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LA PIRA, DON STURZO ED IL LIBERISMO di Ugo Boghetta

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Quel catto-liberista di Don Sturzo…

[ 7 marzo ]

Sistemando dei libri ho ritrovato: “Cattolici e mercato, la grande polemica fra La Pira e Don Sturzo”. Lo avevo comprato quando in Parlamento stavamo organizzando l’ostruzionismo contro privatizzazioni e liberalizzaizoni.

È un testo significativo perchè dimostra come a quei tempi —siamo nel ’54— in casa cattolica lo scontro fra liberisti e antiliberisti fosse pesante. Nei fatti, era uno scontro fra chi voleva attuare la Costituzione ed i suoi affossatori.

Fra le tante, scelgo la lettera con la quale La Pira, sindaco di Firenze, scrive al Presidente della Confindustria per porre i problemi occupazionali della città. La lettera viene pubblicata su di un giornale. Resa pubblica, Don Sturzo, segretario della DC, gli risponde

Giorgio La Pira

tacciandolo di essere marxista, statalista, classista. A sua volta La Pira replica invitandolo a fare il sindaco per vedere come vanno le cose.

In questa replica La Pira pone problemi di fondo ancora attuali.

Riporto alcuni passaggi significativi: 

« .. non vorrei che con la scusa di non volere lo stato totalitario non si voglia in realtà lo stato che interviene per sanare le strutturali iniquità del sistema finanziario economico e sociale del cosiddetto stato liberista (che sta “a vedere” con olimpionica contemplazione la zuffa che la privazione del pane quotidiano procura fra deboli e potenti)»

Insiste: 

«…. a quel modo cioè che l’unità della società umana non può fondarsi sull’opposizione di classe, così il retto ordine dell’economia non può essere abbandonato alla libera concorrenza delle forze. Da questo capo, anzi, come da fonte avvelenata, sono derivati tutti gli errori della scienza economica individualista, la quale dimenticando o ignorando che l’economia ha un carattere sociale non meno che morale, ritenne che l’autorità pubblica la dovesse lasciar libera». 

Così prosegue: 

«Perciò è necessario che alla giustizia sociale si isperino le istituzioni dei popoli, anzi di tutta la vita della società; e ancor più è necessario che questa giustizia sia davvero efficace, ossia costituisca un ordine giuridico e sociale a cui l’economia tutta si conformi». 

Ed ancora: 

«… Interclassismo? Va bene: ma scusi, interclassismo non significa certo difesa dei membri di una classe (quella forte) e non difesa dei membri dell’altra classe (quella debole): e allora, perché è tutelata la proprietà degli uni (proprietà immobiliare ed industriale) e non è tutelata la proprietà degli altri (tutela del lavoro)? Le pare interclassimo cristiano quello che permette che il lavoro sia affidato all’instabilità della congiutura (quante cose ed arbitrii si nascondono sotto questa etichetta!). … altro che marxismo, caro don Sturzo! Si fa presto, ed è anche comodo, lasciare accuse di marxismo a coloro che “cercano di scendere da cavallo per sanare il fratello iniquamente ferito». [la parabola del buon samaritano è citata in un passo precedente; ndr].

Lo scontro fra cattolici e liberali era stato cruento anche nella Costituente.
Proprio nella Costituente, sempre nel merito del liberismo, ebbe a dire Dossetti rispondendo ad un attacco: 

«Il dilemma che si pone ha solo alternative, se se ne sopprime una rimane solo l’altra, e cioè che la vita economica si debba svolgersi spontaneamente ritornando al sistema fondamentale dell’ottimismo liberale. Ora, l’esperienza storica insegna che il lasciare libero gioco alle forze naturali ed economiche porta ad una sopraffazione; quindi non bisogna accettare, ma si deve respingere la soluzione ottimistica del libero e spontaneo gioco delle forze economiche». 

In un passaggio sulla retribuzione del lavoro, Dossetti osserva che: 

«… risponde alla struttura economico-sociale del nostro sistema orientare l’economia verso retribuzioni del lavoro che non siano soltanto rispondenti alle esigenze della vita, quali possono essere quelle del vitto, della casa, del vestiario, ma anche alle esigenze dell’esistenza libera e perciò degna dell’uomo». 

Pensate un po’!?

Nella Costituente Dossetti propose il diritto alla resistenza con il potere in sintonia con l’articolo 21 della Costituzione Francese: 

«Qualora il governo violi le libertà ed i diritti garantiti dalla Costituzione, la resistenza sotto ogni forma è il più sacro dei diritti e il più imperioso dei doveri».

La proposta non fu approvata ma sarebbe stato fantastico averla in Costituzione.

Dossetti, era anche dubbioso sull’adesione al Patto Atlantico. Pur facendo parte del blocco occidentale voleva un rapporto più flessibile, autonomo ed elastico. Per quanto non si fidasse dell’Urss esprimeva anche perplessità sugli Usa. Perplessità che nel tempo era divenuta certezza, come ho avuto modo di udire personalmente in un incontro elettorale nella comunità di Monteveglio dove si era ritirato: io ero candidato in quel collegio. Disse che gli accordi di Camp David fra israeliani e palestinesi (erano appena stati siglati) sarebbero stati un disastro e che era meglio che gli americani tornassero a casa loro!

Altri tempi! Basti pensare che la discussione sulla parte sociale della Costituzione vedeva attivi, oltre a Dossetti e la Pira, Lelio Basso e Togliatti. Si capisce che è venuta fuori così avanzata. E dietro avevano la Rivoluzione Sovietica, il ’29, il fascismo.

Ma la reazione già operava. Saragat si scindeva dal PSI. De Gasperi volava negli States e il liberista Einaudi diventava ministro dell’economia fino ad arrivare alla strategia della tensione ed alla cosidetta seconda repubblica. Poi vinsero costoro.

Tutto ciò mi fa pensare a certe interpretazioni che circolano fra noi: la Costituzione è un compromesso fra capitale e lavoro, è keynesiana. I costituenti, quelli citati e che fortemente la segnarono, non è a questo che pensavano. Pensavano ai valori fondamentali: la Repubblica è fondata sul lavoro… lo Stato deve rimuovere gli ostacoli.. ecc ecc. Questo è “sociale” e “socialista”. Troppo, davvero troppo. Anche oggi! Troppo anche per quelli che hanno votato NO.

Allora come oggi. I liberisti non sono cambiati: gli altri (socialisti, comunisti, già quei cattolici erano anomali come si vede dalla diatriba fra La Pira e Don Sturzo) sì!

Oggi come allora: Mala tempora currunt.

Ma almeno al tempo c’erano queste persone. Oggi abbiamo nani e ballerine.


Un pensiero su “LA PIRA, DON STURZO ED IL LIBERISMO di Ugo Boghetta”

  1. Anonimo dice:

    Ma quelli pensavano e agivano per il "bene" degli italiani , non per la prosperità crassa e cinica delle holding straniere. Per altro Einaudi era e fu tra quelli che si espressero contro un sistema monetario non basato sulla cosiddetta "moneta a debito" che fu la rovina del nostro ( e di molti altri —) paese.

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