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VERSO LE ELEZIONI SCHEDA 9: IL PARTITO DEMOCRATICO

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[ 17 febbraio 2018]
Continuiamo la serie di schede sui programmi dei diversi partiti, movimenti e liste elettorali in merito a Unione europea ed euro. Oggi parliamo del Partito democratico.

Ricordiamo le schede precedenti:
SCHEDA 1: PER UNA SINISTRA RIVOLUZIONARIA
SCHEDA 2: PARTITO COMUNISTA
SCHEDA 3: L’ALTRA EUROPA CON TSIPRAS
SCHEDA 4: POTERE AL POPOLO
SCHEDA 5: LIBERI E UGUALI
SCHEDA 6: MOVIMENTO 5 STELLE
SCHEDA 7: LISTA DEL POPOLO
SCHEDA 8: LA LEGA

Pd, il partito del “più Europa”
Finiti i tempi delle marachelle ai vertici Ue, dismessi i panni del “battipugnista” alla ricerca di flessibilità nei conti, Matteo Renzi si è ormai piegato del tutto ai desideri dell’oligarchia eurista. Così facendo, il Pd è tornato ad essere a tutti gli effetti il partito del “più Europa”, quello che non a caso ha accolto nella sua mini-coalizione le belve del più sanguinario dei liberismi euristi, oggi raccoltesi a sostegno della lista della solita Emma Bonino.
Come si traduce nel programma elettorale del 4 marzo questo ritorno alle origini, che certo non gli farà guadagnare consensi, ma è pur sempre il prezzo da pagare per avere l’appoggio dei media di lorsignori?
Il programma del Pd ha due versioni, una più estesa, un’altra sintetizzata per punti a scopo propagandistico.
Partiamo da quest’ultima, che è poi quella che verrà venduta in pillole agli italiani.
Interessante l’elenco degli obiettivi raggiunti, nel quale il Pd si vanta del «rispetto delle regole europee», anche se solo grazie alla «flessibilità», di aver «stabilizzato il rapporto debito/PIL dopo anni di crescita selvaggia», ed addirittura di aver  «recepito in Italia le direttive volute da chi ci ha preceduto sull’Unione Bancaria».
Ancora più interessanti e chiarificatori gli obiettivi che il Pd indica per il futuro.
Fondamentalmente essi sono due. Uno di carattere finanziario: la riduzione del rapporto debito/pil al 100% in 10 anni. L’altro eminentemente politico: la costruzione degli Stati Uniti d’Europa.
Ma vediamo meglio.
Sul debito i piddini scrivono di volerlo ridurre «gradualmente portando nei prossimi dieci anni il rapporto debito/PIL dal 132% al 100%». Vedremo di seguito come questo concetto della “gradualità” (mentre in realtà si tratta dell’applicazione pura e semplice del fiscal compact) sia truffaldino assai, ma proprio per questo gli estensori del programma cercano di indorare la pillola già nella premessa. Ecco cosa scrivono:

«Fermo restando l’impegno a una graduale e costante riduzione del debito al livello del 100% del Pil in 10 anni, nell’attuale quadro macroeconomico la diminuzione del deficit nominale avverrà a un ritmo più lento rispetto ai vincoli troppo stretti sui quali sono calcolati gli attuali obiettivi programmatici di finanza pubblica, permettendoci di liberare risorse per la crescita».

Che dire? Chiacchiere in libertà, laddove ciò che conta è solo l’impegno alla gigantesca riduzione del debito, equivalente a 540 miliardi di euro. Evidentemente 540 miliardi di sacrifici per il popolo lavoratore. Ma siccome come venditori di pentole non vogliono essere secondi a Berlusconi, i piddini ci vorrebbero far credere che questa gigantesca operazione finanziaria si possa fare tornando alla regola del 3% nel rapporto deficit/pil (oggi è al 2,1%).
Questa è solo una scheda e non è il caso di dilungarsi coi numeri, ma qui proprio i conti non tornano. Il programma dice di attendersi una crescita “realistica”, si fa capire attorno all’1,5%, ed un’inflazione riportata dalla Bce attorno al 2%. In realtà nessuno può scommettere su una crescita dell’1,5% annuo nel prossimo decennio, ed in quanto all’inflazione siamo ancora sotto l’1%. Ma anche ammettendo che questi obiettivi vengano entrambi raggiunti, la riduzione di 3,2 punti annui di debito  richiederebbe comunque un sostanziale pareggio di bilancio, altro che soglia del 3%! Ed a causa del peso degli interessi, il pareggio di bilancio equivale all’incirca ad un avanzo primario del 4% (circa 70 miliardi)! Altro che «liberare risorse per la crescita»!
Insomma, in quanto a disonestà intellettuale i piddini non hanno rivali. Ma questa non è una novità. L’unica cosa certa del loro argomentare è la garanzia che hanno inteso dare all’oligarchia finanziaria dominante ed alla tecnocrazia eurista di Bruxelles che ne è l’inscindibile gemello siamese che l’accompagna.
Ma è sul piano politico che il giuramento d’eterna sottomissione è ancor più impressionante.
Se nel programma sintetico il Pd propone queste «nuove regole per Europa politica: seggi transnazionali, EuroBond, Ministro finanze europeo, Elezione diretta del presidente della Commissione», è nella versione più estesa che il partito di Renzi getta del tutto la maschera.
Giusto per non lasciare dubbi il titolo del capitolo (pag. 23) è «PIU’ EUROPA». Un capitolo magari non sorprendente, ma comunque illuminante, del quale consigliamo vivamente la lettura integrale. Qui dobbiamo invece limitarci ad alcune citazioni.
Premesso che dei problemi connessi all’euro proprio non si parla, e questo già la dice lunga, ecco come il discorso sull’Europa viene introdotto:

«Per il Partito Democratico l’Europa è l’orizzonte naturale in cui si giocano tutte le partite più importanti della contemporaneità. Senza Europa le nostre vite sarebbero peggiori, avremmo meno benessere economico e sociale. Ma c’è ancora molto da fare se vogliamo che l’Europa assomigli di più all’ideale che ci ha permesso di costruirla. La nostra Europa è quella di Ventotene, dove il sogno europeista venne rilanciato nel momento più buio della nostra storia. È l’Europa di Maastricht e degli sforzi fatti per arrivare alla moneta unica. Ed è l’Europa di Lisbona, una forza che prova a farsi Unione politica e dell’innovazione». (il grassetto è nel testo)

L’obiettivo degli Stati Uniti d’Europa, già implicito nei punti già citati del programma sintetico, diventa qui esplicito. Significativo questo passaggio:

«Potremmo anche unificare già ora, sempre senza modificare i trattati, le cariche di presidente della Commissione e di presidente del Consiglio europeo. In prospettiva poi, modificando i trattati, la nostra proposta è che gli europei possano eleggere direttamente un Presidente unico della UE, evitando l’attuale frammentazione istituzionale e fornendo finalmente l’Unione di una figura di vertice immediatamente riconoscibile e responsabile». (anche qui il grassetto è nel testo)

Tutto si può dire ma non che non sia chiaro. Il Pd si riafferma come il partito eurista per eccellenza. L’alleanza con la Bonino non è venuta per caso. Il suo modello è quello federalista e presidenziale amato dai neoliberisti più sfegatati. Una ragione in più per augurarci la disfatta elettorale del partito di Renzi.

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