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IL LINGUAGGIO DEL NEMICO di Piemme

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[ 7 gennaio ]

Uno dei terreni di scontro coi nemici del popolo, tra noi e loro, è quello del linguaggio anzi, per essere più precisi quello che nel mondo anglosassone chiamano storytelling, quello della narrazione, del racconto. 

Di questo si occupa un e-book dal titolo “Ce lo chiede l’Europa?”
Sarà disponibile in rete da  lunedì sui siti della Fondazione Di Vittorio e del dipartimento di Comunicazione e ricerca sociale della Sapienza di Roma.

Si tratta di un interessante ricerca sul linguaggio ed il discorso dei grandi giornali riguardo alla crisi sociale ed economica.

Il quadro che ne emerge è alquanto interessante, significativo. Il sistema della comunicazione, anzitutto durante la fase dell’approvazione del pareggio di bilancio in Costituzione e del Fiscal Compact, ha deliberatamente costruito un quadro allarmistico ricorrendo ad un racconto a dir poco catastrofista.

La “guerra alla recessione, quella “delle valute”, la “battaglia dello spread”, “L’attacco dei mercati”. Il vocabolario di arricchisce col ricorso simbolico alle calamità naturali: “Borse travolte dallo tsunami”, “il terremoto economico”, “il cataclisma greco”, ecc.

Scavando nell’analisi degli schemi narrativi dei dominanti, viene fuori che si è modellato e plasmato un vero e proprio senso comune, quello dell’ANSIA e della PAURA. 

La crisi sistemica è stata di fatto dipinta non come l’effetto di determinate cause sociali, non come risultato di specifiche pratiche sociali e decisioni politiche dei dominanti, bensì come un evento naturale, catastrofico. Di qui non solo il pessimismo generale, ma il fatalismo paralizzante, il senso di impotenza che conduce ad affidarsi a chi sta in alto, a “loro”. 

Notiamo che nello stesso campo delle opposizioni anti-sistemiche questa narrazione è stata introiettata, e questi linguaggi diventati di uso comune.

E’ ora di prendere atto che occorre cambiare il registro linguistico, che occorre fuoriuscire dall’universo linguistico e simbolico del nemico. Questo se si vuole contrastare il “senso comune” che descrive appunto la crisi come un evento naturale contro cui nulla si può fare se non affidarsi alla Provvidenza, leggi alla capacità dello stesso sistema di venir fuori dal suo impasse chiedendo al popolo lavoratore non solo di sopportare inauditi sacrifici sociali, ma, appunto, di affidarsi ai druidi che “sanno come funzionano le cose”.

Il loro discorso va radicalmente ribaltato.

Come? Ce ne occuperemo nei prossimi giorni

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