12 visite totali, 1 visite odierne

Browse By

NAZIONALIZZARE SI PUÒ, MACRON LO DIMOSTRA di Leonardo Mazzei

12 visite totali, 1 visite odierne
Macron tra i lavoratori dei cantieri STX di S. Nazaire

[ 28 luglio 2017 ]

Non bisogna prendersela con Macron, lui fa gli interessi del suo Paese. Bisogna incazzarsi con gli ascari che governano da decenni l’Italia, che hanno privatizzato tutto e svenduto aziende e settori strategici a multinazionali straniere.


Sprezzanti del senso del ridicolo l’hanno chiamata «nazionalizzazione temporanea». In questo il governo francese non è stato il primo, visto che la stessa formula l’aveva adoperata otto mesi fa Palazzo Chigi per Mps. Quel che è interessante, però, è che nel caso dei cantieri Stx, Parigi ha apertamente rivendicato l’interesse strategico nazionale.

E qui i giornaloni nostrani cadono dal pero. Ma come, ma Macron non era un’europeista a tutto tondo? Il fatto è che il piccolo napoleone (con la enne rigorosamente minuscola, s’intende) non è solo neanche su questo. In quanto a protezionismo anche Berlino infatti non scherza, e la scorsa settimana la Germania ha adottato una normativa che consente al governo di bloccare acquisizioni di società tedesche oltre il 25%, in settori giudicati strategici. La differenza è che la normativa tedesca si riferisce ad acquirenti extra-UE, mentre la decisione francese su Stx colpisce un’azienda di un altro paese dell’Unione come Fincantieri.

I più comici nel rispondere allo schiaffo francese sono stati i ministri Padoan e Calenda, che hanno parlato di “decisione incomprensibile”. Incomprensibile? Forse per loro,

CGT dei cantieri di Sainte-Nazaire

imbevuti come sono dell’ideologia neoliberista, non certo per i comuni cittadini che hanno ben compreso almeno due cose. La prima, che nella mitica Europa ci sono sempre più palesemente due pesi e due misure; più precisamente ci sono i paesi che comandano e quelli che eseguono. La seconda, che le nazionalizzazioni si possono fare eccome.

A mostrare lo squilibrio tra Italia e Francia bastano alcuni dati. Se la Francia ha da ridire sull’acquisto del 66,7% della piccola Stx, che in termini monetari vale la miseria di 80 milioni di euro, a quanto ammontano le acquisizioni francesi nel nostro Paese? E’ presto detto. Negli ultimi vent’anni, da quando cioè oltre che “europei” siamo anche diventati eurizzati, lo shopping francese in Italia è stato pari a 101,5 miliardi (miliardi, non milioni) di euro.

Facciamo solo alcuni esempi, quelli più macroscopici. Nel settore bancario Bnl è interamente posseduta da Bnp Paribas, così come il fondo Pioneer è passato interamente nelle mani di Amundi. Diversi prestigiosi marchi dell’agroalimentare, come Parmalat ed Eridania, sono controllati al 100% da Lactalis e Cristal Union. Poi c’è la grande distribuzione con il ruolo pigliatutto di Carrefour. Per non parlare della moda, dove grandi nomi del made in Italy – come Fendi, Bulgari, Loro Piana, Gucci, Pomellato e molti altri – sono posseduti (dall’80 al 100%) dai due giganti d’oltralpe Lvmh e Kering. Quindi l’energia (e qui arriviamo a settori davvero strategici), dove Edf controlla il 100% di Edison e Suez il 23% di Acea. Poi la logistica con Alstom che ha il 100% di Fiat Ferroviaria. Ed infine le telecomunicazioni, dove Vivendi ha il 28,8% di Mediaset e soprattutto il 23,9% di Telecom (oggi Tim), una percentuale che gli assicura di fatto il controllo dell’azienda.

Un elenco impressionante che non ha bisogno di particolari commenti. Un commento che va invece fatto sull’attuale governo e sull’intera classe politica dell’ultimo quarto di secolo. Costoro, anziché scandalizzarsi di quel Macron che pure, non più tardi di quaranta giorni fa, avevano salutato come il Salvatore d’Europa, farebbero meglio a fare mea culpa sulla loro subalternità – teorica e pratica – all’ideologia mercatista. E’ questa subalternità dell’intera classe dirigente italiana ai dogmi neoliberisti, ed alle oligarchie euriste posizionate lungo l’asse carolingio, il vero cancro da rimuovere.

Inutile dire che il mea culpa dovrebbe estendersi ai loro servitori dei media. I quali hanno fatto tutto il possibile per far credere ai cittadini la panzana del libero mercato. Hanno fatto di tutto per far diventare la parola “nazionalizzazione” una bestemmia, ed ora non sanno come trattare le decisioni farncesi. Ma la storia, pian piano, si vendica e si

vendicherà di questi miserabili. Lo diciamo da tempo: la crisi della globalizzazione, che è per noi benvenuta, conduce inevitabilmente ad una rinazionalizzazione della politica, anche e soprattutto la politica economica. In quale direzione si svilupperà questo processo è da vedersi, ma le scelte di Macron (come pure quelle tedesche) confermano come sia questo il corso delle cose. Prenderne atto, per agire di conseguenza, costruendo cioè un sovranismo democratico e costituzionale, è l’unica risposta all’altezza della situazione.

In ogni caso le decisioni di Macron su Stx una cosa la dicono chiaramente: nazionalizzare si può, basta volerlo. Perché – settore strategico per settore strategico – non porsi allora l’obiettivo di rinazionalizzare intanto le telecomunicazioni e dunque Tim, togliendola così di mano al signor Bolloré?

Di questo bisognerebbe discutere anche in vista delle prossime elezioni politiche, altro che i toni lamentosi degli editorialisti sedotti ed abbandonati dal loro Macron.


Un pensiero su “NAZIONALIZZARE SI PUÒ, MACRON LO DIMOSTRA di Leonardo Mazzei”

  1. Aldo Zanchetta dice:

    Caro Leonardosu questa questione della svendita dei beni dello Stato italiano, cioè di tutti noi, bisognerebbe impostare una campagna documentata e continuativa per far prendere coscienza ai nostri compatrioti (si può usare la parola?)come il nostro paese sia da tempo terra di razzia con la loro indifferenza. Iniziò Prodi con la svendita dell'IRI contro cui si batté, isolato, il repubblicano Pietro Armani, membro del Consiglio di Amministrazione della stessa società. Lo stesso Prodi che, con sorniana abilità, sta cercando di riemergere per qualche ruolo ai massimi livelli nazionali (dove è ancora di fatto ma non in maniera adeguata alle sue ambizioni).In Germania le piccole e medie aziende in difficoltà vengono salvate dalle famose Banche Regionali che entrano nel capitale tout court, banche che il governo tedesco ha sapientemente tenuto fuori dal controllo della BCE.Ricordo di aver letto un paio di anni or sono su Il Sole/24ore che dall'inizio della crisi oltre 400 aziende italiane erano passate in mano germanica, il "sacro romano impEuro", dove il nostro ruolo sarà di essere i maggiordomi e i fattori delle proprietà di campagna per le vacanze della sua nobiltà teutonica, come ha scritto con arguzia e preveggenza un noto giornalista economico inglese di cui al momento mi sfugge il nome). Delle razzie dei "fratelli latini" d'oltralpe il sunto lo hai dato te. Da aggiungere gli angli delle due sponde atlantiche, i giapponesi, i cinesi e i vari emiri, Qatar in testa.Un esempio di svendita recente di un'azienda strategica italiana è quello della Breda di Pistoia, costruttrice di treni per trasporto regionale e locale (linee metropolitane) la cui maggioranza azionaria è finita in mano giapponese. Queste notizie filtranno saltuariamente ma occorrerebbe un bel "libro nero" della svendita a pezzi a prezzi di saldo del nostro paese da parte di politici di ogni parte. Forse potrebbe essere utile:a – a far uscire di scena a furor di popolo i vari responsabili storici ancora vivi e attivi, Prodi in primo luogo, ma anche i vari Amato & C. I nomi sono stati scritti per intero da coraggiosi economisti come il compianto Bruno Amoroso, Giulio Sapelli e altri.b – a arrestare la svendita degli ultimi pezzi dell'argenteria di casac – a far ricostruire, con la grossa liquidità ancora in mano a Cassa Depositi e Prestiti (derivante dal risparmio postale degli italiani) un sistema di imprese strategiche pubbliche che assicurino una solida spina dorsale al sistema industriale italiano. Invece la si sta usando per operazioni di famiglia, per salvare gli amici in difficoltà (vedi il settore farmaceutico del gruppo Marcucci, a te territorialmente vicinissimo).Amoroso e Perrone hanno raccontato un pezzo importante di questa storia nel libro Capitalismo Predatore, ma occorrerebbe che questa venisse scritta e aggiornata per intero. Altre cose le ha scritte Nino Galloni, che forse potrebbe farlo più estesamente ancora. Ma urgerebbe farlo e soprattutto farlo conoscere.Con amiciziaAldo Zanchetta

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *