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L’EURO È MORTO, FACCIAMONE DUE di Joseph Stiglitz

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[ 18 agosto ]

Sono tanti, sono tantissimi coloro che ci dicono che abbiamo ragione sull’euro, poi però aggiungono che tutti gli sforzi sono vani, che…” non si può fare marcia indietro verso la sovranità monetaria”. Un esempio di questa credenza è il patetico aforisma (tanto caro a Paolo Ferrero) del dentificio che non può essere rimesso nel tubetto.

Poco ci accomuna a Joseph Stiglitz, un neo-kayenesiano —leggi: “diversamente liberista”—, ma lui è un premio Nobel, quindi ha una capacità di ascolto qualche milione di volte superiore alla nostra. Utile è quindi, non fosse che per sturare le orecchie ai finti sordi, far sapere cosa afferma nel suo ultimo libro: L’euro come una moneta unica il futuro dell’Europa. 
Stiglitz auspica (ma lo aveva già detto) l’abbandono della moneta unica, per farne due, salvando così l’Unione ed il mercato unico. Una proposta che non condividiamo ma che ha diversi sostenitori, anche in Italia —non a caso il leghista Borghi Aquilini
Il Nobel per l’economia, in un intervento sul Financial Times, auspica l’abbandono della valuta comune che in alcuni Paesi ha prodotto “recessioni peggiori della Grande Depressione” e ora “è diventata un fine di per sé, che mina altri aspetti più fondamentali del progetto europeo perché semina divisione invece che solidarietà.
“L’euro è “difettoso” fin dalla nascita. 

E ora la soluzione per i problemi dell’Europa può essere solo un ”divorzio amichevole”: o la fine della moneta unica tout court o l’istituzione di una valuta più flessibile, differenziata tra un “euro del Nord” forte e uno del Sud Europa più debole. 

La ricetta arriva dal premio Nobel per l’Economia Joseph Stiglitz, che in un intervento sul Financial Times pubblicato in occasione dell’uscita del suo nuovo libro L’euro come una moneta unica il futuro dell’Europa auspica l’abbandono della valuta comune. 
“Doveva essere un mezzo per raggiungere degli obiettivi”, come la prosperità e la solidarietà europea, spiega Stiglitz, ma “ha fatto l’opposto”, producendo in alcuni Paesi recessioni “peggiori della Grande Depressione“. E ora “è diventata un fine di per sé, che mina altri aspetti più fondamentali del progetto europeo perché semina divisione invece che solidarietà”.


“Alcuni ritengono che i governanti abbiano fatto una serie di errori, come l’eccessiva austerità e le riforme strutturali mal disegnate. In altre parole, non ci sarebbe nulla di sbagliato nell’euro a cui non si possa rimediare mettendo qualcun altro al comando”, argomenta il docente della Columbia University. 

“Io non sono d’accordo. Ci sono problemi fondamentali nella struttura dell’Eurozona, le regole e le istituzioni che la guidano e la costituiscono. Problemi che possono rivelarsi insormontabili, aprendo la strada alla possibilità di un più complessivo ripensamento della moneta unica, fino al punto di disfarla”. Questo, secondo l’economista, “non rappresenterebbe la fine del progetto europeo, visto che le altre istituzioni resterebbero, così come la libera circolazione delle merci e delle persone”.

Per spiegare quali solo i “difetti” originari che rendono l’euro insostenibile, Stiglitz prende come esempio due Paesi agli antipodi come performance economiche: Grecia e Germania. “L’alternativa ad aggiustare i tassi di cambio nominali è adattare quelli reali, facendo diminuire i prezzi greci rispetto a quelli tedeschi. Ma non ci sono regole che possano forzare un aumento dei prezzi tedeschi e i costi sociali ed economici che deriverebbero dal far diminuire abbastanza quelli greci sono enormi”. Risultato: “In assenza di una grande strategia, la troika delle istituzioni internazionali si è agitata e ha creato regole per il latte fresco o la dimensione delle pagnotte“.

L’Europa “deve focalizzarsi su quello che è importante per raggiungere l’obiettivo di una stretta cooperazione economica e politica”, per la quale la valuta unica “non è necessaria né sufficiente”. Di conseguenza “è importante che possa esserci una transizione senza scossoni fuori dall’euro, eventualmente in direzione di un euro flessibile”, diviso appunto tra uno forte che sarebbe in vigore nei Paesi del Nord Europa e uno debole per il Sud. “Il problema più complesso sarebbe gestire la zavorra del debito“. 

Ma la soluzione, spiega Stiglitz, c’è: “La strada più facile per farlo è rinominare tutti i debiti in euro nel nuovo euro del Sud”.
onte: Il FATTO quotidiano del 17 agosto 2016

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