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IL DEBITO PUBBLICO MONDIALE

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[ 17 novembre 2017 ]

Oggi pubblichiamo due tabelle, davvero istruttive.

La prima tabella indica il contributo di ogni nazione al Prodotto interno mondiale, e il peso dei tre principali settori (servizi, industria e agricoltura) al Pil medesimo.

La seconda mostra la composizione del debito pubblico mondiale e la percentuale Paese per Paese.

Vediamo quindi la prima tabella.

Essa non mostra solo il PIL di dozzine di paesi in relazione tra loro in base alle dimensioni, ma divide anche ogni economia nei suoi settori principali: agricoltura, servizi e industria. L’ombra più leggera in ogni Paese corrisponde all’attività economica più primitiva, che è l’agricoltura. L’ombra media è l’industria, e l’ombra più scura corrisponde ai servizi che, come si vede, costituisce una grande parte del PIL delle economie sviluppate. La vogliamo chiamare “terziarizzazione del mondo”?
Per una maggiore chiarezza la visualizzazione ombreggia anche i paesi in base all’appartenenza continentale, ad indicare i relativi contributi economici del Nord America, Europa, Sud America, Asia, Oceania e Africa.

Veniamo ora alla seconda e quanto mai istruttiva tabella (in fondo). 
Abbiamo la composizione, Paese per Paese, del debito pubblico mondiale (nota bene: i debiti del settore privato sono esclusi). 
A quanto ammonti il debito pubblico mondiale (dati Fmi 2016) è presto detto: 63 trilioni (63mila miliardi) di dollari.

Il Rating di Standard & Poors

Cosa scopriamo? Che gli Stati Uniti detengono, da soli,  il 31,8% del debito pubblico mondiale.
Gli Stati Uniti (non solo Giappone e Italia) rappresentano, oltre tutto, un caso esemplare di aumento del debito. Gli USA non registrano un surplus di bilancio dal 2001. Allora il debito federale era di 6,9 trilioni di dollari (il 54% del PIL). Da allora esso è aumentato di quasi tre volte, salendo a circa 20 trilioni di dollari (107% del PIL), che è pari al 31,8% del debito sovrano mondiale nominalmente.

Viene da sola la domanda: come mai il debito pubblico americano (e quello giapponese) non sono considerati problematici (vedi grafico sul rating di Standard & Poors) mentre quello italiano (che rappresenta solo il 3,9% di quello mondiale) lo sarebbe? Forse che la cosa ha a che fare con i Trattati europei ed il loro impianto ordoliberista? Forse che ciò dipende dall’euro, ovvero dal fatto che l’Italia ha ceduto la sua sovranità monetaria?


La fonte delle Tabelle è Visual Capitalist

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