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COSA FAREI AL POSTO LORO di Stefano Fassina

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[ 18 settembre 2018 ]


Pubblichiamo l’intervista pubblicata oggi dal sussidiario.net a Stefano Fassina

* *  *


D. Nella cena a casa di Calenda si sarebbe detto qualcosa di sinistra?
R. Non credo. Mi pare che nel Pd non vi sia alcuna consapevolezza del passaggio di fase che stiamo attraversando. 
D. Proseguono le iscrizioni al fronte popolare antisovranista. Ora è arrivato anche Asselborn: le destre vanno fermate. E’ d’accordo?
R. No, perché è una linea che spalanca ulteriori praterie a quelli che vengono definiti populisti e sovranisti, termine che io preferisco non usare perché fuorviante.

LA STAMPA sulla riunione del Consiglio dei ministri svoltosi ieri


D. Chi sono gli erroneamente definiti “sovranisti”?
R. Sono coloro che oggi intercettano l’enorme sofferenza economica e sociale determinata dalle scelte che sono state fatte, nell’ultimo quarto di secolo, proprio da coloro che oggi si vogliono unire in fronte europeista, fronte repubblicano, progressista, civico e via dicendo. 
D. Di chi è la colpa?
R. Della sinistra storica, e vi metto tutti i partiti della famiglia socialista europea. Questa sinistra è stata corresponsabile, attraverso il mercato unico, l’euro e l’allargamento ad Est, di un ordine economico e sociale che ha colpito non solo gli interessi dei lavoratori, quegli interessi sociali che la sinistra storicamente avrebbe dovuto rappresentare e difendere, ma anche la classe media. 
D. E oggi?
R. In questo quadro, costruire un fronte che ha come unico elemento distintivo l’argine contro i presunti fascismi, senza la minima autocritica e una discontinuità politica rispetto all’Ue e all’eurozona, vuol dire aprire ulteriori spazi per l’affermazione delle forze che si vorrebbero contrastare.
D. Lei ha scritto che senza Stato nazionale non c’è Costituzione. La sua associazione si chiama Patria e Costituzione. Lei è di sinistra, che cosa le interessa di più? Salvaguardare la Costituzione o combattere la diseguaglianza?
R. Dopo il ’68 è diventata prevalente a sinistra una cultura politica che ha assolutizzato il senso negativo di nazione, patria e Stato come fattori regressivi, autoritari e tendenzialmente fascisti. Questa interpretazione di fatto ha assecondato il liberismo, perché ha accompagnato e quasi sostenuto lo smantellamento dello Stato che invece è condizione necessaria per dare attuazione ai principi della Costituzione e contrastare le diseguaglianze. L’articolo 52 dice che la difesa della patria è sacro dovere del cittadino. Nel 1945, quando ancora la memoria della patria fascista era molto viva, Togliatti scrisse su Rinascita che i comunisti erano patrioti e internazionalisti — in opposizione ai cosiddetti cosmopoliti — e l’essere patrioti era la condizione per poter difendere il lavoro.
D. E dopo?
R. Dopo si è ceduto all’offensiva degli interessi più forti, perché i trattati europei hanno come cardine la stabilità dei prezzi e la concorrenza e contraddicono radicalmente i nostri principi costituzionali, che non sono affatto quelli dello “Stato minimo” verso il quale siamo scivolati a livello europeo con il pesante ridimensionamento degli strumenti di regolazione politica dell’economia.
D. M5s e soprattutto la Lega lo scorso 4 marzo hanno vinto opponendosi all’Europa del vincolo esterno e dei trattati. Ora continuano a ripetere che la legge di bilancio rispetterà i parametri europei. Che cosa è successo al governo?
D. Il principio di realtà si è imposto sui discorsi della campagna elettorale. Quasi nessuno se n’è accorto, ma la maggioranza M5s-Lega ha approvato la risoluzione al Def nel giugno scorso, mettendo nero su bianco in via ufficiale l’impegno a rispettare gli obiettivi del Fiscal compact. Sarà un caso, ma è avvenuto proprio quando Salvini annunciava il censimento dei rom.
D. Come giudica gli ultimi movimenti della politica europea, in particolare le aperture del Ppe a Orbán e attraverso di lui a Salvini?
R. E’ il tentativo da parte degli interessi più forti, rappresentati dal Ppe, di rimanere al centro del gioco, scartando i socialisti, ormai spompati e dissanguati da 25 anni di subalternità al neoliberismo, e costruendo un ponte con i populisti/sovranisti.
D. Uno scambio di potere…
R. Certo. E in cambio del sostegno alla conservazione, si dà ai “sovranisti” un po’ di margine di manovra. Un gioco politico di consolidamento e di continuità nella tutela degli interessi che hanno dominato in questi anni. 
D. Lo scenario?
Salvini e Orbán sosterranno il candidato della Cdu (Weber, ndr) alla presidenza della Commissione, ottenendo in cambio una Europa-fortezza. I paesi più in difficoltà avranno un margine di manovra, naturalmente limitato, ma l’impianto europeo resterà inalterato. Soprattutto continuerà ad essere contro il lavoro e la giustizia sociale.
D. A cosa va la sua preferenza? Alla flat tax o al reddito di cittadinanza? 
A nessuno dei due perché sono due facce della stessa medaglia, la rinuncia a un intervento della politica che promuove la piena e buona occupazione. Una politica da Stato minimo, che “lascia fare” (flat tax) e dà un obolo di assistenza (rdc) per tenere a bada la sofferenza sociale.
R. Cosa farebbe al posto di Salvini e Di Maio? Quale sarebbe il suo provvedimento-simbolo?
D. Un programma triennale, anche sconfinando in modo determinato dai vincoli del Fiscal compact, per infrastrutture pubbliche e mesa in sicurezza del territorio. Consentirebbe di sostenere la domanda interna e dare lavoro a tante piccole e microimprese che in questa Europa mercantilista sono soffocate. Un’idea non molto diversa dal punto centrale del piano Savona.
D. Lei ha invitato tutte le forze presenti in parlamento a sostenerlo. Compresi M5s e Lega, vien da dire. Perché?
R. Farlo proprio è nell’interesse di tutti perché suggerisce una cornice minima fondamentale entro la quale il paese può ancora salvarsi. Se invece ci adattiamo a un quadro soffocante, esso soffocherà chiunque si troverà al governo.

3 pensieri su “COSA FAREI AL POSTO LORO di Stefano Fassina”

  1. Anonimo dice:

    "infrastrutture pubbliche e mesa in sicurezza del territorio. Consentirebbe di sostenere la domanda interna e dare lavoro a tante piccole e microimprese"Mi sarei aspettato che almeno avanzasse la sua proposta di "lavoro di cittadinanza". Invece parla di piccole e microimprese, giusto ma parziale se non nomina direttamente il lavoro.Il piano di infrastrutture pubbliche non da certo garanzie che tutti siano occupati ma anzi è un altra maniera "per tenere a bada la sofferenza sociale" portando l'asticella un po' più in basso.Giovanni

  2. Rodolfo dice:

    Caro Giovanni,hai ragione da vendere. Se ne dovrà parlare con Fassina, ma qui contano il contesto, e lo spirito.Siamo in un tale casino che non è facile trovare la quadra per unire le forze buone della sinistra per, come dice P01, "avere la terza gamba del campo populista". ma penso si debba tentare, altrimenti non si conta niente.Insomma, non basta identificare il nemico principale, occorre identificare anche gli amici veri ed anche solo i "compagni di strada".

  3. Anonimo dice:

    Capisco che si debba provare a formare la terza gamba del campo populista, però almeno qualche punto che costituisca il tratto identitario irrinunciabile dei socialisti deve esserci.Così come per M5S è il RdC per i socialisti deve essere il carattere universale del provvedimento. Poi magari non si sarà d'accordo sul tipo di provvedimento ma certamente non sulla sua universalità. Almeno su questo a sinistra non dovrebbero esserci dubbi, al più potrebbero esserci disaccordo con la parte di destra ma non dentro la sinistra. Se si comincia a cedere ora, qualora la battaglia dovesse entrar nel vivo cosa si farà? La battaglia per la manovra è ancora infuocata e la non rinuncia al RdC è proprio il punto cruciale irrinunciabile per M5S (Mazzei stesso aveva suggerito che è meglio se la rottura avviene proprio su questo punto che sulla flat-tax).Fassina invece sembra essersi piegato preventivamente, perché deve tatticamente trovare degli appigli col piano di Savona, lo dice lui stesso. Oggi pure Zoccarato rilancia l'articolo ignorando questo "dettaglio", il piano di lavoro da "garantito" diventa "quasi garantito" in un soffio.Giovanni

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