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NO AL REGIONALISMO DIFFERENZIATO di Stefano Fassina

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[ 28 febbraio 2019 ]

Nel pubblicare questo ottimo contributo di Fassina ricordiamo ai lettori di sottoscrivere la petizione NO ALLO SPEZZATINO! DIFENDIAMO L’UNITÀ DELL’ITALIA .

Sullo stesso argomento l’importantissimo intervento di Leonardo Mazzei.

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Le ragioni per contrastare la cosiddetta “autonomia differenziata” sono state ben descritte, con un impegno inizialmente solitario, dal prof Viesti, dal prof Villone e pochissimi altri: determinerebbe la fine della scuola pubblica come fattore di integrazione nazionale, l’aggravamento delle condizioni del Servizio Sanitario Nazionale, l’indebolimento ulteriore della tutela dell’ambiente e del patrimonio culturale.

Grazie a Laterza, è scaricabile gratuitamente un pamphlet, scritto proprio da Gianfranco Viesti, dove viene illustrata in modo semplice un’analisi chiara e documentata della “secessione dei ricchi“. Alla propaganda dei presidenti leghisti e della ineffabile ministra Stefani, sarebbe sufficiente contrapporre l’art. 4 delle pre-Intese sciaguratamente sottoscritte in limine mortis dal governo Gentiloni con Zaia, Maroni e Bonaccini: la “riforma” del Titolo V, per stupide ragioni tattiche, ha aperto varchi pericolosi, ma la responsabilità di legare i fabbisogni standard al gettito fiscale raccolto in ciascun Regione è “merito” dell’ultimo esecutivo dei buoni, dei competenti, dei responsabili.

L’autonomia differenziata, oltre che per il merito, è inaccettabile anche per la procedura parlamentare prevista per la sua approvazione: prendere o lasciare, senza possibilità di emendare i Disegni di Legge di portata costituzionale per attuare le “intese” tra governo e presidenti di Veneto, Lombardia e Emilia. Anche su tale pericolo, Piero Bevilacqua, attraverso Il Manifesto, ha inviato un’accorata lettera aperta al presidente Mattarella garante dell’unità nazionale.

Non vi è altro da aggiungere per spiegare la portata devastante sul piano dei principi costituzionali dei provvedimenti in segreta elaborazione. Le ragioni per fare le barricate sono divenute chiare. Ma su quale terreno combattiamo? È possibile fare la resistenza all’offensiva della Lega, Nord nonostante la riverniciatura salviniana, soltanto sulla base di astratte e fredde norme costituzionali? E come affrontiamo le cause strutturali

dell’offensiva secessionista? Vi sono? Oppure, siamo di fronte soltanto a egoismo da contrastare con lezioni di giustizia sociale, riteniamo che il “vincolo interno” alla solidarietà sia indipendente dal “vincolo esterno” all’europeismo liberista?

La controffensiva deve partire, innanzitutto, sul terreno “sentimentale”: per denunciare e fermare la fine dell’unità nazionale va richiamato il nostro essere Nazione, come definito nella nostra Costituzione, ossia comunità non di sangue, ma di condivisione di Storia e storie, cultura, lingua e programma politico fondamentale, ossia la nostra Costituzione.

Ha colto molto efficacemente il punto Tomaso Montanari che, su Il Fatto, in un commento sulla prevista attribuzione alle Regioni in via di differenziazione della tutela del paesaggio e del patrimonio storico e artistico, scrive: “Se c’è qualcosa che ci fa italiani differenziandoci da tutte le altre nazioni e unendoci tra noi al di là delle infinite diversità della penisola, ebbene quel qualcosa è il legame tra pietre e popolo…”.

Senza “sentire” il legame condiviso di Nazione (la maiuscola è nella Costituzione), senza un sentimento di comune appartenenza alla Patria (Art. 52 della Costituzione), come possiamo considerare obbligo morale dei cittadini a maggior reddito e ricchezza redistribuire a chi ha meno?

In altri termini, perché non chiediamo solidarietà fiscale ai ricchi della Baviera, della Catalogna o della provincia di Amsterdam e, invece, la pretendiamo dai ricchi del Veneto, della Lombardia e dell’Emilia Romagna? La risposta è semplice: perché non esiste un legame transnazionale che “fa” popolo. Non esiste, ahimè, il demos europeo (da qui, l’inconsistenza storico-politica della prospettiva di ‘riforma dei Trattati Europei’ o degli ‘Stati Uniti d’Europa’ enunciata dalle sinistre riformiste e radicali, da Calenda a Varoufakis). Il legame comunitario di Nazione, impasto di Storia, cultura, lingua e pietre è fondativo, condizione necessaria, del programma costituzionale.

Veniamo alle cause strutturali dell’offensiva secessionista. Perché avviene ora? Perché ora che la Lega si auto-rappresenta e viene nel voto riconosciuta come Lega Nazionale? Anche qui la risposta è semplice: perché vincolo interno (alla redistribuzione fiscale prevista dalla Costituzione) e vincolo esterno (i Trattati europei, il mercato e la moneta unica, in primis) sono interdipendenti.

Perché anche i territori più forti sono in sempre più acuta difficoltà in un mercato unico europeo e con una moneta unica al servizio dell’estremismo mercantilista made in Germany, ora giustamente e inevitabilmente osteggiato dal protezionismo del presidente Trump. Sarebbe sufficiente guardare la sempre più ampia divaricazione, nell’ultimo quarto di secolo, del costo del lavoro per unità di prodotto di Italia e Germania per comprendere la domanda rabbiosa di alleggerimento fiscale e contributivo delle imprese del Lombardo-Veneto. Per le quali, va aggiunto, a differenza di quanto avveniva fino a un paio di decenni fa, il mercato interno offerto dal Mezzogiorno è sempre meno rilevante, data la drammatica caduta di potere d’acquisto lì avvenuta.

Nonostante le sinistre riformiste e cosiddette antagoniste si siano auto-confinate in un impotente, ma gratificante, suprematismo morale e culturale, le scelte politiche risentono anche di interessi materiali. Per sconfiggere il disegno secessionista, è quindi decisivo un movimento tra struttura e sovrastruttura: in primo luogo, rianimare il sentimento di Patria e di comunità nazionale; in secondo luogo, ricordare alle classi dirigenti padane l’utilità di essere Italia unita piuttosto che, sempre più, colonia tedesca; infine, allentare la tensione tra vincolo interno e vincolo esterno, sia attraverso un piano per lo sviluppo del Mezzogiorno, sia mediante le forzature necessarie alla regolazione mercantilista dell’Unione europea e dell’eurozona.

Soltanto così, possiamo “chiamare” il bluff della Lega Nord per l’indipendenza della Padania. Soltanto così, possiamo sfidare nelle loro responsabilità “territoriali” i “portavoce” del M5S. Soltanto così possiamo ritrovare una distintiva funzione storica.


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