IL PANE E LE BRIOCHE di M. Micaela Bartolucci
817 total views, 2 views today
[ 12 dicembre 2018 ]
Reddito di cittadinanza e giornalismo cialtronesco
Quando gli pseudo intellettuali ed i parolai progressisti, non progrediti, si esprimono sul Reddito di cittadinanza, il risultato è sconcertante, ovvero: ho letto cose che voi, che siete ancora umani, non potete neanche immaginare, altro che navi da combattimento in fiamme a largo dei bastioni di Orione.
Per caso mi sono imbattuta in un tweet che condivideva, certamente per distrazione, un bizzarro articolo pubblicato due mesi fa da un noto quotidiano; non citerò né l’autore dell’articolo, né il nome del giornale, per non dare visibilità a pleonastici commentatori che pensano che digitare scempiaggini significhi essere giornalisti, che fanno errori d’ortografia da prima elementare, che non si informano prima di scrivere e che, sostanzialmente, traggono dignità non dall’immondizia che scrivono ma dal fatto che, incautamente o superficialmente, qualcuno di autorevole li citi, fornendo loro, quasi di riflesso, una dignità intellettuale.
“per fare un viaggio e migliorare una lingua straniera, o andare a curarsi in un altro paese della Comunità Europea”.
Vi risparmio altre amene facezie, scritte ad mentulam canis, perché sono solo l’epifenomeno di un vuoto pneumatico di pensiero, espresso da chi deve accattonare visibilità raffazzonando qualcosa da scrivere per tirare avanti: forse, se chi ha scritto, avesse il Reddito di cittadinanza, userebbe il suo tempo diversamente e ci solleverebbe dal dover leggere le sue patetiche elucubrazioni critiche.
Chiarisco subito: il Reddito di cittadinanza, così come concepito nel DEF, certamente non è perfetto, sicuramente è migliorabile ma, incontestabilmente, è un passo avanti rispetto, non solo al niente, ma anche al Reddito di inclusione progettato dal governo Gentiloni.
Citando un noto politico, mai mi sarei immaginata di farlo, direi che “ci sono due modi di non capire: non capire aspettando di capire e non capire rompendo i coglioni”. Trovo quest’ultimo modo perfettamente inutile e finanche dannoso. Aspettiamo che questo fantomatico provvedimento diventi legge, aspettiamo un lasso di tempo sufficiente a vederne gli effetti, non solo i potenziali benefici economici ma, soprattutto, i benefici psicofisici di poter respirare senza elemosinare, poi potremmo giudicare e criticare. Farlo aprioristicamente, per punto preso, è partecipare al divide et impera tanto caro al non pensiero dominante, equivale a tagliare la testa, solo per mero pregiudizio ideologico, a qualsiasi iniziativa presa da questo governo.
Sono d’accordo con il bellissimo slogan sessantottino “siamo realisti, chiediamo l’impossibile”, sono d’accordo sull’irriformabilità del capitalismo, sono d’accordo sul non accontentarsi delle briciole perché non siamo criceti, sono d’accordo su tutte queste accezioni ma, più impellente mi sembra, al di là della magnifica teoria, dare la possibilità di ricostruirsi o semplicemente di vivere a chi non ce la fa, per diverse ragioni, a chi è preda di sconforto, a chi deve scegliere se mangiare a pranzo o a cena, a chi non può crescere i propri figli. Il resto sono inutili chiacchiere a vuoto, masturbazioni celebrali. Gli sprechi? I furbi? Certo non mancheranno ma togliere il diritto a chi ne ha bisogno, per paura degli abusi, è utile come andare a tartufi con un gatto. La propaganda ideologica di questi signori del nulla, capaci solo di criticare utilizzando pregiudizi ideologici deboli, rozzi ed asfittici come le loro insipide argomentazioni, dovrebbe far riflettere sulla distanza siderale che intercorre tra loro ed il “deplorevole” popolo a cui certe misure servono davvero.
Il Reddito di cittadinanza e le misure in discussione si articolano in modo piuttosto complesso, per affrontare seriamente un dibattito costruttivo occorre studiare attentamente il testo, lo propongo, in allegato, così come è stato originariamente concepito; è chiaro che sarà discusso, quindi, certamente, emendato e modificato, ma questa è la base da cui partire per discuterne o, semplicemente, parlarne. Astenersi perditempo.
Ciò che purtroppo vi è in comune tra la proposta del reddito di cittadinanza o la “cosa” alla quale si sta dando vita che più precisamente dovrebbe essere definita un’elemosina sociale di stato da elargire a coloro che sono sotto la soglia di povertà (con tutta una serie di vincoli e limitazioni per poterne usufruire) risiede nel fatto che in entrambe, pur con sfumature e forme diverse, si persevera nell’errore atavico compiuto dai riformisti nel ritenere sempre perseguibile il concetto che sia “meglio poco che niente” e, nascondendosi dietro un finto ma comodo pragmatismo, spacciare sempre come perseguibile e giusto il presupposto che sia meglio l’uovo oggi che la gallina domani, che sia meglio accantonare la rivendicazione del diritto di vivere dignitosamente in cambio di essere subito aiutati a sopravvivere. Ed è proprio in questa logica che si inserisce sia il reddito di cittadinanza o la “cosa” che si sta realizzando. Come dicevo una logica vecchia che molti anni fa ha già condotto il movimento operaio e il sindacato a percorrere, in modo colpevole perché voluto, questa via che lo ha condotto alla sua disgregazione e al suo declino. Questo è accaduto quando i “padroni” (non lo dimenticate) in presenza di grandi e dure lotte operaie e di un crescente scontro di classe, lanciarono l’ipotesi della partecipazione dello Stato come arbitro e garante dello scontro sociale e occupazionale tra loro e lavoratori inventando la cassa integrazione, cavallo di troia che il padronato stava infiltrando all’interno del mondo del lavoro per dividerlo e distruggerlo. Ricordo i soloni, gli intellettuali, i dirigenti sindacali e di partito di area di sinistra che andavano nelle fabbriche e nei media a spiegare, a chi si opponeva, (giustamente come poi la storia ha dimostrato) all’utilizzo di questo pericoloso e inappropriato strumento per determinare l’esito e la conclusione di una vertenza sindacale, che era meglio per il lavoratore che rischiava il licenziamento andare in cassa integrazione o essere licenziato e buttato fuori dall’azienda? Quindi chi era contrario a questa evidenza non era né degno né preparato per poter rappresentare le esigenze dei lavoratori perciò da sconfiggere e abbattere. A tutto questo si controreplicava che il mondo del lavoro, nella sua storia, era progredito e si era emancipato sotto la scure e proprio per la presenza della scure del rischio del licenziamento anche se ripugnante era risultato il cemento che fino a quel momento aveva determinato la crescita e la forza del sindacato voluto e realizzato da Giuseppe Divittorio. Come è finita lo si sa. Noi perdemmo questa battaglia e tutto il mondo del lavoro e la sinistra festeggiò la “conquista” della cassa integrazione. Ma il tempo è galantuomo e tutto quello che avevamo previsto e preannunciato si è poi realizzato. I lavoratori, in presenza di una crisi (vera o falsa) dell’azienda, non lottarono più con il coltello tra i denti in difesa dell’azienda e del posto di lavoro, ma per ottenere la cassa integrazione. Questo tantopiù se chi ci andava era in possesso di una professione o mestiere spendibile anche al di fuori della fabbrica, così sempre più si aprì un divario, uno iato e uno scollegamento tra chi era rimasto in azienda e chi era stato messo fuori lacerando di fatto quel cordone ombelicale di classe che era stato il cemento con il quale erano state costruite e realizzate le conquiste del mondo del lavoro. Il reddito di cittadinanza o quello che ne verrà fuori, è il nuovo cavallo di troia che il padronato cosmopolita, tramite e per mezzo dell’annosa scusa (meglio poco che niente-meglio precario che disoccupato) vuole e sta infiltrando dentro il mondo economico-sociale per definitivamente disorientarlo e distruggerlo come è già riuscito a fare nei confronti del mondo del lavoro. E’ vero ci sono due modi di non capire, non capire aspettando di capire e non capire rompendo i coglioni ma il vero problema può risultare non essere il capire ma il non voler comprendere ma voler comunque rompere i coglioni.pasquino55
È sempre un piacere leggere i tuoi interventi,condivido anche le virgole,brava,null'altro da aggiungere,impeccabile,come sempre nella sintassi, esercizio del resto troppo obsoleto e "accademico" per sinistrati con il ditino perennemente sollevato ad additare ogni "nefandezza"(sic) di questo governo "fascio/leghista",reazionario e razzista(sic),cosa che mette quasi la voglia di gridargli:,così "democratica e antifascista",vero?;una bella cura a base di tagli democratici e antifascisti e poi ancora tagli a quel poco che resta di pubblica utilità per le masse,un bel programmino di sinistra e rivoluzionario,vero?Luciano
Pasquino 55, rompa pure, è un piacere. Non condivido tutte le sue posizioni, alcune ormai surreali, ma continuerò a scrivere affinché lei possa esprimerle. M.Micaela Bartolucci
Ahahahaha. Luciano che ironia!"una bella cura a base di tagli democratici e antifascisti e poi ancora tagli a quel poco che resta di pubblica utilità per le masse,un bel programmino di sinistra e rivoluzionario,vero?" Ci ha pensato la tua sinistra al governo negli anni passati.Il governo "fascio-leghista" inverte la rotta. Hai effettivamente ragione, è tutto al contrario!
Nel mio commento è saltato un passaggio chiave che doveva dare un senso compiuto al discorso,ironico, certo, ma che definisce bene le invettive dei sinistrati senza macchia verso un governo che considerano il "più a destra della storia"(sic),Monti,D'Alema,Ciampi e poi ancora Veltroni,Prodi assieme al gruppo dirigente dei "desistenti"di Rifondazione erano da ascrivere fra gli amici dei lavoratori vero?; ad ogni buon conto auguravo loro e a chi discetta ancora, in una fase come questa, di lotta al governo fascio/leghista,un bel governino guidato dalla loro amata Troika a base di tagli,tagli e poi ancora tagli e se lo meriterebbero se non fosse che costituirebbe per TUTTI MA PROPRIO TUTTI,nessuno escluso, la morte certa e definitiva di un paese con la più bella e avanzata Costituzione del mondo anche se, dirlo a loro, è esercizio inutile.