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LA DIPARTITA DELL’EURO NON È LA FINE DEL MONDO di Alberto Bagnai

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[ 8 ottobre ]


Quelli che “le riserve si vaporizzerebbero”…

Con sagacia Bagnai smonta una delle ultime trincee dietro alla quale pensano di proteggersi i corifei dell’euro, quella seconda cui la scomparsa della moneta unica causerebbe un disastro finanziario di proporzioni globali.

[Nella tabella l’evoluzione del paniere delle valute secondo i dati del Fmi]

«Contrordine compagni!

Dunque: finora dovevamo dire che “la liretta, l’Italietta, la carta straccia“, e altre consimili scemenze. Sì, insomma, dovevamo, noi “de sinistra”, esattamente come gli opinionisti degli organi di stampa del grande capitale, alimentare il mito di una Italia troppo piccola per resistere da sola alle grandi tendenze della globalizzazione. Dovevamo cioè presentare come processo oggettivo, e in quanto tale non gestibile né sindacabile politicamente, il fatto che il popolo italiano dovesse cedere la propria sovranità democratica a beneficio di interessi per definizione esteri (in quanto non nazionali: consultate un dizionario dei contrari).

Perché dovevamo fare, a sinistra, una simile operazione? Bò, questo resta uno dei grandi misteri della storia del nostro paese.

Sospetta è questa corrispondenza di amorosi sensi fra gli intellettuali di sinistra e gli opinionisti del capitale, come ho notato qualche giorno fa. Ed è anche sospetta questa incapacità di comprendere che lo spazio politico ha anche lui un suo horror vacui. Annichilire la sovranità del popolo non significa entrare in uno stato irenico ed edenico: significa solo creare un comodo spazio per la sovranità delle multinazionali, come i fatti stanno dimostrando (e se volete dettagli, vi suggerisco questo post del blog di Nuti, che forse qualcuno dovrebbe tradurre).

Ma per fortuna oggi, grazie alla sagace maieutica dello stesso Nuti e dei suoi coautori, ci siamo lasciati dietro le spalle questo retaggio di un passato subalterno, o, come io amo dire, autorazzista.

Oggi una squadra piuttosto eterogenea di intellettuali di varia estrazione ha risposto a Mario avvertendo: l’Italia è troppo grande per potersi permettere di uscire dall’euro: se lo facesse sarebbe un disastro, che porterebbe a “la sparizione della moneta unica di una delle principali aree economiche e la (sic) seconda valuta di riserva del mondo”.

Ussignùr…

Eppure l’intervento di Mario e dei suoi coautori, nonché il mio sul Fatto Quotidiano, avevano un unico scopo: quello di far capire che questo non è un dibattito per dilettanti.

E invece gnente, si continua con frasi prive di senso, con un project fear che ormai i fatti dimostrano essere controproducente (come Mario & co. saggiamente ammoniscono), essere il veicolo verso la proliferazione della demagogia, essere la migliore assicurazione del fatto che l’inevitabile trapasso verrà gestito da chi avrà saputo mostrarsi più serio, o meglio meno ridicolo: purtroppo, la destra!

Comunque, cominciamo dal bicchiere mezzo pieno. Finalmente gli intellettuali “de sinistra” si sono accorti che un paese con 60 milioni di abitanti non è “troppo piccolo”. Naturalmente, siccome essere “de sinistra” significa per non so quale strana alchimia odiare lo Stato (come un Giannino qualsiasi), cominciando naturalmente dal proprio, un altro difetto all’Italia bisognava trovarglielo, e se prima il difetto era di essere era troppo piccola per fare come gli pare, adesso è quello di essere troppo grande per fare come gli pare. Minimo comune multiplo: per questi intellettuali democratici i loro concittadini non possono fare come gli pare. E va bene così (chi ha letto i miei libri sa le radici storiche di questa simpatica attitudine).

Non commento il tema della “sparizione della moneta unica”. Come sapete, non è né la prima né l’ultima volta che un’unione monetaria di un qualche peso scompare, il materiale lo trovate nella sezione “Per cominciare”, per voi è banale e quindi non ci torno. Per inciso, colgo l’occasione per dirvi che anche quest’anno avremo al #goofy5 Brigitte Granville, la donna che era nel team di Jeff Sachs a smantellare l’area del rublo per conto di Gajdar. Sono sicuro che se al suo posto ci fosse stato l’uomo che sussurrava ai trulli i risultati sarebbero stati molto migliori: ma siccome c’era lei e non c’era lui, diciamo che abbiamo una ragionevole presunzione che Brigitte sappia di cosa parli…

Mi diverte invece moltissimo, è autenticamente spassosa (posto che sia onesta) l’immagine della sparizione della seconda valuta di riserva del mondo.

Ecco: diamo per scontato che chi ragiona così sia in buona fede (perché potrebbe anche non esserlo, ma occorrerebbe provarlo: la buona fede si presume). Che immagini, cioè, che le riserve ufficiali siano immensi sacchi di juta pieni di contante estero – certo, magari non monete metalliche, ma bigliettoni – depositati nelle casseforti di qualche banca centrale in giro per il mondo. L’Italia (non più Italietta ma Italiona) esce nottetempo dall’euro e… Puff! I sacconi di juta si inceneriscono. Il giorno dopo Patel, o magari Zhou, scendono in ciabatte, ancora un po’ assonnati, passano davanti alla cassaforte andando in cucina a farsi un caffè, e vengono assaliti da un dubbio, sai, quei presentimenti tanto vaghi quanto lancinanti, quelle premonizioni che proprio perché infondate, irrazionali (“ma che tte pare che stanotte qualcuno è venuto a aprimme la cassaforte?”), ti impongono il rituale della verifica… “Famme dà un’occhiata, tanto sto qua…” E così i nostri governatori girano la pesante maniglia della cassaforte (ognuno della sua), aprono lo sportello, che cigola sui cardini (“devo ricordarmi di oliare le cerniere…”), e poi si stropicciano gli occhi increduli! Ma… Ma… Ma… dove sono finiti gli euroni, quelli che così efficacemente hanno difeso i banchieri europei dalla crisi e i proletari europei dalla perdita di potere d’acquisto? Non ci sono più? Sono spariti?

Oddio, dato che la compagine è abbastanza scompaginata, magari al suo interno qualcuno che ragiona così ci sarà anche. Voglio però pensare che non arrivino a tanto, ma a un pocolino meno: cioè che si limitino a pensare che questi begli euroni di carta ballanti e sonanti improvvisamente si trovino demonetizzati (fuori corso legale nel paese che li ha emessi… e che peraltro in quanto paese non esiste!), o “svalutati”. Purtroppo anche questa è una lieve imprecisione. Per quanto questo possa sembrare paradossale, la logica economica ci dice che le banche centrali di paesi terzi potrebbero addirittura guadagnarci, da una dissoluzione dell’euro.

Come?

Ma sei pazzo?

Ecco, le solite teorie strampalate di Bagnai…

Calma, amici, calma. Le teorie di Bagnai del 2011 sono diventate teorie di Giavazzi nel 2015 e di Stiglitz nel 2016. Ci sarebbe da esserne fieri, se non fosse che nemmeno nel 2011 quelle erano teorie mie, come vi ho mille volte spiegato, ma semplice Econ101. Qui, poi, non si tratta di teoria, ma di pratica.

Scusate: se voi aveste, che so, 200.000 euro di disponibilità liquide per qualsiasi motivo (vendita di un appartamento? Eredità?) cosa fareste? Andreste in banca con un sacco di juta e ve le portereste a casa in biglietti di piccolo taglio? Non credo, non sarebbe razionale, per due ordini di motivi: il primo è che correreste un rischio (se poi un ladro vi entrasse in casa, sareste spacciati), e il secondo è che non avreste un rendimento. Certo: una somma simile conviene tenerla investita in titoli, che fruttano un interesse (se pure, di questi tempi, irrisorio).

C’è un qualche motivo che fa pensare a voi, o alla sconclusionata pattuglia eurista, che un banchiere centrale pisci dalle ginocchia? (perdonate l’espressione gergale).

Perché Patel dovrebbe essere più fesso di voi, o di Trullo Whisperer? Mi dicono che non sia un bramino, ma non per questo sarà un ellissoide! Anzi… Patel, come Zhou, come Goldfajn (sì, proprio quello che fra l’altro è anche stato coautore di un saggio che i dilettanti sistematicamente ignorano e del quale vi parlai qui), esattamente come non tengono i loro dollari in contanti ma in TBill o simili, non tengono i loro euro in contanti, ma in titoli di Stato di paesi dell’area euro.

Ecco, ragioniamoci un po’ su…

Come funzionavano le cose prima che iniziasse questo bordello? L’euro non c’era, ma questo non significa che alcune valute europee non fossero valute di riserva. Quali? Ve lo potete immaginare: marco tedesco, franco francese, fiorino olandese, ECU, e naturalmente, fra le valute non candidate all’ingresso nell’euro, sterlina. La base datiCOFER del Fondo Monetario Internazionale ci dipinge esattamente la situazione:


Nel 1995, per dire, le riserve ufficiali totali erano 1389 miliardi di dollari, di cui 355 erano “unallocated” (ultimo rigo), cioè non si sapeva come fossero investite, mentre i restanti 1034 erano allocati in otto valute (dollaro, sterlina, marco, franco, yen, franco svizzero, fiorino e ecu), e una piccola parte (49 miliardi) era allocata in altre valute (fra cui i dollari australiano e canadese). L’euro? Non c’era, naturalmente. Ma se sommiamo il controvalore delle riserve in marchi, franchi, fiorini e Ecu ci viene fuori un bel 279 miliardi di dollari, che vi ho messo in rosso, proprio per evidenziare che quello è l’ammontare delle riserve non in euro (che non c’era), ma nelle cosiddette euro legacy currencies (che c’erano).

Bene, ci siamo? Notate nulla?

Allora vi faccio il disegnino:


Ma guarda un po’! Fra 1995 e 1998 la parte del leone, con quota maggioritaria e crescente, fra le valute di riserva dei paesi europei candidati all’Eurozona chi la fa? Ma lei, proprio lei, la Germania. So che non sarete stupiti. Questo in buona sostanza cosa significa? Significa che in giro per il mondo, verso il 1998, nell’attivo delle banche centrali (incluse quelle europee), c’erano circa 176 miliardi di Bund o similari (escluderei che ci fossero 176 miliardi di monete da un marco, se non avete particolari obiezioni da farmi).

Ci siamo?

Bene. Poi ci siamo uniti, è arrivato l’euro, e l’evoluzione è stata questa:


Siamo passati da 218 miliardi di dollari di euro legacy currencies a 247 miliardi di dollari di euro, poi 278, poi 301, ecc. Una dinamica in crescita, che poi valuteremo, ma la domanda è: secondo voi, un banchiere centrale, che so, di Vanuatu o malese o messicano, che fino al 1998 aveva una certa parte delle proprie riserve allocate in marchi, cioè in Bund, appena arriva l’euro che fa? Prende, disinveste tutti i Bund, e compra titoli del tesoro portoghese o greco? E perché mai avrebbe dovuto farlo? Scusate, vi ricordate cosa ci ha portato l’euro? La convergenza fra tassi di interesse nominali, giusto? Quindi un titolo greco rendeva, fino a prima della crisi dello spread, quanto un titolo tedesco. E allora perché Rajan o Zhou o Bernanke avrebbero dovuto disinvestire i propri Bund per investire, a parità di rendimento, in titoli portoghesi? Non si capisce proprio…

In altre parole, i 1355 miliardi di dollari di riserve denominate in euro in giro per il mondo a fine 2015 è estremamente probabile che fossero pressoché tutte allocate in Bund. Se lo erano prima dell’euro, e quindi verosimilmente prima della crisi, lo saranno (razionalmente) state ancora di più dopo lo scoppio della crisi, che avrà ancora di più spinto i banchieri centrali, personcine avvedute e avverse al rischio, a rivolgersi, per investire i loro euro, verso i titoli del paese considerato meno rischioso dell’Eurozona: la Germania.

Questo cosa significa?

Ma significa una cosa molto ma molto semplice: certo, quando l’euro salterà (non se: quando) ci saranno diversi problemi, che sono conosciuti da chi ha studiato la materia invece di industriarsi in altri campi del sapere economico (o presunto tale). Ma sicuramente fra questi non dobbiamo annoverare la “sparizione delle riserve”. Semplicemente, il giorno dopo Patel o Zhou si troveranno con quello che avevano il giorno prima: dei titoli di stato tedeschi che però saranno, a seconda degli scenari, definiti o in un nuovo marco o in un euro del Nord, e quindi risulteranno nettamente rivalutati rispetto al giorno prima. Quindi da questa evoluzione (che è solo una delle tante che si verificheranno in seguito all’evento) i nostri amici banchieri centrali, per i quali stiamo tanto in pena, noi di sinistra, bé, da questa evoluzione rischiano addirittura di guadagnarci.

Certo, a meno che il giorno prima non abbiano venduto tutti i Bund per comprare Btp. Ma se avessero fatto una fesseria simile, sapreste dirmi un singolo cazzo di motivo al mondo per il quale non dovrebbero pagarne le conseguenze?

Ecco: e qui allarghiamo un momento l’obiettivo, per inquadrare in una bella foto di classe (in senso marxista) i nostri simpatici difensori del potere d’acquisto del povero lavoratore, cioè gli euristi di sinistra. Ti fanno la lezzzioncina (sbagliata: cherry picking piuttosto insulso) sul fatto che il riallineamento (che loro chiamano svalutazione) non rianimerebbe il commercio, ma dimenticano quello che fingono di ricordare, cioè il lato finanziario della vicenda. Vedete, se avesse avuto la dracma, la Grecia avrebbe naturaliter fatto unhaircut: una svalutazione è anche questo, è restituire meno valuta nazionale a chi te l’ha prestata incautamente (senza valutare correttamente il tuo merito di credito, come hanno fatto le banche tedesche nel prestare ai greci, e ormai anche la Bce tranquillamente lo ammette). E qui si vede quale classe difendano i difensori dell’euro. L’unica cosa che interessa loro è che il capitalismo finanziario cialtrone e bancarottiero del Nord, quello di DB imbottita di derivati e delle Landesbanken imbottite di crediti marci, non sia chiamato a pagare il conto delle proprie scelte sbagliate attraverso un normale meccanismo di prezzo. Insomma: sono i difensori senza se e senza ma del capitalismo dove testa vinco io, croce perdi tu. Questo è il lato che evidentemente li affascina e li soggioga intellettualmente dell’istituzione euro, forse perché da questo peculiare aspetto di tale iniqua istituzione traggono alimento.

Io non emetto alcun giudizio. Mi limito a far notare che, come sempre, chi si incaponisce a difendere un’idea sbagliata perché ingiusta dopo un po’ resta a corto di argomenti, e deve necessariamente usarne di ridicoli.

L’immagine del povero Patel in ciabatte atterrito alla scomparsa dei propri euroni è sufficientemente plastica. Ridiamoci sopra, e scusatemi se vi ho fatto perder tempo con fesserie simili. Ma, d’altra parte, un keynesiano sa che è la domanda a creare l’offerta. Questo credo valga anche per le lievi imprecisioni. Quindi, meglio intervenire per regolarne il mercato…»


* Fonte Goofynomics

3 pensieri su “LA DIPARTITA DELL’EURO NON È LA FINE DEL MONDO di Alberto Bagnai”

  1. Peter Yanez dice:

    Bagnai è uno specialista nel confutare (si fa per dire) un'argomentazione con la tecnica dello "straw man" …"L'argomento fantoccio (dall'inglese straw man argument, o straw man fallacy, letteralmente «argomento dell'uomo di paglia»), è una fallacia logica che consiste nel confutare un argomento proponendone una rappresentazione errata o distorta"Fonte:WikipediaNessuno ha detto che le riserve valutarie si vaporizzerebbero, è stato detto che "L’Italia (ma lo stesso potrebbe dirsi di altri paesi periferici) è troppo grande e troppo interconnessa finanziariamente per lasciare la moneta unica senza che ciò comporti un effetto domino nel resto d’Europa. È facilmente prevedibile che l’euro cesserebbe di esistere in breve tempo …""Se sparisce la moneta unica di una delle principali aree economiche", moneta unica che è anche "la seconda valuta di riserva del mondo" "ci troveremmo comunque di fronte ad un evento di proporzioni significative, per usare un eufemismo."Ribadisco: nessuno ha detto che le riserve valutarie si vaporizzerebbero, è stato detto che un eventuale crollo dell'€ avrebbe gravi effetti finanziari ed "inevitabili ripercussioni sull’economia reale per un periodo prolungato."

  2. brenno dice:

    Scusa Yanez,non mi pare affatto che Bagnai si costruisca un falso bersaglio.Che differenza c'è tra "vaporizzare" e, come scrivi tu stesso citando non so quale eurista, che la fine dell'euro avrebbe "…gravi effetti finanziari ed "inevitabili ripercussioni sull’economia reale per un periodo prolungato."Se non è zuppa è panbagnato. E quindi le considerazioni e le obiezioni del professore mi paiono assolutamente pertinenti

  3. Anonimo dice:

    Così a titolo informativo, Stigltz ieri sera era a Forli, come forse direbbe Bagnai, nella profonda piddinia, ed ha pronunciato l'oramai famosa frase "ci vuole più Europa". Non ha usato propio queste parole ma il concetto era propio quello.Qualche considerazione decisamente negativa sulla situazione europea l'ha fatta ma una netta presa di posizione anti Euro non l'ha propio presa. Capisco che non era neanche facile, l'ambiente non era certo dei più agevoli per dire certe, ma questo è quanto.

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