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DISPARITÀ SALARIALI ( E POPULISMI) NELL’UNIONE EUROPEA di Piemme

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[ 15  aprile ]

La tabella qui accanto raffronta il salario minimo nei paesi dell’Unione europea al 2015 (non sono espressi i valori italiani, ciò che sarebbe davvero interessante).

I dati al gennaio 2017, come riportati dal Corriere della Sera del 13 aprile (vedi tabella più sotto), ci dicono che le disparità si sono nel frattempo accresciute.

Si nota subito la spaccatura netta, tra i paesi cosiddetti “core” quelli “periferici”. Dove quelli “periferici non sono solo i paesi dell’Est ma pure Spagna, Grecia e Portogallo.

Abbiamo che il salario minimo portoghese un terzo di quello olandese. Quello spagnolo la metà di quello tedesco.
Il confronto diventa “sorprendente” se consideriamo i paesi dell’Est.
In Bulgaria il salario minimo è un undicesimo di quello del Lussemburgo, meno un ottavo di quello tedesco. Quello ungherese un quarto di quello olandese. Quello polacco meno di un terzo di quello tedesco. Quello rumeno un settimo di quello francese.

Che abbiamo? Una bella istantanea, per usare un eufemismo, delle “asimmetrie” interne all’Unione europea. La prova provata che il “mercato unico”, consentendo il libero movimento dei capitali, ha reso molti paesi “periferici” delle semicolonie di quelli più forti. Conferma poi che la moneta unica, lungi dal rendere armoniche le economia che hanno adottato l’euro, va accrescendo squilibri e distanze.

Questi enormi squilibri ci aiutano a capire le ragioni dei rinascenti nazionalismi e dei “populismi”, anzitutto nei paesi dell’Est Europa. Ce lo dice niente meno che l’eurista Federico Fubini, sul Corriere della Sera. Lungi da noi stabilire una connessione economicistica causa effetto tra processi economici e fenomeni politici. I nazionalismi hanno cause storiche profonde, ma è certo che il colonialismo economico, anzitutto tedesco, è un carburante, oggi come ieri, dell’avvento nei paesi colonizzati, di partiti e movimenti reazionari o d’estrema destra.

Le élite agitano gli spauracchi dei nazionalismi e dei “populismi” e lanciano i soliti anatemi, ma non possono fare a meno di ammettere che se essi avanzano è proprio grazie ai meccanismi perversi che sono alla base dell’Unione e dell’euro, i quali non possono che rafforzare nei popoli sottomessi l’aspirazione alla sovranità la quale, mentre affonda i partiti filo-Ue, porta al potere quelli che, in un modo o in un altro, quella aspirazione raccolgono. Questo processo, già molto avanzato nell’Est Europa, è incipiente nei paesi mediterranei, tra cui la stessa Francia, le cui elezioni presidenziali ci auguriamo sferrino un colpo letale all’euro-dittatura…

Colletti blu sottopagati 

E se i populismi dell’Est 
hanno origine all’Ovest?

I partiti nazionalisti in Ungheria e in Polonia vogliono aumentare il salario minimo legale. È una riforma che in quei Paesi cambiare la vita al 20% degli occupati. L’operaio tedesco, a 35 euro l’ora, guadagna al lordo oltre dieci volte quello polacco

di Federico Fubini


« In realtà una ripresa del populismo non sarebbe scontata sul fianco Est dell’Unione europea, dove prevalgono crescita rapida e piena occupazione. Eppure i partiti nazionalisti sono sempre più forti. Lo sono a Praga e a Bratislava, oltre che a Budapest o Varsavia, e proprio il primo punto nel programma di molti di essi rivela ciò che li spinge: vogliono tutti aumentare il salario minimo legale o lo fanno quando arrivano al potere, in Polonia e Ungheria. È una riforma che in quei Paesi può cambiare la vita al 20% degli occupati.
Confronto tra i salari minimi nella Ue. Gennaio 2017


Come segnala l’Etuc, la European Trade Union Confederation, le economie emerse dal socialismo presentano una differenza di fondo con quelle occidentali: in nessuna di esse esiste la contrattazione salariale —né in azienda, né per settore— salvo che per le sedi distaccate di poche multinazionali. Per chi lavora nelle fabbriche si applica solo il salario minimo di legge e questo è immancabilmente basso, anche rispetto al costo della vita dei territori centro-orientali. Non c’è un solo Paese passato dal Patto di Varsavia alla Ue nel quale il salario minimo si avvicini ai 3 euro l’ora o ai 500 euro al mese; è lo standard del settore manifatturiero. Qui affonda le radici il fenomeno sociale di decine di milioni di lavoratori poveri sul fianco Est della Ue, i quali però devono far fronte a costi occidentali sull’acquisto di beni tecnologici, prodotti alimentari industriali, farmaci o servizi medici.

Si alimenta di questa frustrazione il richiamo dei leader populisti «illiberali» alla Orbán. E si fonda (anche) sulle forniture di componenti a basso costo dalla frontiera orientale la competitività dell’industria tedesca. Secondo i dati dell’ufficio studi di Intesa Sanpaolo per il Sole 24 Ore, dal 2008 al 2015 nell’elettrotecnica, nella meccanica e nell’auto la quota di import tedesco da Repubblica Ceca, Polonia, Ungheria, Slovacchia e Romania è salita dal 18 al 23,4% (a scapito dell’Italia). Da lì arrivano a prezzi stracciati i pezzi del made in Germany. Le linee produttive ormai sono così integrate che il Fondo monetario parla «catena di fornitura German-Central European», un sistema produttivo unico dove la grandissima parte del valore è catturata dalle imprese di grande marchio in Germania. Così l’operaio tedesco, a 35 euro l’ora, guadagna al lordo oltre dieci volte quello polacco, ungherese o slovacco, ma la sua produttività effettiva è molto lontana dall’essere tanto superiore. Si spiega così perché dal 2011 quasi un milione di europei orientali, i più giovani e istruiti, sia affluito in Germania arricchendone le risorse umane.

Non si spiega, invece, perché la Ue si ostini a non raccomandare ai Paesi dell’Est ciò che sarebbe ovvio: permettere ai lavoratori di contrattare collettivamente i salari. Quanto a Merkel, anche su questo tace».

* Fonte: Corriere della Sera del 13 aprile

Un pensiero su “DISPARITÀ SALARIALI ( E POPULISMI) NELL’UNIONE EUROPEA di Piemme”

  1. chiunque scriva ciò che vuole dice:

    Confermo che per ad es. i rapporti Germania CZ la situazione è esattamente questa. Ci sono organizzazioni padronali ed uffici appositi che istruiscono gli investitori tedeschi fin nei dettagli sul come sfruttare le differenze di salario minimo in Rep. Ceca. Chi padroneggia la lingua tedesca (o si aiuta con google translator) può vedere questo articolo molto istruttivo: http://www.germanczechtrade.de/mindestlohn-tschechien-ab-2017/.Questo spiega perché in Germania le resistenze contro l'introduzione del salario minimo ci furono, ma fu più retorica che opposizione concreta: avevano infatti già trovato e praticavano la soluzione da tempo! Nel link citato è interessante il suggerimento di fondare una società di diritto ceco per lucrare anche sulla più conveniente tassazione (che in gran parte dei casi diviene un'esenzione pressoché totale). Questa dunque è l'Unione Europea, che l'europarlamentare Farage dell'UKIP non senza motivo recentemente ha dapprima chiamato "mafia" ma poi, rimproverato dalla Presidenza del Parlamento Europeo, correggendosi ha chiamato gansters. A parziale rettifica però dei valori del salario minimo in Rep. CEca va detto che a motivo del pieno impiego è sempre più difficile trovare operai disposti ad accettare il salario minimo. Il costo della vita (appartameneti e servizi pubblici) è ancora di molto inferiore ai valori ad es. della Germania, quindi facendo questo rapporto il salario minimo non è 2 ma almeno 4-5 euro/(ora. Poiché però l'aumento deciso annualmente dal governo è costante, gli imprenditori tedeschi già da anni si stavano orientando verso altri Paesi: la Polonia prersenta gli stessi problemi (aumento costante dei costi del lavoro) e quindi ecco spiegato perché la Merkel aveva mandato il suo Min. Aff.Esteri WEsterwelle a fare presenza continua nella Piazza Maidan e perché sostiene a spada tratta Poro/k)shenko. Infine: i più intelligenti operatori economici tedeschi si sono già spostati da tempo conle loro imprese nell'area della Federazione Russa, per sfuggire alle sanzioni che reclamano da tempo di abolire.

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