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I FASCISTI E NOI di Moreno Pasquinelli

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[ 27 luglio 2017] 

«L‘onda lunga del “populismo” italiano, piaccia o non piaccia, è destinata ad arrivare dappertutto. Come avvenne nel corso del Risorgimento, come avvenne con il futurismo prima, il Fascismo poi, partono sempre e solamente dall’Italia le nuove opzioni strategiche. (…) Ma il punto adesso è: può oggi però l’Italia avanzare con Tria e con la difesa strategica di una Costituzione che, seppur socialmente valida, si basò tatticamente sulla cancellazione della Socializzazione e dell’unica forma di socialismo sperimentata dall’Italia nella sua storia? No, è necessario un nuovo Socialismo di civiltà e di azione che sia la diretta e radicale antitesi di una decennale infame e antinazionale cultura di sinistra borghese-proletaria massonica cattomarxistapartigiana. Un socialismo imperiale e Imperialista, un socialismo mediterraneo, religioso e africanista. Non vi è alternativa».

Quello qui sopra è un commento anonimo giuntoci in redazione. Il sintomo di un nazionalismo fascistoide di ritorno che nella epoca della resurrezione della stati nazionali è bene non prendere sottogamba. Tanto più perché testimonia di un distacco di alcuni intellettuali neofascisti dal microcosmo crepuscolare dei vecchi gruppetti militanti, quindi di riposizionamento tattico dalle parti della Lega salviniana allo scopo dissimulato di ingravidarla.

Noi non abbiamo alcun dubbio che il serpente fascista abbia depositato, in certi anfratti della coscienza nazionale, le sue uova. Sarebbe stato ben strano, data la potenza che ebbe quel fenomeno, il contrario. Che queste uova possano dischiudersi portando alla luce la sgraziata creatura dipende tuttavia da diversi fattori: dalle circostanze storiche anzitutto, dalla protezione dei pezzi potenti della classi dominanti e dei suoi apparati militari, infine dalla comparsa del soggetto che solo può fecondarle. 



L’avanzata del fascismo fu il risultato della concomitanza di diversi e straordinari fattori: l’agonia dello Stato Liberale, l’isteria nazionalistica, la militarizzazione sociale, l’estrema acutizzazione dei conflitti sociali, l’offensiva del movimento di emancipazione della classe proletaria, il panico della borghesia per l’onda d’urto del bolscevismo, la dappocaggine di socialisti e comunisti. 

Esso non sarebbe mai salito al potere se non lo avessero invocato e prezzolato i settori più reazionari della borghesia, se Corona e vertici militari non glielo avessero consegnato su un piatto d’argento. Ma tutto questo a poco sarebbe servito ove fosse mancata la figura carismatica di Mussolini, che seppe amalgamare quello che sembrava impossibile ridurre a composto: socialismo e liberismo, futurismo e antimodernismo, patriottismo e imperialismo, anticattolicesimo di radice massonica e clericalismo nero, il diavolo e l’Acqua santa.


Chi oggi grida al “fascioleghismo” o addirittura alla “fascistizzazione della società”,






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