE e quindi col dominio oligarchico favorisce la penetrazione delle destre nei movimenti sociali di massa.
E’ vero che le classi dominanti inglesi erano più le più scettiche davanti alla centralizzazione politica sovranazionale rispetto a quelle delle altre grandi potenze europee. Erano preoccupate per il futuro del libero scambio e del neoliberismo, di cui sono stati e sono tuttora campioni, di qui i loro sospetti riguardo alla loro integrazione subordinata alla burocrazia di Bruxelles. Tuttavia le forze decisive dell’élite britannica considerano la UE come indispensabile. Il fratello maggiore d’oltre Atlantico si è espresso con chiarezza e fermezza —Obama ha apertamente chiesto alla Gran Bretagna di rimanere nella UE.
È evidente che l’uscita dalla UE non significa automaticamente un passo a sinistra, soprattutto a causa delle difficoltà che le sinistre soffrono in Gran Bretagna. Ma in difficoltà sono anche l’élite sia in Inghilterra che nel continente. Una situazione che apre a grandi possibilità ce sarebbe folle non utilizzare
Razzisti?
Gli oppositori della Brexit sono portati a credere che è tutta una questione contro l’immigrazione. Tories e UKIP sono naturalmente sciovinisti e razzisti. Essi sono solo interessati a deviare le preoccupazioni sociali contro un nemico esterno.
Sullo sfondo c’è però, senza dubbio, la questione sociale. E’ un atteggiamento cieco quello della sinistra filo-sistema, ritenere che la richiesta di limitare l’immigrazione abbia solo ragioni razziste. Regolare in qualche modo il funzionamento del mercato, tra cui il mercato del lavoro (e quindi mettere in discussione il dominio totale delle élite) è nell’interesse dei salariati. E’ una parte della lotta contro la globalizzazione, come ogni lotta sociale e sindacale per difendere gli accordi salariali ed i contratti collettivi.
I lavoratori non dovrebbero inseguire il lavoro, questo dev’essere disponibile nei luoghi dove i lavoratori vivono. Questo si ottiene ponendo fine alla globalizzazione, al regime di libero scambio a livello mondiale ed alla sua forma europea, il mercato unico europeo. Significa specificamente per gli europei dell’est che vivono in Gran Bretagna porre fine alla marginalizzazione dei polacchi, baltici, Balcani, ecc ..
Si può combattere contro lo sciovinismo e il razzismo nazionale e culturale solo se si difendono gli interessi sociali delle classi popolari contro la globalizzazione. L’esigenza di limitare l’immigrazione dev’essere privata dal suo essere considerata la panacea, deve essere agganciata alla lotta generale contro la globalizzazione, contro il dominio oligarchico delle élite, contro l’imperialismo. Solo in questo modo può essere trasformato in qualcosa di concreto l’appello alla solidarietà con gli immigrati che sono già qui.
La UE progetto di pace?
Quasi nessuno oramai sembra disposto a vendere l’idea di un “Unione Europea sociale”. L’ultima linea di difesa di chi ancora ci crede è che la Ue incarna un presunto progetto di pace — la UE come un baluardo contro i vecchi nazionalismi.
Viene dimenticata la guerra nei Balcani, di cui la UE fu responsabile, quando la Jugoslavia, paese d’integrazione multinazionale, dovette combattere sia l’Occidenteche il nazionalismo. O l’atteggiamento aggressivo contro la Russia, che ha provocando la guerra civile in Ucraina. L’espansione del NATO ad Est, in linea con i desiderata degli Stati Uniti, alimentando la guerra e stimolando i nazionalismi.
La UE persegue a livello globale, con minime differenze, la politica imperialista degli Stati Uniti, che si nutre del saccheggio economico in nome del libero scambio o dell’intervento militare diretto in Medio Oriente o in Africa.
Infine, nella stessa Europa, c’è il regime dell’euro, senza impoverisce senza pietà i paesi del sud e produce latenti conflitti lungo linee nazionali. Infatti, è l’adesione alla camicia di forza dell’euro che nasconde lo sciovinismo e il nazionalismo del Nord opulento, soprattutto quello tedesco. Proprio come dopo il globalismo clintoniano nascondeva il nazionalismo americano —che Bush apertamente manifestò.
Accelerazione centrifuga
La Gran Bretagna è un paese centrale ed è certamente ancora lontano il momento di un’alternativa di sinistra. Qui gioca un ruolo anche la contraddizione con la Scozia. Contro Londra neoliberista si è sviluppato un nazionalismo di sinistra scozzese, che a sua volta guarda alla UE. Meccanismi simili possono riscontrarsi in Catalogna e nei Paesi Baschi.
Ad ogni modo la Brexit ha inviato ai lavoratori ed alle classi medie continentali un chiaro segnale politico: che né l’euro né la UE sono irreversibili come stabilito nei trattati, proprio ciò con cui Tsipras non ha osato rompere.
Ciò di cui abbiamo bisogno è la solidarietà dei popoli (non solo europei) e ciò sarà possibile solo sulla base dell’autodeterminazione e della sovranità nazionale, prima di tutto dei popoli impoveriti contro le élite dominanti globali.
* Fonte: EUREXIT
** Traduzione a cura della Redazione di SOLLEVAZIONE