10 visite totali, 1 visite odierne
[ 10 ottobre ]
Apprendiamo da la repubblica di sabato scorso che il Parlamento tedesco di Berlino si appresta a votare una la legge che introduce un severo giro di vite sugli aiuti sociali concessi ai cittadini di altri Paesi europei.
A perorarla non i democristiani, o i nazional-liberisti dell’AfD, o i neonazisti, bensì la ministra socialdemocratica del Lavoro, Andrea Nahles. Niente di nuovo sotto il cielo: l’eccesso di zelo liberista distingue da decenni le sinistre sistemiche.
Morale: prima di cinque anni di residenza in Germania i polacchi, gli italiani o i portoghesi e gli altri cittadini europei non avranno accesso al diritto al sussidio di disoccupazione o ad altri assegni di sostegno, se non avranno lavorato prima. Adesso il limite è di sei mesi.
«Per gli italiani, non è un dettaglio. Secondo i dati dell’Ufficio federale del Lavoro (Bundesagentur fuer Arbeit) a gennaio di quest’anno erano circa 440mila i cittadini europei che beneficiavano di un qualunque tipo di sussidio. Il gruppo più ampio, effettivamente, risultavano essere i polacchi: 92mila. Ma al secondo posto ci siamo noi, con 71mila persone che ricevono un assegno sociale. Al terzo posto ci sono i bulgari (70mila), al quarto i rumeni (57mila), i greci (46mila). La stragrande maggioranza di chi usufruisce di questi aiuti ha un lavoro con cui non arrivano a fine mese — tipicamente è un “minijobber” che guadagna massimo 450 euro al mese».
Fulmine a ciel sereno? Macché. Leonardo Mazzei, proprio su questo sito, denunciava il rischio nel maggio scorso, chiosando che era un altro colpetto al mito dell’Unione e dell’europeismo.
Ricordate le grida di scandalo degli stessi massimi esponenti dell’Unione contro il governo inglese alle porte del referendum sulla Brexit? Londra annunciò a sua volta tagli sostanziali ai diritti sociali dei cittadini comunitari residenti in Gran Bretagna. Un profluvio di critiche bellicose e di allarmi: “così vi ponete già fuori dall’Unione”.
Orbene: mo’ che si fa se è proprio il paese centrale dell’Unione a sancire per legge che uno straniero, pur di un paese dell’Unione, viene privato di diritti sociali vitali e trattato come un cittadino di serie B? Non è forse un segno del disfacimento dell’Unione? Che ogni Stato, a cominciare da quello tedesco, pensa prima di tutto ai fatti propri? Che non torna indietro nel caso ciò mini alle fondamenta la “solidarietà europea”?
No aspettatevi da parte degli euristi grida di scandalo. Essi taceranno perché, in quanto euristi, sono anzitutto filo-tedeschi a prescindere.