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IL MONDO NON FUNZIONA COME DICE THOMAS PIKETTY (teoria neoclassica e realtà) di Heiner Flassbeck

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[ 28 ottobre ]

Flassbeck è un economista tedesco di grande valore. Egli mette a fuoco il tallone d’Achille del discorso di Piketty, che discende dal suo impianto teorico neoclassico. Sostiene infine “che non abbiamo alcuna teoria della crescita degna di questo nome ad eccezione di quella rudimentale schumpeteriana.”

Non sarà che per definirla, come noi pensiamo, sia necessario rivalutare l’analisi marxiana del capitalismo?

L’economista francese Thomas Piketty è considerato da molti a sinistra come una sorta di salvagente. 
Non ha Piketty chiaramente e inequivocabilmente dimostrato che i rapporti di distribuzione cambiano sempre a favore del capitale, in quanto il rendimento del capitale è regolarmente superiore alla crescita? 
La formula r>g che esprime questo fatto è diventata famosa. 
Molti considerano questa una visione particolarmente arguta perché l’analisi di Piketty rimane strettamente vincolata ad un modello neoclassico. Secondo Piketty tuttavia, l’economia, sia che la si consideri in modo marxista o neoclassico, avrà sempre lo stesso risultato: il capitale vincerà. Friederike Spiecker ed il sottoscritto hanno spiegato in due occasioni negli ultimi anni che le cose sono ben lungi dall’essere così semplici.
Le destre, d’altra parte, sono state e rimangono molto spesso confuse circa il lavoro di Piketty. A loro avviso, in qualche modo, egli ha usato una teoria del tutto corretta ma giungendo a conclusioni completamente errate. Questo è per essi difficile da digerire. A causa del quadro concettuale neoclassico di Piketty, le sue analisi non possono essere respinte tanto facilmente dalle destre, come queste farebbero con fastidiosa gente sinistra che abbia idee marxiste o keynesiane. La conclusione di Piketty che le tasse sui ricchi dovrebbe essere aumentate al fine di migliorare la redistribuzione, sono un anatema per queste persone. Per loro, proprio questo deve essere combattuto con tutti i mezzi possibili.

Ora, però, la Frankfurter Allgemeine Zeitung (FAZ), nel tentativo di screditare la richiesta di distribuzione di Piketty, ha oltrepassato il bersaglio. Patrick Bernau cita un recente studio del Fmi sulla eguaglianza e conclude che: «Gli scienziati del Fondo monetario internazionale hanno dato una diversa lettura dei numeri di Piketty, scoprendo che non vi è alcuna prova che l’economia moderna funzioni in realtà come egli sostiene».

Il redattore del FAZ e il Fondo monetario internazionale hanno assolutamente ragione su questo: le economie moderne non funzionano nel modo che Piketty descrive. Non vi è alcuna crescita che dipenderebbe dal risparmio. Non ci sono investimenti, che sarebbero indotti da ulteriori risparmi. Non c’è denaro neutrale. Non c’è progresso tecnico che cade dal cielo e non vi è alcuna relazione fissa tra la quantità di capitale che viene utilizzato nel processo di produzione e il tasso di crescita economica complessiva. Non c’è inoltre sostituzione di lavoro e capitale in conformità ai “prezzi relativi” dei fattori di produzione e l’idea che il libero commercio sia efficiente perché beneficia ugualmente tutti i partecipanti è mera finzione.

Se l’economia moderna non funziona come Piketty crede faccia, come funziona allora? E se Piketty si è sbagliato, vuol dire che la FAZ e il FMI hanno ragione?

Supponiamo che le idee di Joseph Schumpeter sullo sviluppo economico e la crescita siano in linea di principio corrette. Imprenditori pionieri hanno bisogno di denaro (creato ex nihilo) per entrare in processi inflazionistici pericolosi e dare all’economia nuovi impulsi. Non sono quindi necessari risparmi per finanziare questi investimenti perché le banche e la banca centrale possono creare denaro per gli investimenti disponibili senza alcuna restrizione.

Immaginate un mondo in cui i guadagni di produttività che vengono creati attraverso il processo di distruzione creativa di Schumpeter devono essere trasmessi integralmente sui salari più e più volte, perché altrimenti il ​​potere d’acquisto per comprare i prodotti che l’economia produce mancherebbe. Immaginate che ogni economia nazionale fosse incorporata in un sistema monetario ragionevolmente ben congegnato, che impedisca cioè ai singoli paesi di accumulare enormi surplus commerciali. In una tale situazione, il mercantilismo sarebbe impossibile. Lasciateci inoltre immaginare che i tentativi delle aziende di migliorare la loro situazione finanziaria richieda che le finanze pubbliche in vadano permanentemente in deficit.

Si potrebbe continuare quasi all’infinito. No, il mondo non funziona come spiega Thomas Piketty (ed egli ormai l’ha visto e oggi difende infatti la ridistribuzione con argomenti del tutto diversi).

Ma il mondo non funziona nemmeno nel modo che la FAZ descrive e su cui questo giornale basa le sue richieste politiche di vasta portata nonché le critiche a tutti coloro che non sono d’accordo. Sarebbe positivo se tutte le parti si rendessero conto che senza una discussione seria e obiettiva su una teoria economica realistica, non ci sarà alcun progresso, nessuna politica economica né regole distributive ragionevoli.

In particolare, le persone ragionevoli dovrebbero essere in grado di concordare abbastanza rapidamente che non abbiamo alcuna teoria della crescita degna di questo nome ad eccezione di quella rudimentale schumpeteriana. Ciò che gli economisti neoclassici (ma pure quelli che si fanno chiamare keynesiani) hanno messo a disposizione sono essenzialmente situazioni imbarazzanti che si basano su definizioni relazionali (come la parità di risparmi e investimenti). È impossibile costruire una teoria completa sulla base di queste definizioni relazionali. Tuttavia, riconoscere questo fatto richiederebbe che un sacco di pregiudizi politici che rendono la vita facile e spesso forniscono gli amici giusti, siano accantonati.

E chi vuole farlo?

* Fonte: EReNSEP
** Traduzione a cura di SOLLEVAZIONE

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