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POTERE AL POPOLO E IL “PIANO B” CHE NON C’È di Leonardo Mazzei

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[ 29 dicembre 2018 ]

A sinistra si discute delle elezioni europee, ed è normale. Meno “normale”, anche se assolutamente abituale, è il come se ne discute. Quel che pensiamo dell’operazione De Magistris, della sua lista  della sinistra europeista, l’abbiamo già scritto. Mentre un’idea su chi la sostiene, ogni lettore può farsela leggendo questo documento della Direzione del Prc, dove il passaggio più qualificante è la richiesta di “ricandidatura della compagna Eleonora Forenza“… Niente di male, ognuno ha le sue priorità.
Qui vogliamo invece occuparci di un’altra parte della sinistra, quella che si è appena separata da Rifondazione: Potere al popolo (Pap).


Parlando della riunione del Coordinamento nazionale di Pap, ne scrive su Contropiano Sergio Cararo. Riferendosi alle recenti vicende della Legge di bilancio, il suo editoriale sottolinea giustamente la necessità di un “Piano B” nel confronto con l’Ue, ma la formula utilizzata per descriverlo – la previsione della «rottura, anche unilaterale, con i Trattati europei» – è come sempre fumosa. Se si rompono i Trattati si esce dall’Ue ed a maggior ragione dall’euro. La verità è che un Piano B o include espressamente questa scelta o non è un vero Piano B. 


Fin qui, comunque, nulla di nuovo. Il punto è che al solito pasticciaccio di chi vede il problema ma ha paura ad affrontarlo per l’irrisolto tabù della questione nazionale, si aggiunge un’analisi della fase irrealistica assai. Non solo si dà un giudizio tranchant sul governo italiano, che avrebbe semplicemente “capitolato” al pari di Tsipras, ma per Cararo questa valutazione si inserisce in un quadro europeo dove: «la contrapposizione tra europeisti liberalprogressisti ed europeisti della destra nazionalista è del tutto ingannevole».

Chiaro che, così ragionando, si considera ormai chiusa la vicenda populista, che si vorrebbe in tal modo archiviare come un momentaneo accidente, una parentesi mai davvero compresa (e questo è il fatto), nel normale scorrere delle vicende politiche e sociali, italiane e del continente. E’ questo un tipico caso di wishful thinking, o “Pensiero illusorio“, che unisce non a caso i commentatori mainstream a tanti esponenti della sinistra.
Ma che c’entra tutto ciò con l’approccio di Pap alle elezioni europee? C’entra eccome, dato che il report della riunione di Potere al popolo, muove – peraltro amplificandole – dalle stesse identiche premesse. Più esattamente dalle stesse identiche illusioni. Secondo il coordinamento di Pap: «la stessa incapacità del governo di risolvere i problemi degli italiani e di far ripartire il paese, lascia aperto uno spazio politico enorme». Di più, siccome il governo fa schifo, ma l’opposizione pure, Pap scrive alla lettera che si tratta di due “buone notizie“. Da qui l’idea di verdi praterie da conquistare, annunciata con un solo dubbio: «Insomma: la situazione sta lavorando per noi, ma noi sapremo lavorare per la situazione?». Se non è autoreferenzialità questa non sappiamo più cosa sia l’autoreferenzialità.
Detto questo, Pap ha due problemi: cosa dire sull’Europa agli italiani, come presentarsi all’appuntamento elettorale di maggio. Se sul primo punto la risposta è vuota, sul secondo è comica. Ma vediamoli entrambi.
Come sempre nella multiforme tradizione massimalista il vuoto della proposta è riempito da parole scarlatte ed altisonanti. Leggiamo:
«Pensiamo che si debba denunciare il meccanismo del debito, che serve solo a nutrire le banche e le istituzioni finanziare con il lavoro delle classi popolari, rompere con i trattati UE, rimettere in campo un’alternativa alle istituzioni esistenti, ridisegnando l’architettura europea, abolendo il Fiscal Compact, cancellando i piani per le Grandi Opere; abrogando la legge Fornero e varando un progetto europeo di riduzione degli orari di lavoro; reintroducendo l’articolo 18 e un piano europeo di diritti per il lavoro; controllando i movimenti di capitali e vietando le delocalizzazioni e il dumping fiscale tra gli Stati; nazionalizzando i servizi pubblici in Italia e cancellando il divieto di aiuti di Stato nella UE; lasciando libertà per le politiche di bilancio di ogni Stato e superando il divieto per la BCE di sostenere gli stati in difficoltà».
Avete capito bene. L’obiettivo è quello di ridisegnare “l’architettura europea“, ovviamente stravolgendola da cima a fondo. Ora, se si fa per discorrere poco male, ma chi mai darebbe credito ad una simile impostazione ove vi fosse la pazienza di volerla prendere sul serio? Dovessimo stare alla lettera non potremmo che classificare quanto scritto da Pap come una sconclusionata versione estremista del sempre inconcludente altreuropeismo. Ma siamo generosi, e comprendiamo come questa confusione sia figlia tanto dei tabù cui abbiamo già accennato, quanto delle diverse posizioni esistenti all’interno di Potere al popolo.
Sta di fatto che nel documento di Pap il “Piano B” è scomparso del tutto. E questo non può essere certo un caso, anche se la cosa non potrà piacere a Cararo e ad Eurostop.
E sta di fatto che in questo modo si resta agganciati al resto di quella sinistra sinistrata che pure a parole si critica. Sarà così forte questo aggancio da riaprire la partita con la “Lista De Magistris“? Personalmente mi è difficile crederlo, ma sul punto la lettura del documento di Pap lascia alquanto sconcertati.
Il coordinamento nazionale lascia infatti aperta, almeno formalmente, la questione del come presentarsi: col simbolo di Pap o insieme ad altri? Già, ma altri chi? Curiosamente, e qui siamo alle comiche, Cararo dice che l’alternativa è quella di: «guardarsi intorno per verificare se ci sono altre forze disponibili ad un programma di aperta rottura con i Trattati dell’Unione Europea». Naturalmente, il “guardarsi intorno” di Cararo non è certo in direzione della sinistra patriottica, ci mancherebbe! Ma allora, quali sono i possibili interlocutori?
Non meno criptico il resoconto di Potere al popolo. Anzi, qui neppure ci si guarda intorno, ma si passa direttamente ad indicare le modalità della decisione:
«Chiaramente, la decisione finale spetta alle assemblee territoriali e a tutte le aderenti e gli aderenti, e per questo motivo si dibatterà nelle assemblee in tutta Italia fino al 5 gennaio, e poi dal 6 al 12 gennaio ci potremo esprimere tutte e tutti sulla piattaforma poterealpopolo.net. Nella votazione verranno poste due domande. La prima: Potere al Popolo deve partecipare alle elezioni europee? SI o NO? La seconda: nel caso Potere al Popolo partecipi alle elezioni europee, deve partecipare con il suo simbolo e il suo programma, o entrare in un cartello elettorale con altre forze della sinistra?».
Altre forze della sinistra“, ma quali non si sa. Una cosa del genere non si era mai vista. Ovvio che si stia parlando della Lista De Magistris (la chiamiamo così perché al momento altro nome non c’è), ma perché non dirlo? Ora, i casi sono due: o questa alternativa demagistrisiana è puramente teorica essendo già scartata in partenza per ragioni di leadership, nel qual caso la domanda non avrebbe alcun senso; oppure la cosa è seria, ma allora perché non esplicitare il nome dell’innominato interlocutore ed i relativi problemi politici? 
Del sindaco di Napoli si può pensare tutto il peggio possibile, e chi scrive lo pensa assai, ma non che non abbia parlato chiaro. Egli vuole una lista Sua (la S maiuscola non è un refuso), chiaramente posizionata nel campo europeista senza sé e senza ma. Perché non darne un severo giudizio politico, anziché fingere di ignorarlo?
Abbiamo detto in premessa che a sinistra si discute di europee, ma in modo assai poco “normale”, cioè evitando scrupolosamente ogni serio confronto su linee e programmi. Potere al popolo riesce a fare anche qualcosa di più, perché un interlocutore Innominato è davvero una novità assoluta. Che non depone a favore di chi scimmiotta i Cinque Stelle e i loro clic. 
Non penso proprio possa andare così, ma cosa succederebbe se per ipotesi vincesse il SI’ al cartello elettorale, senza ancora sapere quale, con quale simbolo, con quale profilo e con quale programma? 
Eh già, profilo e programma… che fatica discuterne seriamente! Magari verrebbero fuori nodi che non si risolvono con gli slogan, che la stagione del populismo non è certo alle nostre spalle, che solo una sinistra patriottica può contrastare una destra nazionalista. Certamente emergerebbero le divisioni in Pap. Meglio evitarlo e prepararsi ai festeggiamenti per un altro 1%.

2 pensieri su “POTERE AL POPOLO E IL “PIANO B” CHE NON C’È di Leonardo Mazzei”

  1. Anonimo dice:

    Ma Potere al Popolo, non nasce gia' come cartelllo elettorale? Mo ne vogliono fare un altro a cui partecipano anche loro. Il cartello del cartello. Altamente ridicolo. L'unico dato positivo e' la spaccatura con Rifondazione. Vista l'esiguita' anche nostra, se non si lasciano fagocitare da De Magistris, possono diventare sui territori un interlocutore interessante contro la sinistra europeista. Non dimentichiamo che la CGIL con l'elezione di Landini a suo segretario cerca un rilancio in terminì di radicalismo parolaio per recuperare terreno con i 5 stelle, questa cosa sicuramente non piacera' all'USB. E' stato un errore non insistere a suo tempo con la costruzione di una sinistra contro l'euro. Questa scelta della sinistra patriottica mi sembra un po' ottocentesca, di stampo neorisorgimentale. Non che la questione nazionale non sia centrale, ma e' proprio la lotta contro la moneta la madre di tutte le battaglie.

  2. Anonimo dice:

    forse ho capito male io ma la sinistra patriottica è la stessa cosa della sinistra contro l'euro.Che poi riporti al risorgimento è vero, ed è giusto, perché qui, l'aria che tira è che a rischio c'è proprio la nazione.le cose sono collegate, certo, ma l'euro è solo un aspetto del problema.

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