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LA L€GGE DEL TAGLIONE di Luciano Barra Caracciolo

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[ 1 novembre 2017 ]

L’ULTIMO INTERVENTO DI LUCIANO BARRA CARACCIOLO, CHE DEMOLISCE LA LEGGENDA DELLA “AUSTERITÀ ESPANSIVA” E SVELA IL GIOCO DELLE PARTI TRA ROMA E BRUXELLES SULLA “LEGGE DI BILANCIO”

Poi l’Italia brucia e i viadotti crollano? Accettate virilmente…


1. Tagliare la spesa pubblica, si sa, è segno di virile credibilità di fronte ai mercati e a l’€uropa. D’altra parte, invece, gli investimenti effettuati con spesa pubblica, spesso unificati nella categoria (sempre di spesa pubblica) “misure supply side”, risultano virtuosi. E quando c’è la virtù, come ben sanno gli innamorati, “le dimensioni non contano”.





2. Ma ecco infatti, nel disegno di legge di “stabilità” per il 2018, le rispettive dimensioni dellacr€dibilità rapportate a quelle della virtù:
La manovra —secondo il documento— avrà un impatto positivo sui tassi di crescita del pil in termini di differenziale tra lo scenario programmatico e quello tendenziale ammonta a “0,3 pp in ciascuno degli anni 2018 e 2019”.
Nel dettaglio, ammontano a 3,5 miliardi i tagli della spesa pubblica per il 2018[n.b.: sono tagli strutturali, quindi, a differenza delle “decontribuzioni” e degli “investimenti pubblici” sono 3,5 miliardi trascinati nella loro intera misura per ogni futuro esercizio di bilancio] che andranno a copertura delle misure della Legge di Bilancio.
Altre coperture da ‘entrate aggiuntive‘ allo studio nell’ambito della lotta all’evasione di alcune imposte vengono quantificate in 5,1 miliardi di euro.
Le risorse per la competitività e l’innovazione, che includono anche ledecontribuzioni per i giovani, nel 2018 ammontano a 338 milioni; 2,1 mld nel 2019 e quasi 4 miliardi nel 2020. Gli stanziamenti per lo sviluppo che comprendono le spese per gli investimenti pubblici saranno pari a 300 milioni nel 2018, che passeranno a 1,3 miliardi nel 2019 e a 1,9 miliardi nel 2020. I fondi per la lotta alla povertà, reddito di inclusione sociale incluso dunque, sono 600 milioni nel 2018, 900 milioni nel 2019, 1,2 nel 2020.

«La Commissione aveva risposto al ministro Padoan in modo interlocutorio. Evidentemente, la manovra 2018 non convince neppure se l’obiettivo concordato dovesse essere una riduzione del disavanzo strutturale dello 0,3% del Pil. L’esecutivo comunitario vorrebbe ricevere maggiori precisazioni dal governo entro martedì. La situazione è complicata dal fatto che Bruxelles prevede una significativa deviazione dei conti pubblici anche per quanto riguarda il 2017.In particolare, la Commissione fa notare che «l’aumento previsto della spesa pubblica primaria netta è superiore all’obiettivo di una riduzione di almeno l’1,4%» (stesso problema è notato per il 2017). La lettera di Bruxelles è per certi versi di maniera (una manciata di paesi, tra cui la Francia, ha ricevuto una richiesta di informazioni). Non c’è desiderio di mettere in difficoltà il governo Gentiloni a ridosso del votoInteressante è il riferimento alla spesa legata all’emergenza migranti. Nel chiedere dettagli, Bruxelles sembra pronta a tenerne conto nel calcolare l’obiettivo di riduzione del deficit. Ciò detto, la Commissione deve far rispettare il Patto; chiede manovre precise; e vuole coprirsi le spalle da eventuali critiche di paesi insoddisfatti da ciò che ritengono una eccessiva discrezionalità nell’analisi dei bilanci».


4. In questo simpatico e ormai consueto siparietto, ogni cosa è illuminata dalla condivisa fede incrollabile nell’austerità espansiva: teologia che Stiglitz, quando vuole, demolisce in modo esemplare…probabilmente contando sul fatto —rassicurante— di rimanere inascoltato.

Ciò che distingue il gioco delle parti annuale Italia vs Commissione UE, sono diversi gradi di separatezza dal modello teologico germanico: il fiscal compact che, se realmente non lo si volesse  incorporare nei trattati, tanto varrebbe recederne, come sarebbe possibile in ogni momento, indipentemente dalla perdurante vigenza del (pallido) art.81 Cost..
Tuttavia, quanto a teologia dell’austerità espansiva, le nostre tradizioni non sarebbero seconde a nessuno, come ci riporta Francesco Maimone con annessa analisi di Federico Caffè: Adoratori della deflazione selvaggia e del taglio alla spesa pubblica, da sempre.

5. Ne emerge, da “tempi non sospetti”, una teorizzazione morale, virile e credibile, di rara chiarezza:
Nel III Rapporto della Commissione Economica presentato all’Assemblea Costituente del 18 ottobre 1946 (Problemi monetari e commercio estero – Interrogatori, questionari, monografie), veniva interrogato l’allora ragioniere generale dello Stato, Gaetano Balducci, per chiarire la situazione della tesoreria onde trarre prospettive per il futuro. Anche allora bisognava “sanare” il bilancio dello Stato! 
Baffi chiese a Balducci: “Si potrebbe fare economia in qualche settore? ”. 
La risposta di Balducci fu la seguente:

… Su questo sono un po’ pessimista, perché purtroppo non si riesce a far comprendere tale verità nemmeno agli uomini politici responsabili. Quando un paese si trova nella situazione economica in cui si trova il nostro, tante spese bisogna assolutamente abbandonarle, anche se sono un prodotto della civiltà. Bisogna avere il coraggio di scendere dal livello di civiltà in cui si era. Per esempio (è doloroso dirlo), le spese di assistenza sociale, le spese di istruzione, ecc. non solo vengono tenute al livello di prima, ma anzi si vogliono aumentare, mentre, viceversa, ciò non è possibile…” [Rapporto cit., 108].
Per tale ragione nel 1949 – a Costituzione in vigore – Federico Caffè non poteva che stigmatizzare il mito della “deflazione benefica e risanatrice” che affermava essere alimentato “… dalla corrente più autorevole (o comunque più influente) dei nostri economisti, e pedissequamente ripetuto dai politici, sia pure con la consueta riserva, di carattere del tutto retorico, che esclude una loro adesione «a una politica di deliberata deflazione». In realtà non occorre che uno stato di deflazione si manifesti in quanto deliberatamente voluto dalle autorità politiche; se esso, comunque, si manifesta, una eventuale inazione delle autorità di governo implica una loro grave responsabilità, in quanto la deflazione, non meno e forse ancor più della inflazione, è uno stato patologico che non si sana attraverso l’azione spontanea delle forze di mercato”.
Egli si rendeva conto che in Italia non fossero possibili allora “… alcune forme di manovra del debito pubblico del genere di quelle seguite negli Stati Uniti e nell’Inghilterra in base alla tecnica della finanza funzionale e ai canoni della politica economica «compensatoria». Ma anche gli obiettivi più modesti di una spesa pubblica in funzione anticiclica e di interventi stimolatori molto più blandi… sembrano irraggiungibili di fronte alla visione strettamente contabile e computistica degli organi in parola, ai quali pare ben improbabile fare accogliere un giorno l’idea che possa essere utile talvolta non già far quadrare i bilanci, ma tenerli in squilibrio. Alla fine gli organi agiscono con la testa degli uomini che li dirigono…”.


5.1. E ricordando con “sgomento” le citate parole di Balducci, Caffè proseguiva:

“…Quando si aggiunge che, parlando di spese di istruzione, egli precisa che intende riferirsiaddirittura ai maestri elementari, si può comprendere quale irrimediabile sconforto debba arrecare la consapevolezza che idee simili prevalgano in organi pubblici in posizione strategica agli effetti della manovra della politica economica…  

CHE SENSIBILITÀ DI FRONTE AI PROBLEMI DELLA DISOCCUPAZIONE potrà avere chi ritiene eccessiva la spesa per l’istruzione o per i servizi sociali in Italia? 
Non si tratta di necessaria impopolarità che qualcuno deve anche assumersi. Si può essere impopolari dicendo che certe spese non debbono essere fatte, ma si può esserlo dicendo, invece, che devono essere trovati i mezzi per poter sostenere le spese stesse, ad esempio con una tassazione più incisiva o più perequata.

Nella preferenza accordata a una alternativa anziché all’altra vi è già un concetto di scelta che implica preoccupazioni per certi interessi di gruppo anziché per altri … Alla deflazione pretesa «risanatrice», non meno che all’inflazione, SONO LEGATI INTERESSI PARTICOLARI CHE SI AVVANTAGGIANO DELLA SITUAZIONE CHE NE RISULTA, A DANNO DELLA PARTE PIÙ ESTESA DELLA COLLETTIVITÀ…” [F. CAFFE’, Il mito della deflazione, Cronache sociali, n. 13, 15 luglio 1949].

Quindi, tenetelo a mente: “bisogna avere il coraggio di scendere dal livello di civiltà” in cui eravamo, altro che concorsone con l€uro ed il fiscal compact…”


5.2. Sulla tomba dell’Italia, nella prospettiva dell’imminente decesso voluto (a grandi intese) per la prossima legislatura, scriveranno il seguente epitaffio (e il senso è ovviamente invertito): 
Hic man€bimus optim€

* Fonte: Orizzonte 48

Un pensiero su “LA L€GGE DEL TAGLIONE di Luciano Barra Caracciolo”

  1. Anonimo dice:

    "CHE SENSIBILITÀ DI FRONTE AI PROBLEMI DELLA DISOCCUPAZIONE potrà avere chi ritiene eccessiva la spesa per l’istruzione o per i servizi sociali in Italia?"Ed anche con l'uscita potrebbe non cambiare nulla se avviene, come descritto da Brousseau, nella generale indifferenza. Conclude infatti:"Nel frattempo, milioni di disoccupati saranno stati gettati per la strada da questo progetto fumoso, e interi settori delle economie europee, una volta prosperi, saranno distrutti per sempre."Magari a quel punto potranno anche fare qualche concorsone che risolve il problema di chi lo vince, tutti gli altri si arrangiassero che nulla cambia. Chi ha avuto ha avuto ha avuto, chi ha dato ha dato ha dato.Nel frattempo i rapporti internazionali, pur dietro la solita ipocrisia improntata a pace, democrazia e cordialità andranno gradualmente peggiorando nello stesso modo furtivo.

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