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LA QUESTIONE NAZIONALE. Fassina risponde a Varoufakis

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[ 13 ottobre ]


Sulla rottura del fidanzamento tra Stefano Fassina e Varoufakis scrivemmo il 13 luglio scorso. Il 15 settembre pubblicammo la risposta, dura, di Varoufakis a Fassina
La replica di Fassina era nell’aria, ed è giunta, seppure in ritardo. Impeccabile il ragionamento del nostro sulla centralità della dimensione nazionale, sul demos, di contro alla Unione europea.
Inevitabile quindi segnalare come, in sede di conclusione, la proposta di Fassina, sia, oltreché aleatoria, del tutto contraddittoria rispetto al suo stesso discorso: «… proviamo a introdurre i correttivi possibili a trattati vigenti al funzionamento della moneta unica». 
Un nuovo arretramento rispetto al manifesto per la rottura dell’euro (LEXIT) sottoscritto dallo stesso Fassina proprio nel luglio scorso.

Caro Direttore,

qualche giorno fa, su questo sito, Yanis Varoufakis e Lorenzo Marsili, tra i fondatori di “Diem 2025”, hanno rievocato l’umiliante vittoria dell'”Oxi” nel referendum sul programma della Troika, svolto il 5 Luglio dello scorso anno in Grecia. Hanno, poi, rilanciato l’obiettivo chiave del loro movimento: la democratizzazione dell’Unione europea. 

A tal fine, guardano con preoccupazione a quella sinistra, riconosciuta nelle posizioni del sottoscritto, che “si ritira in posizioni nazionaliste e getta la spugna nella doppia battaglia contro la destra nazionalista e l’establishment transnazionale”. La regressione nazionalista viene individuata in un passaggio di un mio scritto per la ricostruzione della sinistra nel quale ricordo che 

“Il demos dell’eurozona non esiste. Esistono invece i demos nazionali, a parte la upper class, cosmopolita da sempre, promotrice e beneficiaria dell’ordine vigente. I demos nazionali hanno caratteri culturali, morali, linguistici diversi e interessi in competizione”. 

Da qui, mi somministrano la scomunica culturale e politica attraverso l’accostamento a Burke e, inevitabilmente, a Le Pen e Salvini.

Purtroppo, la mia è una constatazione fattuale, coerente con una vasta letteratura progressista. A proposito del loro richiamo a Antonio Gramsci, ricordo che il nostro geniale marxista eretico inventò la categoria di “nazional-popolare” per dare radici di popolo e capacità egemonica a quel Partito Comunista Italiano che nel simbolo aveva la bandiera rossa con falce e martello poggiata sulla bandiera dell’Italia. Ricordo anche, tra i tanti riferimenti possibili, Sir Ralf Dahrendorf, un liberale. In “Dopo la democrazia” scrive: 

«La democrazia a scala sovranazionale “è improponibile nel caso della UE, perché non esiste nemmeno un ‘popolo europeo’, un demos europeo per una democrazia europea”. … “Tra gli idealisti e gli euro-fanatici, qualcuno pensa ancora che l’Unione europea possa trasformarsi in una specie di stato-nazione solo più grande: gli Stati Uniti d’Europa. Ma … questa non è la corretta descrizione di ciò che l’Europa è o può diventare”. 

Ricordo, infine, come solo pochi giorni fa sul Ceta (Comprehensive economic and trade agreement), tutti insieme abbiamo vinto la battaglia per la ratifica in ciascun parlamento nazionale della UE, oltre che nel Parlamento Europeo.

Riconoscere il demos nazionale vuol dire nazionalismo? Vuol dire “dare priorità solo al livello nazionale” come, in aggiunta alla scomunica, mi viene attribuito? No. Sarebbe stato sufficiente leggere l’intero passaggio per capire il senso progressivo dell’analisi. Nel testo citato, invocavo “la riaffermazione della sovranità democratica a scala nazionale, nella misura possibile in mercati globali senza regole, per rilegittimare e rilanciare la cooperazione europea” (In una versione più estesa dello stesso testo ancoro la democrazia nazionale alla democrazia municipale).

Allora, cari amici di Diem 2025, discutiamo senza fare caricature e con senso della realtà. Altrimenti, la sinistra rimane afasica e irrilevante, come è avvenuto nel referendum per la Brexit, dove Jeremy Corbyn sentiva il “suo” popolo affidarsi alla destra ma rimaneva prigioniero di un conformistico e irrealistico richiamo a “riformare l’Europa”.


Piuttosto che puntare a astratte e irraggiungibili costituenti europee, proviamo a introdurre i correttivi possibili a trattati vigenti al funzionamento della moneta unica, il fattore più dirompente di divaricazione tra i popoli dell’Europa. Anche con battaglie trans-europee: per esempio, portiamo avanti insieme ai mini-jobbers Made in Germany e a tutti gli altri lavoratori europei, precari e disoccupati, una mobilitazione per aumentare i salari dei lavoratori e delle lavoratrici tedesche e così arginare il mercantilismo di Berlino che, attraverso l’euro, esporta la svalutazione del lavoro.

* Fonte: la repubblica del 11 ottobre

3 pensieri su “LA QUESTIONE NAZIONALE. Fassina risponde a Varoufakis”

  1. Giovanni dice:

    La vostra chiosa sul finale di Fassina è davvero ottima, stavo giusto aspettando per vedere cosa commentavate. Aggiungo io: lo voglio proprio vedere Fassina andare da "tutti gli altri lavoratori europei, precari e disoccupati" e dire che si deve "aumentare i salari dei lavoratori e delle lavoratrici tedesche" (mica il loro eh). E gli altri? Aspettano il trickle-down che da ciò dovrebbe derivare attraverso la ripresa del ciclo? Chi si aspetta che possa seguirlo da queste posizioni?Una lettura piuttosto economicista, e forse anche neoclassica, della crisi.

  2. Veritas odium parit dice:

    Fassina è quel che rimane della sinistra europea: il nulla spinto, esistenziale prima che politico o dottrinario. Sono pallide ombre che rabbrividiscono al pensiero di qualsiasi violenza. Siccome ogni pacifismo equivale a una difesa dello status quo, il loro ribellismo si rovescia nel suo opposto ogni volta che si avvicinano alla realtà.Per quanto invece riguarda Varoufakis, il suo progetto ricalca l'approccio della II Internazionale socialista dinanzi all'incombente guerra mondiale: avanti in ordine sparso tenendosi abbracciati al sistema, nell'idea assurda che nel momento decisivo il Paese sotto attacco troverà modo e volontà di ribellarsi alla Trojka e alla finanza predatoria, e gli altri si schiereranno prontamente in sua difesa. E' pari pari l'approccio di Tsipras con in più un "piano B" tenuto nel cassetto. Varoufakis dimentica che il problema non sono i piani, che si approntano con relativa facilità, ma la ***volontà politica*** di approntarli e di metterli in pratica entrando in conflitto – orrore, qualcuno potrebbe farsi male! – coi padroni del mondo. E questa volontà, se non è presente, bisogna costruirla con un duro lavoro politico e pedagogico che parta dalla chiara individuazione dell nemico, non che ci discuta assieme e gli faccia la corte chiedendogli amabilmente di autoriformarsi.Altrimenti le scartoffie rimangono nel cassetto.Ma sono cose che sapete meglio di me.

  3. Veritas odium parit dice:

    P.S. Sul concetto della sinistra residuale come "ombra" cfr. l'omonimo film:http://www.mymovies.it/film/2008/leombrerosse/e una mia recensione:http://www.mymovies.it/film/2008/leombrerosse/forum/?id=638536

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