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Salento, bloccati i camion del TAP: «Abbiamo imposto la volontà popolare»

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Sergio Starace, sit-in davanti al cantiere del gasdotto Tap, 28/03/17

[ 1 aprile ]


Il “mafiodotto” chiamato TAP: storie di ulivi e di riciclaggio


Nostra intervista a Sergio Starace del movimento “NO TAP”
Questa mattina il movimento che si oppone al TAP (Trans-Adriatic Pipeline) ha ottenuto un grande successo, costringendo i camion della multinazionale che esegue i lavori a fare marcia indietro davanti ad una manifestazione popolare che ha visto presenti perfino numerosi bambini. Anche la stampa nazionale non ha potuto nascondere quel che è accaduto.
Il TAP è un progetto che, allacciandosi ad altri gasdotti (TANAP ed SCP), è stato pensato per portare in Europa il gas dell’Azerbaigian, proveniente dal giacimento Shah Deniz II situato nel Mar Caspio. La portata del gasdotto è pari a 10 miliardi di metri cubi all’anno, espandibili a 20.
Gli azionisti del progetto sono la Snam (20%), la BP (20%), l’azera SOCAR (20%), la belga Fluxys (19%), la spagnola Enagas (16%) e la svizzera Axpo (5%).
Sui retroscena di questo progetto l’Espressoin edicola domani pubblicherà un’inchiesta che si annuncia assai interessante fin dal titolo con cui viene annunciata: «TAP, mafia e soldi sporchi dietro il gasdotto».
L’incipit dell’anticipazione del settimanale, in cui si parla espressamente di “mafiodotto”, non lascia spazio a dubbi: «All’origine del super-gasdotto che minaccia di perforare le coste del Salento c’è una storia nera. Un intreccio di manager in affari con la mafia, valigie di contanti, oligarchi russi, affaristi italiani legati alla politica, casseforti anonime con la targa offshore. Gli scheletri nell’armadio del Tap».
Ma veniamo ai fatti di stamattina, facendoceli raccontare da uno dei protagonisti, Sergio Starace. Starace è membro del Forum “Ambiente e Salute” di Lecce, che affianca nella lotta il Comitato “NO TAP.
Cosa è accaduto esattamente stamattina?
«E’ successo che hanno tentato di sorprenderci con l’inganno, ma alla fine la sorpresa gliela abbiamo fatta noi. Nei giorni scorsi, dopo le cariche di martedì e mercoledì, le istituzioni ci avevano assicurato che i lavori di asportazione degli ulivi erano sospesi e che sarebbero ripresi solo lunedì prossimo. Invece stamattina alle 5 (di notte come i ladri) hanno ripreso a lavorare, caricando gli ulivi secolari per trasportarli presso il centro di stoccaggio di Masseria del Capitano».
E voi come avete reagito?
Abbiamo risposto abbandonando temporaneamente il nostro presidio di San Basilio per spostarci verso la Masseria del Capitano. Lì, eravamo cinque/seicento, abbiamo bloccato i camion, costringendoli poi a fare dietrofront, riportando cioè gli ulivi nel luogo del loro espianto.  La presenza dei bambini, con le loro mamme, è stata decisiva per impedire nuove cariche. E’ una presenza che dimostra come quella in corso sia una vera lotta di popolo.
Insomma, almeno per oggi avete vinto.
Sì, siamo molto soddisfatti. Per una volta abbiamo imposto la volontà popolare. E questo ci dà molta forza per gli scontri futuri che ci attendono.
A proposito della durezza dello scontro, puoi dirci cosa è successo nei giorni scorsi?
Martedì siamo stati caricati. Anch’io sono stato manganellato, benché sia un non vedente, così pure i sindaci presenti. Strano questo Stato che manda la polizia a picchiare perfino i rappresentanti delle proprie comunità locali… Poi, non contenti, il giorno dopo hanno caricato di nuovo. Ma per capire la gravità di quanto accaduto martedì, basti dire che un manifestante è stato isolato e poi menato dai 5 poliziotti che lo avevano circondato.
Hai parlato dei sindaci. Quanti sono quelli dalla vostra parte?
Quello che posso dire è che 30 sindaci, sui 99 del Salento, hanno sottoscritto la posizione di rifiuto del progetto TAP.
E sul ruolo del governatore Emiliano cosa puoi dirci?
Di Emiliano non ci fidiamo. Ha ereditato il progetto dalla giunta Vendola (che verrà ricordato dai pugliesi anche per questa responsabilità), ma non ha fatto nulla di sostanziale per fermarlo. A mio giudizio è solo un demagogo che sta cercando di cavalcare la protesta senza però far seguire alle parole i fatti.
Tutti sanno della vostra lotta a difesa degli ulivi. Puoi spiegarci la portata della questione?
Gli ulivi fin qui espiantati sono 211, ma alla fine, visto che poi il gasdotto proseguirà verso nord, dal pozzo di spinta di San Foca fino a Mesagne, dove dovrebbe raccordarsi con la rete Snam, gli ulivi minacciati di morte sono diecimila.
Perché minacciati di morte? Non vi hanno promesso il reimpianto una volta finiti i lavori?
Ce l’hanno promesso ma non ci fidiamo. Tra espianto, parcheggio temporaneo e reimpianto è certo che molte di queste piante moriranno.
Però voi non protestate solo per gli ulivi.
No. Protestiamo anche per altri motivi. In primo luogo per la sicurezza e l’incolumità dei cittadini, perché ci risulta che il progetto non rispetti i parametri tecnici dovuti. E la stessa ARPA Puglia ha espresso su questo un parere fortemente negativo. Inoltre, quella di San Foca, dove arriva dal mare il gasdotto, è zona protetta per la presenza di una particolare vegetazione marina. Poi c’è la natura del terreno, che richiede enormi gettate di cemento, e potremmo continuare… Ci sono però anche motivi più generali. Quello che rifiutiamo è un modello di sviluppo basato sulla devastazione del territorio, sull’incremento nell’utilizzo dei combustibili fossili. Un modello che si sposa bene con il malaffare e con la corruzione dei politici. Per tutti questi motivi noi siamo non solo per difendere gli ulivi, ma vogliamo che il progetto TAP venga ritirato e cancellato per sempre.
Ma come pensate di poter vincere contro gli enormi interessi in gioco?
Siamo fiduciosi nella forza del popolo. Personalmente propongo un’opera di informazione in tutto il Salento, per poi arrivare ad una mobilitazione generale come quella che portò al blocco del sito di stoccaggio delle scorie radioattive di Scanzano Jonico. Il trionfo politico della mobilitazione di oggi ci indica la strada. Per me questo è soltanto l’inizio di una lotta che alla fine vincerà.

Qui il video tratto da repubblica.tv in cui Sergio nel sit-in del 28 marzo, davanti al cantiere del gasdotto Tap, arringa la polizia e invita gli agenti ad appoggiare la battaglia


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