ALITALIA ALL’ITALIA! OBBIETTIVO 3MILA FIRME IN VISTA
Errare è umano, perseverare è diabolico. In barba ad ogni evidenza il compito che il governo ha affidato ai tre commissari è quello di mettere all’asta Alitalia, nel caso smembrandola per svenderla per quattro soldi. Si tratterebbe di una soluzione suicida e irrazionale.
Con molto meno dei 20 miliardi spesi l’anno scorso per salvare le banche, può essere approntato un piano per rilanciare Alitalia facendone una compagnia solida e competitiva.
Alitalia non è solo l’icona del nostro Paese né un dato numero di aerei che solcano i cieli; è un volano prezioso per un indotto d’avanguardia, un serbatoio straordinario di professionalità e mansioni di altissimo livello, senza le quali un Paese non può pensare di avere un ruolo di punta.
Il nostro Paese ha le risorse finanziarie, le competenze e il know how per tenere in piedi una sana e forte compagnia di bandiera.
Per una volta, siamo d’accordo anche noi.
Facciamo come in Germania dove Lufthansa è diventata la principale compagnia europea anche grazie allo Stato che detenendo il 60% della proprietà ha effettuato investimenti colossali, rifiutando di esternalizzare servizi di manutenzione e attività di assistenza.
Le gravi difficoltà di Alitalia sono dipese in primo luogo dalle scelte dell’Unione Europea la quale, a partire dagli anni ‘90, ha progressivamente disegnato l’attuale assetto oligopolistico del trasporto aereo europeo per cui fin dall’inizio si è previsto che nei cieli europei avrebbero dovuto infine operare tre sole compagnie globali: Air France, British Airwais e, per l’appunto, Lufthansa.
La rinascita di Alitalia non è solo un atto dovuto verso le sue orgogliose maestranze ma è anche un atto necessario per riconsegnare alla comunità nazionale un pezzo strategico di sovranità svenduta da chi ci ha governato negli ultimi 30 anni.
Nazionalizzare Alitalia è infine necessario per mettere una pietra sopra al far west dei cieli e porre un limite alle scorribande di compagnie straniere (non solo low cost) che fanno lauti guadagni sfruttando i lavoratori e depositando i profitti all’estero».
Primi firmatari:
Franco Bartolomei
Ugo Boghetta
Sergio Cesaratto
Luca Massimo Climati
Luigi De Giacomo
Beppe De Santis
Carlo Formenti
Fabio Frati
Dino Greco
Paolo Maddalena
Leonardo Mazzei
Marco Mori
Manuela Palermi
Moreno Pasquinelli
Ferdinando Pastore
Mimmo Porcaro
Bruno Steri
Fabrizio Tringali
Marco Zanni