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“ANCORA CON QUESTA STORIA DELLA DESTRA E DELLA SINISTRA?” di Piemme

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[ 25 agosto ]

Sono molti quelli che, ritenendo che non abbia più corso la dicotomia destra-sinistra, ci criticano quando parliamo di “uscita da sinistra dall’euro”. Così gli stessi ci facevano pernacchie quando demmo vita, nel febbraio 2014, al Coordinamento nazionale sinistra contro l’euro.

Questi critici sono passati nuovamente all’attacco siccome alcuni di noi hanno firmato recentemente il manifesto europeo “Lexit” —titolo che sta appunto per uscita da sinistra dalla gabbia dell’euro”.

Non ripetiamo questo slogan in modo ossessivo, tuttavia esso esprime un concetto giusto. Difendiamo l’idea dell’uscita di sinistra perché così qualifichiamo un programma di uscita dall’euro che potremmo definire “keynesiano radicale”, quindi capace di portare fuori il Paese dal marasma ma senza scaricarne i maggiori costi sociali sulle spalle del popolo lavoratore.Quindi per distinguerci, non solo da ininfluenti (per adesso) gruppetti fascisti, ma da quelle frazioni nazional-liberiste del grande capitalismo che sono in agguato per salire al potere nel caso sempre più probabile, se non imminente, di uno sfascio della zona euro e della Ue.

Non escludiamo che sia necessaria un’alleanza tattica con queste frazioni nazional-liberiste —diciamo da anni che qui in Italia il Partito democratico è il principale nemico del popolo e che sarà necessario un nuovo Comitato di Liberazione Nazionale come nel 1943-45—, ma a maggior ragione se questa alleanza tattica prenderà vita, le forze politiche  democratiche e socialiste rivoluzionarie non dovranno essere la quinta ruota del carro dei “gattopardi” (definizione di Brancaccio), dovranno essere pronte, il giorno dopo l’uscita, a combattere la destra nazional-liberista.

“E’ morta la dicotomia destra-sinistra”….I diversi amici che si aggrappano a questa formula la difendono perché, dicono, è “senso comune oramai”. 
Ma il “senso comune” è una medaglia con due facce. 

Sì, è “senso comune” che la sinistra politica e sindacale ufficiale ha tradito gli interessi dei lavoratori e si è venduta al mondialismo, ma proprio per questo, allo stesso tempo, è radicato “senso comune” che i valori ideali e i principi sociali di sinistra sono opposti a quelli di destra.

Ma è altrettanto radicata l’idea —certo, di meno fra i giovani— che gli ideali della eguaglianza sociale e le pratiche politiche di difesa di chi sta in basso, quindi la legittimità della lotta di classe contro chi sta sopra, siano ideali di sinistra. E’ “senso comune” che chi si batte per il socialismo sia di sinistra. Come non si vive di solo pane, non ci si può limitare a chiedere di uscire dall’euro e dalla Ue. 

Non ha futuro un partito politico che come base programmatica ponga soltanto la “sovranità nazionale”, che può essere declinata in tanti modi e che può essere usata da svariati furfanti politici. Un partito, o un movimento hanno bisogno di una visione del mondo, di un’identità forte, altrimenti hanno vita breve, sono partiti per una stagione.

Qui sta un punto sostanziale: assieme all’aggettivo “sinistra” si fa sparire il sostantivo “socialismo”.
Facendo della fine della dicotomia un dogma, non solo si butta il bambino con l’acqua sporca. Si rischia di spianare la strada al fascismo, che oggi come ieri si camuffa col discorso ingannevole “né destra né sinistra”.

Rimuovere il punto di arrivo del socialismo è spia di un cedimento all’ideologia dominante che vuole inculcare nella testa delle masse, non solo che il ‘900 è stato un secolo di orrore, ma l’idea che non c’è niente oltre il capitalismo, che è solo di varianti del capitalismo che si sta discutendo. 


Non è proprio questa la radice ideologica che ha portato la sinistra storica a diventare mondialista ed europeista?

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