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LOTTARE CONTRO LE TASSE È DI DESTRA?

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[ 17 dicembre 2018 ]

«Alcuni pensano [a sinistra quasi tutti, Ndr] che quando sorge un movimento contro una tassa (uno strumento che dovrebbe essere redistributivo, almeno in teoria) piuttosto che per l’aumento dei salari (in senso lato, inclusa la sicurezza sociale), ci troviamo davanti ad un movimento di destra. La realtà è molto diversa: molti movimenti rivoluzionari sono scoppiati perché il peso delle tasse considerate ingiuste era diventato insopportabile per la maggioranza delle persone.

L’inizio della rivoluzione francese fu segnato dal rifiuto della politica fiscale della monarchia ingiusta. La maggior parte della popolazione era soggetta ad un enorme carico fiscale totalmente ingiusta poiché la nobiltà e il clero non pagavano le tasse. Perché la monarchia aumentò le tasse? Per ripagare il debito pubblico preso in prestito dalla borghesia, debito pubblico che serviva gli interessi del regime senza tenere conto dei bisogni della popolazione.


Uno dei fattori scatenanti della rivoluzione di Liegi del 1789 fu la tassa sulla birra, che fu la goccia che fece traboccare il vaso. Anche lì, la gente non accettava più che il clero e la nobiltà fossero esentati dal pagamento della tassa e denunciò il fatto che il 25% del bilancio del principato di Liegi andava al rimborso di un debito pubblico illegittimo.


La prima rivoluzione russa del 1905 fu in particolare causata dalle tasse ingiuste utilizzate per finanziare il rimborso del debito pubblico, che era aumentato a seguito delle guerre in cui era ficcato il potere zarista. Prima degli arresti da parte della polizia dello Zar, la guida del movimento rivoluzionario, i consigli degli operai, dei contadini e dei soldati nella capitale di San Pietroburgo annunciarono che era necessario smettere di rimborsare il debito contratto dal regime.


L’imposizione della Poll-Tax imposta da Margaret Thatcher nel 1989 in Gran Bretagna  provocò un movimento di resistenza popolare molto ampio perché quella tassa sulle abitazioni colpiva ingiustamente la popolazione. Ciò causò rivolte in diverse parti del paese e portò alla caduta della Signora di ferro.

“La force est avec nous!”



Nel 2018 il movimento dei Gilet gialli 
che si sta sviluppando, tra l’altro, in Francia, nella sua colonia nell’isola di Reunion e in Belgio (principalmente Vallonia e Bruxelles) è l’espressione di un profondo odio contro la palese ingiustizia delle politiche dei governanti: gran parte della popolazione ha visto diminuire il suo reddito, è vittima del declino della qualità dei servizi pubblici e sta avendo sempre più difficoltà a far fronte al costo di vita. La maggioranza di coloro che sono coinvolti in questo movimento non sono organizzati in partiti e sindacati. I Gilet gialli denunciano tasse, stipendi e pensioni di povertà ingiuste, richiedono un aumento del salario minimo e del potere d’acquisto. Molto spesso appare la rivendicazione del restauro in Francia della patrimoniale.
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L’élite macroniana spiega che dobbiamo accettare l’aumento del costo dei carburanti per contribuire alla lotta contro il cambiamento climatico e rimborsare il debito. Questo discorso non passa, non convince. Perché? Perché la stragrande maggioranza dei cittadini è pienamente consapevole che il governo non combatte efficacemente contro il cambiamento climatico: nessuna tassa sul cherosene, nessuna tassa sui profitti delle compagnie petrolifere multinazionali, nessuna alternativa all’auto ma al contrario meno treni e un aumento dei prezzi dei biglietti, ecc. Inoltre, mentre il governo riduce il potere d’acquisto di quelli che stanno in basso, moltiplica i doni per le società più ricche e grandi.

Sempre più cittadini si stanno rendendo conto che il governo sta perseguendo una politica totalmente ingiusta e quindi illegittima. Escono per le strade per esprimere ad alta voce le loro richieste.


Come nel processo rivoluzionario del 1789, vediamo emergere una dinamica di elaborazione collettiva e spontanea di cahiers de doléances, questo significa che le affermazioni e le proposte che irrompono attraverso le “reti sociali” e che sono oggetto di discussione tra persone che ieri non si conoscevano e che ora si ritrovano a picchettare per bloccare o filtrare il traffico su strade e davanti a porti, depositi industriali, “torri di finanza”. Vogliono essere ascoltati e ne discutono. Per molti, questa è la prima volta nella loro vita in cui hanno iniziato a praticare la politica “sul campo”, per imparare come auto-organizzarsi, per affrontare la repressione, capendo che i principali media e le élite di regime praticano sistematica disinformazione.


Alcune manifestazioni prendono forme violente, proprio come nelle grandi esplosioni sociali che segnano la storia dell’umanità».

LA FRANCIA CHIAMA, L’ITALIA RISPONDE


* Questa che avete letto qui sopra è la prima parte dell’articolo di Eric Toussaint apparso sull’edizione del 5 dicembre di CADTM: «Gilets jaunes : apprendre de l’histoire et agir dans le présent. Des propositions à ceux et celles qui luttent». 
Leggi il resto dell’articolo

** Traduzione a cura di SOLLEVAZIONE

Un pensiero su “LOTTARE CONTRO LE TASSE È DI DESTRA?”

  1. Anonimo dice:

    LOTTARE CONTRO LE TASSE È DI DESTRA? Lottore contro le tasse ingiuste no. lottare contro le tasse giuste, e la giusta progressività fiscale, sì, secondo me è decisamente di destra… di destra almeno quanto lo è stato M Friedman, cioè moltoAntoB

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