ANTONIO GRAMSCI E IL GIACOBINISMO di Eos
[ 21 febbraio 2019 ]
Giorni addietro, nel breve saggio ETICA E AUTONOMIA DELLA POLITICA, Eos già segnalava il fondamentale legame tra Antonio Gramsci e Benedetto Croce. Egli torna sulla questione, contestando il punto di vista di chi invece, come Del Noce (e Diego Fusaro) sottolinea il filo rosso tra Gramsci e Giovanni Gentile.
GRAMSCI SECONDO DEL NOCE
La lettura delnociana del gramscismo è un passaggio ermeneutico fondamentale. La massima realizzazione storica della filosofia gramsciana si ha nel periodo della contestazione italiana, che rappresenta da una parte il definitivo tramonto della via sovietica e del maoismo, dall’altra il declino gnoseologico della via della Scuola di Francoforte, di Luckàcs, Althusser, a vantaggio del volontarismo neo-idealistico gramsciano. L’iter storico ed esistenziale della contestazione italiana mette in evidenza che è la via gramsciana l’unica attraverso cui il comunismo può affermarsi in Occidente; lo storicismo antiplatonico di tale via incarna la tensione di una maturità politica e tattica, rispetto al vitalismo puro, al dionisismo irrazionale ed utopistico tipico delle rivolte giovanili. Il comunismo gramsciano è il fronte più avanguardistico del socialismo mondiale, non solo perché l’Italia è un paese più “avanzato” rispetto a Cina o Russia e dunque il passaggio rivoluzionario è, nella filosofia della prassi, di valore e sostanza superiore, ma anche perché la filosofia gramsciana fronteggia sia il liberalismo classico sia il fascismo storico, che concretizza l’assolutismo tradizionalista, mitico e metastorico.
Di conseguenza la concezione del mondo egemonica gramsciana sostituisce all’astrazione economicistica del “nemico di classe” e all’antitesi capitalismo-proletario, quella ben più importante tra fascismo-antifascismo. Ma cosa sarebbe il fascismo, nella filosofia gramsciana? Fascismo gramscianamente significa, secondo Del Noce, falso immanentismo, antilluminismo sostanziale, falsa filosofia della prassi, falsa modernizzazione. Il risultato è dunque, che in Gramsci “la ricomprensione italiana del marxismo attraverso la versione rivoluzionaria dello storicismo si risolve in una sua ricomprensione illuministica”. Gramsci è così il teorico del compromesso con la borghesia, in funzione antitradizionalista e antifascista e qui si situa la quintessenza del progetto gramsciano di egemonia. Per Gramsci il blocco storico e sociale della modernità deve includere sia il mondo borghese sia quello comunista, i comunisti sono l’elite intellettuale giacobina dei nuovi tempi che hanno la missione di scindere, ideologicamente e definitivamente, la borghesia dalla dimensione tradizionalista, spazzando via ogni resistenza all’avanzata della modernizzazione intesa come secolarizzazione, trasformazione della trascendenza metastorica in immanentismo storicistico. La “riforma intellettuale e morale” gramsciana è letta da Del Noce come la dissociazione completa dello spirito progressivo borghese dal cristianesimo storico. In termini hegeliani, il comunismo gramsciano potrebbe essere interpretato come la mediazione assoluta verso il borghese come tipo storico originario, il quale negando se medesimo, realizza la sua antitesi in un processo di diveniente auto-superamento. “Rivoluzione senza rivoluzione”, dice Del Noce, intuendo già dai primi anni ’70 che, come accennato, il fronte del comunismo storico novecentesco più avanzato fu grazie alla filosofia della prassi quello italiano: “il comunismo italiano è la forza più adeguata a mantenere l’ordine in un mondo in cui qualsiasi religione è scomparsa; non soltanto la religione cattolica, ma ogni sua forma anche immanentistica e secolare; anche la fede nel comunismo”. La sinistra radicale marxista contestava, gnoseologicamente, il gramscismo in quanto vedeva sia nella “filosofia della prassi”, sia nell’immanentismo radicale un paravento idealistico o comunque una forma di materialismo storico eterodosso: filosofia della prassi ed immanentismo non appartenevano alla tradizione filosofica marxista. Del Noce radicalizza la questione ed arriva alla radice: egli riflette sul nesso tra filosofia della praxis e nichilismo. Gramsci porta, nella lettura delnociana, alle estreme conseguenze la filosofia gentiliana dell’Atto come primato ontologico del divenire. E’ lo scacco del pensiero filosofico italiano novecentesco, la realizzazione compiuta del nichilismo, da cui la piena modernità della visione gentiliana.
Questa la visione delnociana, che ho cercato di raccogliere in estrema sintesi. Se sul piano filosofico tale concezione presenta caratteri di forte fascino teoretico, sul piano storico-politico presenta una decisiva lacuna. Secondo Del Noce, sia l’attualismo sia il gramscismo comunista sarebbero in definitiva mere mediazioni storico-formali verso il trionfo della “società aperta” tecnocratica, scientista e neo-positivista, “irreligiosa”, che per il Nostro (che fu uomo solitario, di pensiero coraggioso e intellettualmente onesto come altri pochi) è l’autentico totalitarismo contemporaneo, ben più del Nazionalsocialismo e dell’Urss, che sono invece “gnosi” secolarizzate.
IL GIACOBINISMO DI GRAMSCI
Attuando proprio il pensiero cattolico delnociano, si dovrebbe dire che il nichilismo è la sostanza metafisica del cattolicesimo occidentale il quale, nell’intero ‘900, a differenza dell’Ortodossia russa e dell’Islam sciita, non ha inteso impostare la propria linea storica e politica sull’etica del martirio e del sacrificio, ma esclusivamente su quella dell’accomodamento borghese (anche con i “nichilistici” regimi fascista e comunista), quando ciò gli era tatticamente utile e credendo con questo di aver ragione, ancora una volta, della storia. Ma i fatti mostrano oggi che l’Ortodossia russa è ben più viva moralmente e politicamente ben più salda del cattolicesimo occidentale. E lo stesso si potrebbe dire dell’Islam sciita. E se Del Noce, sia detto en passant, è, sulla linea del Fabro — un critico severo, e assai acuto, del cattolicesimo progressista — lo è assai di meno di quello conservatore. Inoltre Del Noce, come visto, calibra il Gramsci alla luce del primato del divenire antimetafisico gentiliano, ma dalla lettura dei due saggi fondamentali che il Nostro dedica al filosofo sardo, traspare tra le righe che tutto lo sforzo del gramscismo, quale filosofia politica di un nuovo Comunismo, è quello di tradurre la lezione di Benedetto Croce sul piano dell’elite politica “rossa”.

Sorel
Il gramscismo incontra dunque l’oggettività storica e politica dello storicismo immanentistico crociano ben più che l’attualismo prometeico-soggettivistico: i concetti filosofico-politici fondamentali di Gramsci, da quello di ideologia a quello di elite, scaturiscono dalla meditazione profonda dei fondamentali motivi dello storicismo crociano. La filosofia politica di Gramsci è crocianesimo completamente liberato dall’influenza di Sorel e Clausewitz, i quali, come opportunamente sottolineato da G. Calabrò, discepolo e più acuto interprete di Croce, sono oggettivamente centrali nel pensiero politico crociano. L’antilluminismo crociano, come il suo antigiacobinismo, debbono infatti per Calabrò assai molto al Sorel.
Gramsci è invece il teorico di un esperimento storico e filosofico in cui il giacobinismo politico assurge a dimensione centrale. Giacobinismo significa in tale logica gramsciana élite politica di intellettuali militanti e progressivi che guidino il processo di modernizzazione tecnico-scientifica e industriale, significa anche e soprattutto Partito come esigenza soggettivistica e machiavelliana dell’autonomia della politica, Partito come grande pedagogo di una nuova religione civile di massa. Certo, ha ragione qui Del Noce, si tratta di una visione “illuministica”, progressista e borghese (e d’altra parte il giacobinismo, come il “partito puritano” di Cromwell in Inghilterra, così apprezzato da Gramsci, sono la fazione rivoluzionaria della borghesia), ovvero di una concezione fondata su una nuova “religione” comunista etico-razionale da riaffermare nel mondo secolarizzato, di una concezione immanentistica che vuole assolutamente espellere da se la “religione” del Mito soreliano. Tale concezione del Mito è considerata da Gramsci platonica e pascaliana, radicalmente anticartesiana. E’ questo lo pseudo-immanentismo che Gramsci vuole colpire a fondo sia filosoficamente, sia politicamente, in quanto è chiaro l’influsso culturale esercitato da Sorel, tramite Croce. Storicismo immanentistico progressivo e razionale, quello di Gramsci, ben diverso dal platonismo immanentizzato di Sorel e dei fascisti. E qui ci siamo.
In tale prospettiva, la storia del Comunismo italiano successivo alla seconda guerra mondiale è, ben più che socialdemocratica o hegelo-marxista, neo-giacobina e dunque profondamente gramsciana. E, forse, fenomeni particolari e eretici come Lin Biao in Cina, Ali Shariati in Medioriente, lo stesso fochismo guevarista come il castrismo latinoamericano, potrebbero ben rientrare nella chiave di volta del “giacobinismo rosso”, che senza la filosofia gramsciana non avrebbe senso politico né storico. E’ l’elite politica che si salda con il blocco sociale, sola questa forza storica, che può conferire uno spessore storico e universalistico al concetto strategico di “egemonia”. Qui tutto l’immanentismo gramsciano. Qui la legittimità politica della guerra di posizione. Gramsci parla, come noto, della robusta struttura della società civile e dietro lo Stato, in Occidente, a differenza della Russia, si erge l’autentico Potere con la sua robusta catena di fortezze e casematte, ben più ardue da espugnare del mero Stato politico. E vediamo oggi quanto sia potente ed inespugnabile, nel profondo Occidente, questa ferrea e imprigionante catena di fortezze e casematte. Se si esclude ciò, crolla l’impianto di Gramsci. Ma non escludendo questo, che non può essere eluso a meno di fare di Gramsci un positivista marxista, crolla tutta la forzata lettura delnociana di un presunto attualismo gramsciano.
Quest'articolo è un minisaggio, lo ho voluto leggere con calma proprio oggi, è arduo altrettanto centrato però, ho letto molto di e su Gramsci e gramscismo, ma questa lettura è la migliore e più perspicace. Mi trovo ancora una volta a ringraziarvi per queste belle pagine di cultura comunista, anticapitalista e antagonista.