DALLA PARTE DEI TASSISTI, SENZA SE E SENZA MA
[ 22 febbraio ]
E’ tutto un gridare all’ALLARME! per la mobilitazione dei tassisti e degli ambulanti che ieri, a Roma, hanno spinto la loro rabbia sacrosanta fin sotto la sede del Pd. La nostra solidarietà l’abbiamo già espressa.
La ribadiamo ripubblicando un pezzo di Formenti dopo le dure lotte dei tassisti francesi del giugno 2015 —anche in quel caso contro le legge del governo “di sinistra” di (Hollande)-Macron. La ribadiamo denunciando l’ignobile tentativo dei media di regime di sputtanare e isolare la legittima resistenza dei tassisti contro l’uberizzazione. Il pretesto è la presenza ieri di alcuni attivisti di Forza Nuova.
Un simile tentativo, eravamo nel 2013, l’avevamo già visto in opera contro il Movimento del 9 dicembre (o dei Forconi). Chi ha sale in zucca deve piuttosto rivolgere, non solo solidarietà, ma la massima attenzione agli scoppi di rabbia sociale, come quello dei tassisti appunto, perché sono un’avvisaglia della sollevazione che verrà, che avanza sotto traccia.
Guai a quegli antagonisti che cadessero nella trappola ideologica del nemico, che si voltassero dall’altra parte col pretesto che tra i rivoltosi ci siano dei neofascisti. Guai a fare spallucce perché alcuni manifestanti usano il tricolore. Questo può certo essere il simulacro dei nazionalisti reazionari, ma se lo abbiamo sollevato nella battaglia democratica del 4 dicembre in difesa della Costituzione è anche perché è l’icona della Repubblica, a simboleggiare la resistenza di un popolo e di una comunità contro la globalizzazione neoliberista.
UBER, TAXI E LOTTA DI CLASSE
di Carlo Formenti
«Arroganza neocoloniale e odio di classe. Non saprei definire altrimenti il contenuto dei tweet con cui Courtney Love, vedova del leader dei Nirvana e a sua volta pop star, ha espresso tutta la sua indignazione per essere stata costretta a scendere dall’auto che stava portandola all’aeroporto di Parigi da parte da un gruppo di taxisti che protestavano contro il servizio Uber Pop.
Rivolgendosi al presidente Hollande la signora in questione chiede con tono sprezzante: “È legale per la tua gente attaccare i visitatori? Muovi il culo e vieni in aeroporto”. “La tua gente”: ovvero quei pezzenti di lavoratori francesi che tu, in quanto vassallo degli Stati Uniti (e quindi anche mio), dovresti essere in grado di tenere a bada e bastonare a dovere quando si ribellano a un servizio innovativo made in Usa quale è Uber. E ancora: “È questa la Francia? Mi sento più sicura a Baghdad”. Non c’è dubbio, visto che a Baghdad avrebbe potuto assoldare (lei che può permettersi di pagarli, certo non un comune turista) un manipolo di contractor professionisti pronti a sparare su qualunque pezzente osasse intralciarle la strada.
A citare con soddisfazione i deliri fascistoidi della popstar è il New York Times, che in un altro articolo fa la cronistoria del conflitto fra lo Stato Francese che ha proibito il servizio, i taxisti che definiscono terrorismo economico la politica della società di San Francisco che sta strangolando la loro categoria in tutto il mondo, e i manager di Uber, i quali non mollano l’osso e spingono i loro contractor (migliaia di comuni cittadini che si improvvisano autisti in cambio di pochi euro a corsa, assumendo in prima persona tutti i rischi dell’impresa) a offrire comunque il servizio, lasciando intendere fra le righe che questa mentalità arretrata dei governanti europei dovrà prima o poi arrendersi alle ragioni dell’innovazione tecnologica, del mercato e dei consumatori.
Rincara la dose il “Corriere della Sera” in un articolo del 26 giugno di Stefano Montefiori (“Blocchi e aggressioni. La guerra a UberPop sulle strade della Francia”) nel quale, oltre a rilanciare le dichiarazioni della cantante, si citano anche quelle di contenute in una lettera di Maxime Coulon, noto avvocato parigino che ha collezionato 170.000 like su Facebook scrivendo: “Caro taxi parigino, non posso dirti quanto godo nel vederti sbraitare, piangere, agonizzare davanti al successo dei servizi come Uber. Ti ricordi quando mi chiedevi qual era la mia destinazione prima di decidere se io avessi il diritto di salire sulla tua carrozza?”.
Il succo dell’articolo del Corriere è lo stesso di quello dell’articolo del NYT (basta con gli ostacoli all’innovazione che frena la marcia del mercato), mentre il succo dell’intervento del nostro nobile avvocato è lo stesso di quello della pop star: come vi permettete voi pezzenti di non obbedire a ogni nostro cenno, mentre dovreste servirci senza protestare? Lotta di classe appunto, come spiega molto bene Biju Mathew nel suo libro “Taxi!” sulle lotte dei taxisti di New York: lotta di classe fra chi è costretto a sgobbare ore e ore sulla strada per sbarcare il lunario e i membri di una classe media (medio alta nel caso della Love e di Coulon) che vorrebbero poterli trattare come schiavi. E lotta di classe fra lavoratori messi con le spalle al muro dalle politiche degli “innovatori” e crumiri che la fame induce a vendersi per quattro soldi».
LE QUERCEPubblicato il 22 febbraio 2017 Noi, i tassisti italiani, siamo come le querce e chiunque, a partire da chi ha l’onere e l’onore di rappresentarci, dovrebbe in primo luogo essere orgoglioso di appartenere a questa categoria che è più dei singoli che la compongono: l’unica o una delle poche rimaste capace di difendere la legalità e i propri diritti naturali e costituzionali di esistenza. E se è inattuale chiedere il rispetto delle leggi e non volere essere ridotti in schiavitu’, bene siamo inattuali. Il caporalato digitale, il neoschiavismo, è antico come le cose animate di Aristotele, le miniere di sale romane, i campi di cotone americani, è solo digitale. Ed io provo pena e vergogna ogni volta che vedo sfrecciare dinanzi al mio taxi un ciclista infreddolito carico di cibi, magari laureato, magari con la scuola dell’obbligo, e quelli in risciò, sfruttati e pagati due euro e mezzo a consegna o tre, e mi domando come siamo potuti arrivare a tanto nella patria di Beccaria, nella patria del diritto. Ogni anno provano a distruggerci insieme alle nostre famiglie, ai nostri mutui, alle migliaia di ore passate a respirare polveri sottili, ci coprono di insulti, fascisti, lobbisti, puzzolenti, analfabeti, monopolisti, rozzi, volgari, violenti, ,irresponsabili, criminali.Ma noi siam sempre qui e per chi è in grado di capire, siamo, cerchiamo di essere un baluardo non contro un’astratta liberta’ di liberalizzare, ma contro l’infinitamente più concreto governo delle vite, quelle vere, in carne ed ossa, attraverso le liquidissime piattaforme digitali. Non siamo un algoritmo, siamo persone vive e libere. E vorremmo rimanere proprio così vivi e liberi.Da lunedì inizierà una trattativa, i tavoli tecnici, la legge delega. Trenta giorni non uno di più ci hanno comandato. Bene. Dovrebbe essere tracciato un nuovo quadro normativo ” rinnovato” adeguato ai tempi alle tecnologie e alle esigenze di un mondo, dicono, sempre più mobile, in perenne comunicazione, liquido come diceva il grande e compianto Baumann. Con dentro le famose piattaforme e tenendo conto delle esigenze di tutti quanti. Benissimo. Saremo anche neanderthaliani, ma non del tutto scemi. Non abbiamo nulla contro le piattaforme, purchè non si trasformino in piattaforme dello sfruttamento.