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SPAGNA: SE RAJOY TORNA AL POTERE di Manolo Monereo

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[ 26 ottobre ]


Sventate in Spagna nuove elezioni anticipate.

Con il colpo di stato che ha defenestrato il segretario socialista, il PSOE darà il proprio appoggio al governo di Rajoy, governo di cui farà faranno parte anche i liberisti di Ciudadanos.
Per la prima volta in Spagna un governo alla tedesca di “große koalition”. O forse più modeste e traballanti “larghe intese” all’italiana…

E’ fondamentale non lasciarsi ingannare dai fatti, ora meno che mai. La chiave continua ad essere la lotta —dura, crudele e lunga, molto lunga— tra l’ennesima restaurazione borbonica e l’antica e sempre sconfitta rottura democratica, in un paese —è bene sottolinearlo— che soffre una “crisi esistenziale”: come regime, come stato- nazione, come società. Parlare della Spagna senza tenere conto della sua condizione periferica, subalterna e dipendente dalla Unione Europea significa rifiutarsi di capire cosa ci sta succedendo e, soprattutto, le tendenze di fondo di una serie di problemi che drammaticamente si stanno aggrovigliando e che ci situano di fronte ad un bivio storico di grandi dimensioni.

La rottura del PSOE è esemplare, addirittura magistrale. Essa mostra con grande precisione e rende visibili le strutture dominanti di potere, il loro peculiare funzionamento, la loro distribuzione e, soprattutto, i limiti della autonomia del politico. Le crisi svelano sempre quello che la normalità nasconde. La prima cosa che appare chiara è che il bipartitismo è stato ed è l’essenza di questo regime, il suo nucleo duro. Per dirla più precisamente, si tratta di un modo di organizzare il potere politico che impedisce e blocca qualsiasi progetto che va al di là di ciò che è consentito dai poteri forti — quelli che agiscono dietro le quinte e non si presentano alle elezioni. La mossa è stata di un’efficacia senza precedenti: una destra sempre più di destra, sempre più patrimonialista e reazionaria, sempre più corrotta; e una sinistra sempre meno di sinistra, sempre più legata al potere e con legami sempre più deboli con la sua tradizione e la sua base sociale. Il PSOE è stato il “partito di regime” proprio per la sua capacità di ottenere un ampio consenso sociale e per prevenire l’insorgere, grazie al sistema elettorale, di un’alternativa alla sua sinistra

Un altro aspetto la crisi mette in luce è l’enorme controllo che i poterei forti hanno sui partiti dominanti. In tempi di prosperità questo controllo è aumentato, i maggiori partiti si sono cartellizzati, hanno perso sociale sostanza, militanza e si sono progressivamente convertiti in organi dell’apparato statale. La tendenza dominante è verso l’omogeneizzazione politica e programmatica e la sua progressiva trasformazione in una classe politica chiusa e sempre più autoreferenziale. Si può dire che qui, come quasi ovunque, le forze politiche sono d’accordo sul fondamentale e divergono sull’accessorio. Per dirla tutta, il partito di opposizione decade e la differenziazione viene ricercata nella “spolitica spettacolo”, nella personalizzazione e nei ricorrenti scandali. La corruzione è una parte fondamentale del modello, il meccanismo preferito utilizzato dai gruppi di potere economico per controllare la rappresentanza popolare.


La crisi economica, la rottura del patto sociale e le politiche di austerità hanno portato alla nascita di una massiccia protesta indignata e, più oltre —non è stato automatico— all’emergere di Podemos e poi di Unidos Podemos come terza forza politica del paese. La crisi del bipartitismo è stata la manifestazione più evidente dell’esaurimento del regime. Come ho sottolineato più volte, non succede nulla nella politica del nostro paese può essere spiegato senza i 5 milioni di voti, 71 deputati e 21 senatori Unidos Podemos. La crisi che oggi vive il PSOE non può essere compresa senza questo fatto fondamentale.

Qui non dovremmo nemmeno confonderci troppo. La differenza fondamentale tra Pedro Sanchez [il segretario dimessosi del PSOE, Ndt] ed i suoi baroni e, soprattutto, con la sua baronessa [Susana Diaz, la boss andalusa], aveva a che fare con la strategia più adeguata per affrontare la sfida di Unidos Podemos. Non è mai stato davvero sul tavolo un governo del PSOE di Pedro Sanchez con Unidos Podemos. Quando dico mai, è mai. L’ex segretario generale del PSOE è stato chiaro fin dall’inizio che se i socialisti volevano rimanere il partito del regime, dovevano neutralizzare, dividere e isolare elettoralmente Unidos Podemos. Per questo era necessario polarizzarsi fortemente rispetto al governo del PP, ostentare un discorso di opposizione di sinistra e puntare, grazie ad un patto chiaro con Ciudadanos, all’appoggio esterno di Unidos Podemos.

Sanchez ha sempre saputo che un patto con Rivera [leader dei liberisti di Ciudadanos, Ndt] era impossibile da accettare per Unidos Podemos. La chiave era colpevolizzare il partito di Pablo Iglesias come responsabile per l’eventuale ritorno al governo del PP e delala possibile convocazione di nuove elezioni. Un altro problema, non meno significativo, è che, difendendo questa strategia, il segretario generale del PSOE si andava autonomizzando dai gruppi di interesse dominanti nella propria organizzazione e, soprattutto, dai poteri economici fattici e dai media. La vera scelta, alla fine, è stata tra coloro che volevano facilitare il governo del PP e quelli che erano disposti a rischiare nuove elezioni generali. Sanchez non aveva nulla da perdere e ha giocato con coraggio le carte che aveva a disposizione, con qualche altro bluff.

Il finale è noto: un’alleanza pubblica, visibile, chiara, tra una parte della leadership socialista guidata da Susana Diaz con i poteri forti che comanda e non si presentano alle elezioni per destituire il segretario generale del PSOE. Parlare di colpo di stato non è esagerato e dice anzi molto circa la perdita di reale autonomia della politica (dei partiti, delle istituzioni, deii poteri costituzionali) rispetto all’immenso potere del capitale finanziario-monopolista. Sabato scorso è stato dimostrato che il vecchio partito socialista è una forza politica etero diretta, senza un reale controllo sul proprio destino ed essenzialmente dipendente da poteri autoritari.

Sembra chiaro che Rajoy otterrà il suo insediamento e che una nuova tappa politica si apre, senza precedenti nel nostro sistema politico. La chiave è, a mio avviso, che Unidos Podemos è uscito intero e rafforzato dalla scommessa e che il sistema non è riuscito a cancellarlo o a romperlo. Il partito socialista deve affrontare una fase molto difficile. C’è qualcosa che dobbiamo avere chiaro: così come i poteri sono stati in grado di destituire Pedro Sanchez, cercheranno nuovamente di risollevare il PSOE. La trama politica, economica e mediatica che ha lavorato contro la direzione del PSOE, ora dedica tutti i mezzi per impedire che Unidos Podemos possa diventare l’opposizione reale alla destra ed alle politiche di destra.

Si può dire che le forze della restaurazione hanno vinto una battaglia politica importante. Hanno imposto loro criteri e controlleranno, con una mano ferma, un processo che gli stava sfuggendo di mano. Lo strumento è stato, come sempre, la parte legata del PSOE più legata ai poteri forti. E’ la linea sottile e mortale che va da Felipe González a Susana Diaz, passando per i Rubalcaba, i Bono, vale a dire, parte delle classi dominanti del paese. Questa può essere una vittoria di Pirro. Il costo dell’operazione è stato l’indebolimento del PSOE, la rottura con una parte sostanziale della sua base militanza, l’apparire come l’altra faccia del regime del PP. Unidos Podemos può ancora avere l’opportunità di trasformare il divario in un nuovo spazio politico per accogliere i grandi cambiamenti di cui il paese ha bisogno.


In questo momento, il fattore decisivo è il fattore tempo. Unidos Podemos è in grado, nei prossimi mesi, di continuare a sfidare l’egemonia del PSOE. Il tipo di opposizione sarà fondamentale. La definirei come una opposizione per l’alternativa. Non si tratta di tornare al turnismo sempre, alla semplice alternanza. Dobbiamo andare oltre, dobbiamo costruire un’alternativa di governo, di Stato e di società che rompa con le politiche neoliberiste, difenda la sovranità popolare e restituisca al popolo il suo potere costituente.

* Fonte: Cuarto Poder
** Traduzione a cura di SOLLEVAZIONE

Un pensiero su “SPAGNA: SE RAJOY TORNA AL POTERE di Manolo Monereo”

  1. Anonimo dice:

    Alcuni dicono che la Raggi sia una quinta colonna.Sapete qualcosa?

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