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BREXIT: LA SVOLTA DEI TORY E GLI EURISTI SOMARI CON LA BAVA ALLA BOCCA di Moreno Pasquinelli

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[ 11 ottobre ]

«Si ripropone, col nuovo corso dei Tory, una storia già vista. Quella della seconda metà dell’Ottocento, quando il partito dei Tory riuscì a deviare il patriottismo popolare e ad incapsularlo nel suo seno, per quindi affogarlo nella retorica nazionalista, colonialista e razzista».

Leggete questa chicca:

«Margaret Thatcher crediamo si rivolti nella tomba al ritmo degli acuti ascoltati alla Tory conference di Birmingham. Ci limitiamo a riportare una frase della signora neo-premier Theresa May: “Se credi di essere un cittadino del mondo non sei cittadino da nessuna parte. Semplicemente non sai che cosa significa cittadinanza».

Questo scriveva l’8 ottobre Leonardo Maisano in un editoriale del Il Sole 24 ORE.

L’editoriale accompagnava la notizia, impressa a caratteri cubitali, del “Crollo storico della sterlina” avvenuto il giorno prima sul mercato dei cambi valutari. A notizia tanto roboante (quanto effimera), in rima baciata doveva corrispondere un editoriale fragoroso quanto stolto della testa di rapa di turno.

La Thatcher si rivolta nella tomba? Il nuovo premier britannico, ben al contrario, si muove proprio nel solco tracciato dalla Thatcher e lo fa a maggior ragione proprio difendendo la Brexit e confermando l’uscita dall’Unione europea. Questo Maisano è un somaro, o mente sapendo di mentire! Non era proprio la Thatcher quella che sostenne in modo solenne “la società non esiste, esistono solo gli individui”? Sì che era lei, figuriamoci se oggi, davanti alla frase sensata, addirittura banale di Theresa Mai la Lady di ferro si “rivolterebbe nella tomba”. Con l’allegoria della tomba il somaro tenta di far credere che la Thatcher sarebbe stata contro la Brexit. Ma è universalmente noto come la Lady di ferro si opponesse alla setta degli euristi fanatici. Ecco una sua frase inequivocabile ai tempi della Comunità europea, prima che nascesse l’Unione con Maastricht:

«L’Europa non è stata creata dal Trattato di Roma. Né l’idea europea è proprietà di alcun gruppo o istituzione… la cooperazione volontaria e attiva fra Stati sovrani indipendenti è il modo migliore per costruire una Comunità Europea di successo. Cercare di sopprimere le nazionalità e concentrare il potere al cuore di un conglomerato europeo sarebbe altamente dannoso e metterebbe a rischio gli obiettivi che cerchiamo di raggiungere».

Chiaro no? La verità quindi è che la destra britannica dei Tory, avallando la Brexit, derubrica una parentesi e torna alle sue fondamenta programmatiche e identitarie. 

Margaret Thatcher, la Lady di ferro


Un ritorno che ha quindi radici profonde, storiche, che non si può ridurre a mero tatticismo per fermare l’emoraggia di consensi verso l’UKIP. Per questo gli euristi sono tanto preoccupati, perché quella dei Tory è una scelta irrevocabile, che sferra un colpo letale al disegno della casta ierocratica che ha oggi in mano (per poco) le sorti dell’Europa. Dopo Brexit la Ue è monca, dovrebbe cambiare nome: Uec, Unione europea continentale.

Cosa rimproverano, implicitamente, gli euristi (continentali) ai Tory? Di essere “nazionalisti”, che di questi tempi in cui domina la religione mondialista, è come dare una scomunica. Chi conosce la storia britannica, inglese in particolare, sa bene che la frase incriminata è stata letteralmente copiata dalla premier. Ecco l’originale:

«”Cittadini del mondo” è un’espressione ambigua in quanto non vi è un mondo di cui si può essere cittadini. Essere cittadini implica esercitare diritti e assolvere doveri politici e sociali, e nulla di tutto questo si fa nel mondo, ma solo in comunità nazionali».

Questa frase venne scolpita nella dichiarazione della London Corrispondent Society fondata nel 1792 dai democratici e repubblicani inglesi, la sinistra del tempo, sull’onda della rivoluzione francese e per questo duramente perseguitati dal regime monarchico. I repubblicani rispondevano alla accuse di essere “antinazionali” sostenendo che sì, essi non erano nazionalisti, ma fieri patrioti inglesi, antimonarchici e anticolonialisti. Erano i tempi delle rivoluzioni democratiche, quando il patriottismo era patrimonio dei rivoluzionari e dei repubblicani. Dovremo aspettare la seconda metà dell’ottocento, per vedere questo patriottismo seppellito, fagocitato dal nazionalismo becero delle destre imperialiste.

Non è un caso che i Tory si abbeverino ad una fonte rivoluzionaria, prendendo a prestito i principi del patriottismo repubblicano e popolare che tanto a fondo scavò in Inghilterra, segnando le vicende del movimento operaio a cominciare da quello Cartista. Se lo fanno è anche perché sentono che nelle urne della Brexit non sono sfociati solo retrivi e odiosi sentimenti nazionalisti, imperialisti e xenofobi. Lo fanno perché sentono che nella pancia del proletariato inglese ribolle un sentimento potente, patriottico e antimondialista, intrecciato però ai valori democratici e di eguaglianza sociale.

Un raduno della London Corrispondent Society. 1795 

Stiamo dicendo che i Tory cessano di essere quel che sono, l’ala politica della borghesia imperialista inglese? Certo che no. Ma è un fatto che essi usano un linguaggio retorico, populista, egemonico, condivisibile dai proletari. Essi tentano anzi di far proprio il patriottismo inglese di marca democratica e socialista, per snaturarlo, per riciclarlo, per inglobarlo nel loro corpaccione nazional-imperialista.

Si ripropone, col nuovo corso dei Tory, una storia già vista. Quella della seconda metà dell’Ottocento, quando il partito dei Tory riuscì a deviare il patriottismo popolare e ad incapsularlo nel suo seno, per quindi affogarlo nella retorica nazionalista, colonialista e razzista.

«Gli operai sono inglesi fino al midollo. Essi rifiutano i principi del cosmopolitismo e accolgono i valori nazionali. Vogliono conservare la grandezza del regno e dell’impero, e sono fieri di essere sudditi del nostro sovrano e membri di un simile impero».

Questo affermò a Manchester, nel 1872, Disraeli, principale leader Tory, colui che riuscì a portare a termine l’identificazione del patriottismo col nazionalismo imperialista, la difesa dello spirito nazionale con quella della monarchia e della borghesia. Questo è il vero Dna dei Tory inglesi, che ci serve a capire dove va a parare davvero Theresa Mai. Disraeli ci riuscì anche perché la sinistra marxista nascente contrattaccò abbandonando il terreno del patriottismo in nome di un astratto cosmopolitismo internazionalista.


Non si deve commettere una terza volta (la seconda fu davanti all’avvento del fascismo) questo errore. Per questo facciamo nostro quanto i rivoluzionari inglesi fissarono nel loro Manifesto:

«”Cittadini del mondo” è un’espressione ambigua in quanto non vi è un mondo di cui si può essere cittadini. Essere cittadini implica esercitare diritti e assolvere doveri politici e sociali, e nulla di tutto questo si fa nel mondo, ma solo in comunità nazionali».


9 pensieri su “BREXIT: LA SVOLTA DEI TORY E GLI EURISTI SOMARI CON LA BAVA ALLA BOCCA di Moreno Pasquinelli”

  1. Anakyn dice:

    Sono d'accordo con i primi 3/4 dell'articolo.Dissento sull'ultima parte, quando Pasquinelli afferma, senza però elementi solidi a supporto (o almeno io non li vedo), che la "svolta patriottica" dei conservatori inglesi ripercorra NECESSARIAMENTE quella delle seconda metà dell'800, mirando a sfociare nel nazionalismo più becero.Tale interpretazione mi sembra un tantinello figlia di pregiudizio, se non di logica dell'appartenenza.Siamo proprio sicuri che la May abbia come obiettivo quello di rinfocolare il nazionalismo, invece che raggiungere una forma "soft" di economia sociale di mercato?Solo perchè "sò de destra" allora non possono avere altro obiettivo politico che "riciclare il patriottismo degli inglesi nel corpaccione nazional-colonialista"?

  2. Redazione SollevAzione dice:

    caro Anakyn,sei molto, molto lontano da quel che penso se ritieni che le mie conclusioni siano frutto di un sinistrorso riflesso condizionato.Proprio perché ho detto che la sventola (sociale, politica e simbolica) della Brexit rimette al centro i fondamentali di un Paese e di un popolo (in tutte le sue sfumature politiche), anche i Tory, s dopo la sbornia globalista, debbono tornare alla radici storiche. Lo stesso avverrà nel Labour.Proprio per questo però si deve distinguere la sostanza di un fenomeno da come appare —Hegel docet. Il DISCORSO, obiettivamente efficace e potente della Mai era chiaramente rivolto ala panacia di un proletariato inglese che è il più massacrato d'Europa da decenni di neoliberismo. Ma nel suo discorso, per quanto in forma politicamante corretta, il patriottismo (legittimo) trasuda di orgoglio nazionalista, monarchico e imperialista.le radici, la storia, dei Tory come di ogni grande partito di massa non si cancellano tanto facilmente. E sarebbe davvero risibile pensare che i Tory cambiano natura. Come ha detto la MAI siamo orgogliosi di essere i più bravi del mondo in tanti campi, tra cui, appunto, quella della potenza della finanza mondialista, e della potenza militare imperialista.Non sarà che sei tu vittima di un riflesso condizionato?Moreno Pasquinellii

  3. brenno dice:

    Mi sembra che l'articolo vada ben oltre la questione dell'Ighilterra, dei conservatori e della botta presa dalla UE.Mi riferisco alla distinzione che a me pare Pasquinelli faccia tra patriottismo e nazionalismo.Il primo legittimo il secondo da avversare.capisco bene?brenno

  4. Redazione SollevAzione dice:

    caro Brenno,sì, occorre distinguere il patriottismo, che sorge sull'onda delle rivoluzioni antifeudali, che quindi nacque come corrente politica democratica e rivoluzionaria, per di più con netti accenti libertari e universalistici (antinazionalistici), dal nazionalismo, che sorgerà sulle ceneri del patriottismo come narrazione degli imperialismi nascenti.E' un discorso che meriterebbe una specifica trattazione.Spero di poterlo fare quanto prima.C'è sono due libri che suggerisco di leggere:Il primo, con tutti i limiti, aiuta a capire la questione e le sue radici storiche:Maurizio ViroliPER AMORE DELLA PATRIAPatriottismo e nazionalismo nella storiaLaterza, 1995Il secondo, più calato nella modernità e nel dibattito politico filosofico contemporaneoGian Enrico RusconiSe cessiamo di essere una nazioneIl Mulino,1993Moreno Pasquinelli

  5. Anakyn dice:

    @ REDAZIONE"Non sarà che sei tu vittima di un riflesso condizionato?"Sarebbe difficile… per appartenenza dovrei essere schierato coi laburisti.Ma sono abituato a giudicare l'azione e le prospettive di un soggetto politico in base:- ai punti espliciti del programma- alle azioni effettivamente già realizzate…e non in base a ciò che "trasuda" dal discorso.In altri termini, ritengo che non abbia molto senso esprimere previsioni nè giudizi su quegli aspetti del discorso che sono impliciti, cioè non espliciti. Sono poco incline alle speculazioni, insomma.Ma da quel poco che conosco di Pasquinelli ho l'impressione che invece lui è ben contento di tuffarcisi a pesce :DNiente di male, del resto. Basta sapere che si tratta appunto di speculazioni.

  6. Anakyn dice:

    P.S. già che ci sono…Sulla questione del confronto fra Patriottismo e Nazionalismo, non potrei essere più d'accordo sia sulla necessità di distinguerli (distinzione che troppe persone non si pongono il problema di fare), sia sul considerare positivamente il primo, in quanto motore di sviluppo sociale ed economico, sia negativamente il secondo, in quanto spesso e volentieri causa di conflitti bellici.Un saluto Luca

  7. Peter Yanez dice:

    Da parecchie ore sto scorrendo il "Manifesto del Partito Comunista" di Marx ed Engels per trovare la frase "Proletari di tutti i Paesi, nazionalizzatevi" o la frase "Proletari di tutti i Paesi, siate patrioti!" ma non ci riesco …

  8. francesco la mantia dice:

    Il proletariato inglese deve riprendere la tradizione comunista internacionalista. Per anni il laburismo é stato il veleno nazionalista che legava i lavoratori alle sorti del regno Unito imperialista. Contro la UE contro la gran Bretagna imperialista per la disfatta dell'esercito di sua maestà in Iraq e in Afganistan

  9. Veritas odium parit dice:

    Che volete che dica… questa opposizione dicotomica fra patriottismo e nazionalismo è una stilizzazione interessata. Non sarà un caso che il patriottismo per antonomasia celebrato dalla sinistra, quello dei repubblicani francesi che distruggono l'ancient regime, sia immediatamente sfociato nell'imperialismo napoleonico.La mia impressione è che da buoni marxisti sottovalutiate la struttura fondamentale della società che non è economica bensì politica. La c.d. globalizzazione è solo un termine politically correct per indicare l'impero statunitense del capitalismo di rapina e delle multinazionali d'assalto. La pace esiste concretamente solo sotto il tallone di una potenza imperiale che la impone ai popoli soggiogati, e questo è ciò che è accaduto negli ultimi 70 e specialmente negli ultimi 30 anni. Colla rapida decadenza dell'Impero si moltiplicano oggi le spinte centrifughe e quindi le rivendicazioni patriottico-nazionali. Nel loro ambito l'aspirazione ad affrancarsi dalla tirannia della finanza speculativa e del complesso militar-industriale si fonde senza soluzione di continuità colla rivendicazione a una politica nazionale e a una liberazione dall'invasione extracomunitaria. E con ragione, dato che libertà di movimento dei capitali e della forza-lavoro sono i due capi indissolubili della dittatura neoliberista.Dimenticate troppo facilmente che l'imperialismo, almeno finché parte da una nazione vitale, beneficia tutte le classi della società. Come è dimostrato in maniera lampante dalla proletarizzazione delle classi medie occidentali verificatasi negli ultimi 30 anni, man mano che i loro lavori e il loro benessere venivano delocalizzati nel terzo mondo elevando il tenore di vita locale. La fusione di patriottismo, ostilità verso il capitalismo di rapina, nazionalismo e odio verso l'invasione extracominitaria è nella natura delle cose.

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