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LA CAMPANA TEDESCA SUONA A MORTO di Leonardo Mazzei

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I cinque membri del “Consiglio degli esperti economici della Germania”. Da sinistra:
Peter Bofinger, Lars Feld, Isabel Schnabel, Christoph Schmidt e Volker Wieland.

[ 28 agosto]


I consiglieri economici della Merkel, cosiddetti “i Cinque saggi”, capeggiati da Lars Feld [nella foto accanto],  se ne sono usciti con una proposta sulla ristrutturazione del debito pubblico italiano che ricalca il meccanismo del bail-in bancario. Ai piani alti del Palazzo tedesco, dando per scontato che il Fiscal compact non funzione si pensa oramai al dopo Eu e al dopo euro. La strategia è semplice: “si salvi chi può”. Un messaggio anche per Draghi e la Bce:  “quando la finiamo con il Quantitative easing?”.
Ai tedeschi piace l’euro, almeno fino a quando continuerà a dargli i ben noti vantaggi che sappiamo. Ancor di più, ai tedeschi piacciono gli euri. Quelli che gelosamente custodiscono nelle loro casseforti, e che non intendono proprio scucire. Neppure se ciò dovesse servire a salvare l’euro, inteso questa volta come moneta unica dei 19 paesi dell’eurozona.

Ho l’impressione che vista da Berlino questa contraddizione tra euro ed euri cominci ad esser cosa seria assai. L’ultima notizia che ci giunge da quelle parti ce ne dà una conferma piuttosto lampante. Come riferisce Federico Fubini sul Corsera, il Consiglio tedesco degli esperti economici ha già in canna un colpo assai pesante per affondare le economie del Sud Europa, quella italiana in primo luogo.


Attenzione, perché il suddetto “Consiglio” non è un Think tank come tanti. No, questo organismo è composto da cinque economisti nominati direttamente dal governo di Berlino. I cinque non sono lì solo per “pensare”, ma soprattutto per proporre. E le loro proposte dettano spesso le linee guida dell’azione di Schauble e Merkel.


In ogni caso l’ultima propostina è stata varata, ed ha un titolo abbastanza ghiotto: «Un meccanismo per regolare la ristrutturazione dei debiti sovrani». Ora, tra i nostri lettori nessuno sarà così ingenuo da pensare che questi rispettabili signori si occupino del debito di casa loro. In tutta evidenza la proposta ha per oggetto i debiti degli altri paesi dell’eurozona, quelli della sponda sud in maniera specifica. D’altronde in Europa c’è chi, come il governo italiano, deve chiedere il permesso anche per andare in bagno a casa propria, e chi può invece decidere sul destino di interi popoli riunendosi comodamente tra vecchi amici a Berlino. Il documento reca in calce la firma di Lars Feld, un tipo di cui ci siamo già occupati qui.


La proposta è molto semplice: abbiamo messo in campo il bail in bancario? Bene, adesso è il momento di passare al bail in sui titoli di Stato. Tutti sanno ormai che il bail in bancario prevede che uno Stato possa salvare una banca solo dopo che a tale salvataggio abbiano partecipato gli azionisti, gli obbligazionisti ed i correntisti sopra i centomila euro. Tralasciando qui per brevità i dettagli tecnici, l’importante è capire il principio ispiratore, quello secondo cui i creditori debbono pagare la loro parte per risanare una banca. Un principio in apparenza accettabile, se non fosse che tra i cosiddetti “investitori” vi sono spesso risparmiatori sostanzialmente ignari del meccanismo infernale in cui hanno collocato i loro averi. E se non fosse che grazie a tale meccanismo si tende a mandare in rovina il sistema bancario di alcuni paesi, anche per poterci poi mettere le mani sopra con qualche spicciolo.


Lo stesso giochino Lars Feld e soci lo vogliono ripetere con i debiti pubblici. In questo caso è in ballo il ruolo dell’Esm (European Stability Mechanism), il cosiddetto “fondo salvataggi europeo”. In questo fondo i tedeschi hanno ovviamente la quota principale, e l’obiettivo della loro iniziativa è proprio quello di evitare ogni forma —fosse pure la più modesta— di condivisione del debito. La proposta dei Cinque è infatti netta: prima dell’intervento dell’Esm, gli Stati debbono ristrutturare il debito, sospendendo come prima misura i rimborsi dei titoli di Stato quando un governo dovesse chiedere aiuto al fondo europeo.


Ora, che prima o poi si renda necessaria una ristrutturazione del debito in paesi come l’Italia è cosa fin troppo ovvia. Ma che le regole di questo intervento vengano decise a Berlino sembrerebbe davvero troppo. Eppure la pretesa è proprio questa. 


Quali sarebbero le conseguenze per l’Italia, ma non solo, se la Germania (come di solito avviene) riuscisse anche in questo caso ad imporsi? La risposta è assai semplice. Così come il bail in bancario ha finito per mettere in ginocchio un sistema già in forte difficoltà per il lascito di 8 anni di crisi economica, l’eventuale bail in dei titoli di Stato avrebbe come primo effetto l’aumento dei tassi di interesse e dunque del costo del debito. In altre parole tornerebbe d’attualità il signor spread, tanto più che —molti se lo dimenticano ma la scadenza è ormai prossima— il quantitative easing della Bce dovrebbe terminare (o comunque rallentare) nel marzo del prossimo anno. Come noto, l’aumento dello spread non è solo uno svantaggio per paesi come l’Italia, ma è pure un vantaggio diretto per quelli come la Germania, che oltre a godere di tassi negativi sui titoli del proprio debito  ci guadagnano pure in competitività. Capite quanto sono disinteressati i Cinque? E quanto è solidale l’Europa?


«Voi italiani dovrete colpire i risparmi privati. E forse vi servirà un salvataggio Ue», affermava Lars Feld, braccio destro di W. Schauble in un’intervista al Corriere della Sera del 19 dicembre del 2015.

Qui accanto Il Sole 24 Ore del giorno grida allo scandalo

Se le ragioni tedesche sono tanto chiare quanto bieche, bisogna però chiedersi qual è lo scenario che fa da sfondo alle proposte dei consiglieri della Merkel. E qui la campana suona a morto, quantomeno per il fiscal compact. Mettendo il lutto, Fubini non può fare a meno di riconoscerlo. «La Germania» —ci informa— «semplicemente sta smettendo di credere al patto di stabilità ed ai suoi bizantini rituali». E ancora: «Lo scetticismo verso l’architettura del fiscal compact europeo è talmente profondo che poco sotto il testo di Feld e colleghi propone di non tenere conto del fatto che un Paese sia già soggetto – o no – a una procedura di Bruxelles sui suoi conti. La valutazione del fondo salvataggi sulla sostenibilità del debito di un governo – si legge – dev’essere “indipendente”». Insomma, a Berlino non si fidano troppo neppure della solitamente fida Commissione UE.


Dopo aver messo in luce i sicuri rischi di destabilizzazione economica della normativa proposta, uno sconsolato Fubini così conclude: «Ma l’obiettivo del documento di oggi non è stabilizzare l’area euro: è ridurre al minimo i fondi che la Germania rischia di dover trasferire per salvare altri Paesi in futuro». Di chi si stia parlando lo esplicita graziosamente il dott. Feld: «Grandi economie avanzate come l’Italia sono probabilmente troppo grandi per essere salvate in ogni caso».


La campana tedesca suona dunque a morto per l’economia italiana? Certamente sì, ma suona a morto anche per il fiscal compact, e dunque necessariamente anche per l’euro. Del fiscal compact abbiamo sempre evidenziato la sua insostenibilità – ed i fatti ci hanno dato ragione, come il patetico mendicare decimali di Renzi dimostra piuttosto bene. Ma abbiamo anche sempre detto un’altra cosa: che, per quanto folle, quel meccanismo era necessario per l’oligarchia eurista per tentare di salvare la moneta unica. Senza condivisone del debito, solo una sua forzosa convergenza (a questo doveva servire il fiscal compact) avrebbe potuto quantomeno allungare i tempi dell’agonia dell’euro.


Adesso il massimo pensatoio in terra di Germania prende atto dell’irrealizzabilità di quel disegno. Quando ne prenderanno atto i “pensatori” di casa nostra non sappiamo. Quel che sappiamo è che l’ora della verità si avvicina. E che le oligarchie europee non molleranno la presa sui popoli solo perché dovranno prima o poi mollare la loro moneta. 


A dispetto del totale fallimento del progetto monetario, per non parlare di quello politico che faceva da sfondo, quando il momento decisivo giungerà il loro piano sarà quello di mantenere in piedi, magari rafforzandola, la gabbia di regole che hanno costruito per assicurarsi il dominio su una società frantumata e impoverita, non solo materialmente, dalla spietata applicazione dei loro dogmi neoliberisti.


Dobbiamo impedirglielo. Ma per farlo occorre una risposta ed una forza politica. Il tempo stringe e conosciamo le difficoltà. Alternative però non ce ne sono.

7 pensieri su “LA CAMPANA TEDESCA SUONA A MORTO di Leonardo Mazzei”

  1. Ruggero dice:

    SONO ANNI CHE SUONA A MORTO.MA ANCHE FINISCE L'UE, RICORDATE RICORDATE RICORDATE RICORDATEI DANNI LI HANNO FATTIERA IL LORO PAIANO B C D E F..MALE CHE VA IL CAOS E' UNA VITTORIA–PER LORO

  2. Veritas odium parit dice:

    Vorrei chiedere a Mazzei cosa pensa dell'opinione, ripetuta continuamente dalla stampa e dall'opinione pubblica tedesca, secondo cui il quantitative easing di Draghi è già, ipso facto, una condivisione del debito spinta oltre lo spirito e la lettera dei trattati europei.E' interessante notare come il discorso pubblico in Italia e in Germania si sia completamente divaricato: in Italia si legge solo che i tedeschi si avvantaggiano del cambio fisso rifiutando la sua logica controparte, la condivisione del debito. In Germania del cambio fisso non si fa parola; si ripete continuamente che la BCE sta devolvendo il denaro dei risparmiatori tedeschi ai Paesi sudeuropei tramite il QE e tramite i tassi di interesse bassissimi (necessari per evitare il tracollo delle banche italiane e spagnole ma svantaggiosi per i piccoli risparmiatori e snaturanti per l'economia nel suo complesso).E' possibile che la verità stia da qualche parte nel mezzo? Cosa ne pensa Mazzei?

  3. Alberto dice:

    Quei cinque sono criminali di guerra, e come tali andrebbero processati, con la prova inoppugnabile che in qualità di esperti economici non potevano e non possono non sapere ciò che dicono e ciò che realmente è già accaduto.Parallelamente bisognerebbe pretendere un congruo risarcimento dei danni di guerra dalla Germania, quantificato come minimo non ulteriormente negoziabile pari a tutti i debiti in essere, privati e pubblici, verso la Germania, che andrebbero così compensati a livello bancario. Ben sapendo che la reale entità dei danni è di gran lunga superiore.Purtroppo tale guerra, per quanto evidente, non è mai stata dichiarata, e questo fatto complica il corso della giustizia. Tale fatto è però un aggravante del delitto, e di per sé giustifica un ulteriore risarcimento per danni morali, i cui effetti sulla popolazione sono perfettamente dimostrabili.Le prove dei crimini di guerra sono addirittura documentali, si trovano nei trattati istitutivi della UE e della BCE. Che siano documenti firmati da capi di Stato e spesso approvati dai parlamenti è un'ulteriore prova della truffa posta in essere da alcuni Paesi, Germania in testa, verso altri, Italia in testa, con l'istigazione e la complicità degli USA per tramite FMI.Ogni altra soluzione extragiudiziale alla crisi d'insolvenza di Banche e Stati dei Paesi aggrediti non farebbe che reiterare i crimini commessi, aggravandoli ulteriormente.Contestualmente il potere giudiziario dovrebbe commissariare i governi di entrambe le parti collusi con questa guerra economica truffaldina, allo scopo di sospendere i trattati e i regolamenti di UE e BCE per sostituirne temporaneamente le competenze con leggi e regolamenti statali pre-unione, opportunamente integrati e/o modificati al fine di risanare gli squilibri fin qui accumulati tra Paesi aggressori e Paesi aggrediti nell'eurozona.Scherzi a parte, se la ragione non prevale sul potere dei creditori qui finisce male. E' come alla fine di una partita di poker dove si sono scoperti i bari. Se questi pretendono di essere pagati dai truffati non può certo finire a tarallucci e vino. Altro che disintegrazione europea!

  4. Redazione SollevAzione dice:

    Rispondo alla domanda di Veritas odium paritIn questo caso la verità non sta nel mezzo. Mentre gli effetti del cambio fisso sono giganteschi, la cosiddetta "condivisione" del rischio e del debito è in realtà ridotta ai minimi termini dalle regole del quantitative easing (qe). Nella sostanza i tedeschi – quelli che sostengono la tesi di cui parli – hanno torto marcio. Questo per diversi motivi.1. Con il qe la Bce acquista titoli emettendo nuova moneta. Non c'è dunque alcun prelievo in qualche fondo condiviso. Diverso sarebbe il caso di un intervento dell'ESM, ma proprio per questo i Cinque si sono attivati. Capirei l'argomentazione se il QE producesse inflazione – a noi tedeschi ci tocca subire l'aumento dei prezzi per salvare gli scansafatiche del Mediterraneo! – ma in tutta evidenza così non è.2. Chiaro che chi attizza questa polemica si riferisce al fatto che la Bce acquista anche titoli italiani, considerati a rischio. Ma gli acquisti sono in proporzione alle quote delle singole banche centrali nazionali nella Bce. Grazie a questo meccanismo il paese che ne beneficia di più si chiama Germania.3. Dicono i tedeschi che però mentre i titoli italiani sono rischiosi, quelli tedeschi no. A Francoforte hanno pensato anche a questo e l'80% del rischio è in testa alle rispettive banche nazionali… Se proprio di condivisione volessimo parlare essa sarebbe riferibile solo al restante 20%.4. E' vero che il qe ha contribuito fortemente – insieme alla deflazione, non dimentichiamolo – ad abbattere i tassi di interesse. Ma anche qui il paese che ne ha beneficiato di più è proprio la Germania, che grazie a questa situazione di tassi negativi può ridurre il proprio debito senza bisogno di manovre di bilancio.5. Interessi così bassi sono svantaggiosi per i risparmiatori tedeschi? Ovvio che sì, ma non solo per loro. In ogni caso inflazione bassissima quando non negativa, e tassi attorno allo zero, non riguardano solo l'eurozona, ma tutte le maggiori economie occidentali, come USA e Giappone.6. Infine, tassi così bassi non sono affatto vantaggiosi per le banche, che difatti se ne lamentano. Dunque non è in corso alcun salvataggio di quelle italiane e spagnole per questa via. Il problema è che l'economia è impallata e vi resterà finché non vi sarà lo stimolo di un grande piano di investimenti pubblici. Ma per questo occorre la sovranità monetaria, dunque non si potrà fare senza uscita dalla moneta unica. Leonardo Mazzei

  5. Veritas odium parit dice:

    Ringrazio Mazzei per la dettagliata risposta. Se leggete il tedesco vi segnalo il seguente articolo apparso sul Deutsche Wirtschaftsnachrichten, primo di una serie di tre (il secondo dovrebbe uscire in questi giorni), che discute la situazione economica e finanziaria italiana dal punto di vista tedesco:http://deutsche-wirtschafts-nachrichten.de/2016/08/14/crash-gefahr-italien-es-geht-um-viel-mehr-als-nur-die-banken/Un pensiero vagante: in questi giorni, come saprete, la Merkel sta esitando a ricandidarsi. Il motivo ufficiale è l'incerto appoggio della CSU bavarese per via delle sue aperture ai migranti. Mi è balenata l'ipotesi che la Merkel esiti a ricandidarsi perché ormai nei circoli dirigenti tedeschi si antivede la rottura dell'eurodittatura e lei, che ha centrato tutta la sua vita politica sul progetto europeo e sul cosmopolitismo liberista, non voglia trovarsi a gestirne il disfacimento.

  6. Alberto dice:

    "E' vero che il qe ha contribuito fortemente – insieme alla deflazione, non dimentichiamolo – ad abbattere i tassi di interesse."Non dimentichiamo anche che l'attuale configurazione UE non impedisce affatto ad un Paese membro di avere una o più Banche di Stato. E che se così fosse anche per l'Italia (visto che così già è per la Germania), tali Banche di Stato sarebbero autorizzate a ricevere grandi prestiti dalla BCE a tasso tendente a zero, con i quali acquistare massicce quote di titoli di Stato, col duplice effetto di abbassare i rendimenti per tutti, e di incamerare gli interessi. Cioè lo Stato pagherebbe gli interessi a se stesso, il che equivale a portare a zero gli interessi sul debito pubblico, una bazzecola da 80 miliardi l'anno (ora che va bene, ma a fine QE diventeranno da 100 in su, senza paracaduti ulteriori).

  7. Veritas odium parit dice:

    @ Mazzei: ecco la seconda puntata dell'articolo che vi consigliavo. E' interessante perché mi sembra dare ragione agli italiani e a Mazzei su tutta la linea (anche se è troppo tecnico per le mie limitate cognizioni). L'autore è interessante in quanto sfida convenzioni e tabù di ogni natura. Di suo ho anche tradotto un articolo su Voci dall'estero sul carattere mistificatorio degli stress tests bancari.http://deutsche-wirtschafts-nachrichten.de/2016/09/24/der-grosse-irrtum-austeritaet-waere-fatal-fuer-italien-und-europa/

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