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NEOLIBERISMO E DEMOCRAZIA SONO INCOMPATIBILI di Manolo Monereo

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Atene giugno 2015: manifestazione conclusiva del 
II Forum No-euro, giugno 2015. Da sinistra: Panagiotis Sotiris, 
Moreno Pasquinelli, Pedro Montes e Manolo Monereo
[ 14 luglio ]

«La battaglia finale, sarò provocatorio, è tra populismo di destra e populismo di sinistra. In mezzo non c’è nulla».

Manolo Monereo, eletto recentemente nel Parlamento spagnolo come candidato di Unidos Podemos, sarà uno dei protagonisti del III. Forum internazionale no-euro che si svolgerà a Chianciano Terme dal 16 al 18 settembre.



L’ODIO PER LA DEMOCRAZIA
di Manolo Monereo

Il titolo è quello di un noto libro di Jacques Rancière, esso mi servirà per sostenere alcune delle opinioni di questo articolo, come pure a far conoscere un autore che merita di essere letto e discusso. Andiamo al sodo. Tutto ritorna ma non sempre per il meglio: ritornano il razzismo e la xenofobia —quand’è che se ne sono effettivamente andati?— tornano l’estrema destra e l’altra; i populismi tanto bistrattati si fanno avanti nella loro versione ultras e, di converso la sinistra come tale scompare quasi ovunque, ciò che resta sono i Renzi, i Sanchez, gli Hollande e povere figure come Corbyn. Da dietro avanza, e con forza, quella che potremmo chiamare la “ingovernabilità delle democrazie” in questa fase della crisi della globalizzazione e dell’Unione europea. Lo “eterno ritorno del peggio” viene per restarci, mentre alcuni sognano la stabilità.
Quella della “ingovernabilità” è una vecchia storia. Cominciò come un rapporto della Trilaterale e divenne l’inizio, il segno inconfondibile della controffensiva dei poteri forti economici che chiamammo e chiamiamo neoliberismo.

Il tema di oggi potrebbe essere spiegato come segue: i popoli votano sempre peggio; è necessario, ancora una volta, limitare le nostre squallide, sofferenti e deboli democrazie. La Brexit è andata ben oltre quello che ci si poteva aspettare: tutti contro la maggior parte dei britannici che hanno votato per l’uscita dall’Unione europea, tutti a criminalizzare i lavoratori “arretrati”, attaccati al loro territorio, i ceti medi nostalgici dei loro vecchi “privilegi imperiali” e incapaci di comprendere il carattere progressivo e inevitabile della globalizzazione capitalista, rappresentato meglio di chiunque altro dall’Unione europea, questa sì, sotto l’egemonia di uno Stato nazionale che esercita — e in che maniera!— pienamente la sua sovranità. Pedro Sanchez [il segretario dei socialisti spagnoli, Ndr] è andato più in là di chiunque altro; semplicemente ha sostenuto, dall’alto del su acume, che i referendum vanno sospesi.

La gente vota male. Dal referendum francese su Maastricht la Ue non ne ha vinto nessuno in più di venti anni. Nei vari Stati membri che hanno utilizzato questo strumento democratico per legittimare i processi di integrazione che hanno coinvolto e coinvolgono trasferimenti significativi di sovranità, i cittadini hanno votato No, consapevoli delle conseguenze estremamente negative per i loro diritti sociali, sindacali e di lavoro, infine per la sicurezza collettiva di una comunità democratica. Va sottolineato che l’unico paese che ha rotto questa tendenza è stato —non per caso— la Spagna che votò SÌ al neonatoTrattato costituzionale europeo. E’ passata molta acqua sotto i ponti; dopo la crisi economica e sociale drammaticamente vissuta, gli spagnoli sono di gran lunga oggigiorno tra le persone più critiche con questo tipo di costruzione europea.
Il lettore attento avrà notato che quella con cui abbiamo a che fare è una contraddizione sempre più evidente tra la democrazia, quale che sia la sua forma, ed un capitalismo finanzia rizzato specializzato nel degradare i diritti sociali e politici, nel depredare le risorse non rinnovabili del pianeta e il capitalismo e generatore di crisi finanziarie ricorrenti che sempre finiscono per essere pagate dai lavoratori, dalle donne, dai giovani, vale a dire dalla maggioranza sociale. Il fantasma che ci insegue è vecchio come questo capitalismo: le maggioranze non sono in grado di comprendere, di accettare e subire i sacrifici di un mondo che si apre alla libera circolazione dei capitali, di un mercato autoregolato sempre più pervasivo e onnipotente, di condividere il titanico sforzo delle élite per trasformare società arcaiche in società di mercato all’altezza di un tempo storico transnazionale.

Liberismo e democrazia sono sempre stati contraddittori, per molto tempo antagonici, ciclicamente conflittuali. La vera democrazia liberale è quella censitaria, quella di chi sa, dei colti, dei proprietari, degli uomini liberi non-dipendenti, delle classi dirigenti. La tentazione è sempre la stessa: democrazie limitate, ristrette e contro-maggioritarie. Fare tutto il possibile in modo che la gente decida quello che deve decidere; ovvero, decidere quello che dicono le elite accettando la loro direzione ed il comando. L’Unione europea è il meccanismo perfetto: sottrae alla sovranità popolare il controllo dell’economia, spoliticizza la politica e sottomette la cittadinanza al ferreo controllo di gruppi di potere economici sotto l’evidente e diafana egemonia del capitalismo finanziario monopolistico.
La seconda globalizzazione sarà sempre più simile alla prima:  crisi sociali ricorrenti, aumento dei conflitti geopolitici e politico-militari, dominio senza egemonia delle potenze potere dominanti, finanziarizzazione senza limiti e senza alcun controllo. E’ la sensazione di camminare senza meta verso il peggio e che la mega-macchina del capitale organizza la sua traiettoria dalle proprie dinamiche, dalla propria logica interna, guidata dall’incessante, urgente e drammatica necessità di accumulare. Il dato nuovo è la crisi ecologico-sociale del pianeta mentre il vecchio che emerge è la guerra come la forma suprema per pilotare le crisi e disegnare la correlazione delle forze.
Le società non si suicidano e gli Stati neanche. Ci saranno risposte e saranno dure, molto dure. Ciò verso cui andiamo è un conflitto strutturale tra le élite cosmopolite del capitale impegnate nella globalizzazione neoliberista, nel consolidamento dell’Unione europea e popolazioni che ogni giorno si vedono scippare i diritti, limitarsi libertà, che assistono alla disintegrazione del senso di appartenenza e finiscono per vivere un mondo privo di autostima e senza identità. La “destra” e “sinistra” istituzionali sono parte di queste élite cosmopolite; il loro vero problema sono i loro popoli, che non capiscono e disprezzano, incapaci di mettersi al loro posto e di difenderli. Nel momento in cui le popolazioni hanno bisogno di sicurezza, ordine, benessere, diritti, libertà, non hanno nessuno che le rappresenti, ovvero li hanno, le destre nazionaliste o i populismi di destra.

La posta in gioco è molto grande e determinerà il futuro. Contro il cosmopolitismo delle élite politiche, economiche, e mediatiche —la cupola che ci governa e manipola— può esserci un’alternativa diversa e antagonica ai populismi di  destra. Mi riferisco ad una nuova alleanza, ad un nuovo blocco storico da costruire a partire dal nazionale-popolare, dalle maggioranze sociali intorno alla difesa dell’indipendenza e della sovranità popolare, della democrazia economica e sociale e dello Stato federale. La sfida di Unidos Podemos è enorme: o costruire una nuova alleanza nazionale-popolare, democratico-plebea, o morire tra le macerie di una sinistra incapace di rappresentare gli interessi popolari. La battaglia finale, sarò provocatorio, è tra populismo di destra e populismo di sinistra. In mezzo non c’è nulla.

* Traduzione dallo spagnolo a cura della Redazione di SOLLEVAZIONE

Un pensiero su “NEOLIBERISMO E DEMOCRAZIA SONO INCOMPATIBILI di Manolo Monereo”

  1. Anonimo dice:

    Sono stupefatto di questo articolo di Manolo Monereo, che ho conosciuto per i suoi interventi ad Assisi di due anni fa, e dal quale ho anche appreso delle teorie antisovraniste del leader storico di magistratura Democratica, Luigi Ferrajoli. Quello che mi stupisce è l'inconseguenza fra l'analisi della prima parte (l'incompatibilità fra neoliberismo cosmopolita e democrazia) e la conclusione finale: "Non ci sono altre parti, la lotta è fra populismo di destra e populismo di sinistra". "Non ci sono altre parti…..???" Cioè, il capitalismo finanziario, l' Unione Europea, gli Usa la grande finanza, i loro mezzi monetari, militari, informativi, la loro egemonia su larga parte degli intellettuali non ci sono…..?" E' evidentemente una tesi assurda, volta ad assecondare il ruolo che Podemos, e dentro di essa, Manolo Monereo, si attribuisce: salvare la sinistra, anzi, l' Europa, dai populismi di destra. Per questo conviene far finta che il potere effettivo non ci sia.D'altronde è il ruolo che il povero Pablo Iglesias ha indossato in questi ultimi tempi. Non solo la difesa a spada tratta del traditore del popolo greco Tsipras, ma peggio ancora, la battaglia spasmodica contro il Brexit, e ancora l'applauso della "democrazia per corrispondenza" austriaca subito dopo le elezioni presidenziali, dove ha sostenuto "l'importanza di portare questo metodo anche in Spagna". Cioè, il sostegno per niente nascosto al golpe austriaco, il sostegno alle vie autoritarie contro "il rinascere dei populismi", cosa che confligge in maniera stridente con il discorso di Monereo sull'autoritarismo intrinseco del neoliberismo.Monereo si deve decidere: o lotta per l'abbattimento di questo sistema ordoliberista europeo, e in tal caso è necessario passare per un'alleanza conflittuale con forze liberali, populiste, forse fasciste, o sceglie di combattere per difendere questo sistema. Tertium non datur.A. C. Siena

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