SE CERTI IMBECILLI DI SINISTRA… di Carlo Formenti
[ 17 maggio 2017 ]
Esauritosi il coro di sospiri di sollievo con cui i galoppini del pensiero unico liberista hanno salutato la vittoria – tanto annunciata quanto scontata – di Macron contro il – presunto quanto acconciamente gonfiato – pericolo fascista incarnato da Marine Le Pen, qualche voce più avvertita comincia a levarsi anche nel campo dei vincitori per fare presente che, certo – dopo le batoste della Brexit, di Trump e del referendum anti Renzi – le elezioni presidenziali francesi hanno marcato un’inversione di tendenza, ma, al tempo stesso, nessuno dei problemi che hanno alimentato l’ondata populista appare risolto, e l’idea di tornare a gestirli con piglio da business as usual è pura follia.
E’ il caso, fra gli altri, di un interessante editoriale firmato da Dario Di Vico sul Corriere del 13 maggio. Reso a sua volta omaggio al ritorno in campo dei Lib-lab.
Che il “format” politico della Terza Via non sia più efficace come un tempo, ammette poi Di Vico, dipende dal fatto che “il cuore della narrativa liberal”, vale a dire il mito della mobilità sociale, gode di pessima salute perché “non sappiamo dove si stiano dirigendo i mercati del lavoro e non sappiamo nemmeno se la riorganizzazione delle imprese favorirà la creazione di “piani alti” da raggiungere con l’ascensore sociale. Sappiamo invece con certezza che il capitalismo delle piattaforme digitali accrescerà il peso della gig economy e del lavoro alla spina, che non rappresenta certo una risposta alla domanda di mobilità verso l’alto”.
Ammirevole lucidità (che bello se anche certi imbecilli “di sinistra” di vecchio e nuovo conio ne fossero dotati!) che però non induce Di Vico a cambiare il lato della barricata. Al contrario: la parte conclusiva dell’articolo indica con durezza la via da seguire per proseguire e vincere la “guerra di classe dall’alto” contro le classi subalterne nelle nuove condizioni dettate dalla crisi.