VENEZUELA: UNA CRISI CATASTROFICA
[ 2 settembre ]
«Il Venezuela sta soffrendo la peggiore crisi economica della sua storia. La gente comune in questo paese ricco di petrolio tira avanti senza cibo. Tre quarti dei supermercati vuoti vengono saccheggiati folle arrabbiate e affamate. Il governo ha dichiarato lo stato di emergenza, il cibo viene ora trasportati sotto scorta armata, e i beni di prima necessità sono razionati. La gente deve fare la fila per ore e, a volte tutta la notte nei giorni loro assegnati per ottenere alimentai basilari come il riso e l’olio da cucina.
Secondo le cifre del FMI, il Venezuela ha il tasso negativo di crescita peggiore del mondo (-8%), e il peggior tasso di inflazione (482%). Il tasso di disoccupazione è del 17%, ma si prevede salga fino a quasi il 30% negli anni a venire.
L’ombra della fame, la disperazione delle folle e la diffusione di disordini e criminalità minacciano il governo di Nicolás Maduro, tre anni dopo aver preso in eredità il potere dopo la morte del rivoluzionario Hugo Chávez. L’opposizione ha lanciato una raccolta di firme per le sue dimissioni. Questo sarà un compito difficile di fronte ad un sistema istituzionale ed elettorale concepito per evitarle, ma lo Stato può implodere anche se il referendum revocatorio fallisse.
Come ha fatto uno stato ricco di petrolio a collassare in modo tanto catastrofico?
Il governo Maduro ha accusato della crisi gli Stati Uniti e gli imprenditori di destra, accusati di tagliare la produzione per sabotare l’economia, ma Maduro ha ereditato da Chavez un sistema statale già sfasciato ma gli economisti dicono che ha aggiunto alcuni errori di suo. Chávez costruì la sua popolarità coi soldi del petrolio e col debito estero, utilizzando entrambi per finanziare i consumi, quindi nazionalizzando più di 1.200 aziende private accusate di non funzionare nel pubblico interesse. Ma nel 2015 il prezzo del petrolio è crollato della metà e le disastrate finanze pubbliche del Venezuela hanno contribuito a renderlo un debitore ad alto rischio, tagliando l’accesso del paese al capitale internazionale.
Il governo Maduro ha risposto alla conseguente buco nelle finanze pubbliche stampando moneta, alimentando così l’inflazione. Si stima che il costo dei generi alimentari di base per mantenere una famiglia per una settimana è aumentato di oltre il 25% tra marzo e aprile, e ora costa 22 volte il salario minimo vitale.
Lo Stato ha cercato di razionare i prodotti alimentari di base fissando i loro prezzi, ma la conseguenza è che i prodotti sono semplicemente scomparsi dai negozi per essere venduti nel mercato nero. L’opposizione dice che la distribuzione diretta di prodotti alimentari è stata politicizzata per essere incanalata attraverso i comitati locali gestiti da Partito Socialista Unito del del Venezuela di Maduro.
Secondo Transparency International, il Venezuela è il nono paese più corrotto del mondo. I membri della famiglia Maduro ed il suo immediato entourage sono stati implicati nel traffico di droga e si ritiene che centinaia di miliardi di dollari circolino in nero, nell’economia illegale.
La crisi rischia di peggiorare nel prossimo futuro.
Il governo è dovuto ricorrere alle riserve auree del paese per pagare il suo servizio al debito internazionale e finanziare almeno alcune importazioni di base, ma tali riserve stanno ora diminuendo, e Maduro, o farà default o dovrà interrompere l’importazione di cibo. Entrambe le opzioni sono potenzialmente catastrofiche.
Maduro potrà essere buttato giù dal referendum?
L’opposizione ripone grandi speranze in un referendum, e ha lanciato in aprile una campagna di raccolta firme in aprile, ma il Consiglio Nazionale Elettorale del Venezuela (CNE) ha imposto una serie di sbarramenti precauzionali per impedire che la petizione sia presentata alla popolazione. Circa 1,3 milioni di persone hanno firmato una petizione che renda possibile un voto referendario per costringere Maduro alle dimissioni –molte di più che le 200.000 richieste dalla legge, ma 600.000 di queste firme sono già state respinte dal CNE, e le persone sono state in coda per ore per convalidare il resto delle firme facendosi scansionare le impronte digitali. Ciò nonostante sia stata superata la soglia richiesta del 1% degli elettori, ciò che permetterebbe di andare avanti per una seconda petizione, in cui gli oppositori dovrebbero accumulare quasi 4 milioni di voti per attivare il referendum.
* Fonte: The Guardian del 22 giugno 2016