Browse By

CLIMA 5: TUTTA COLPA DELLA CO2? di Leonardo Mazzei

330 visite totali, 1 visite odierne
[ 26 aprile 2019 ]
Dunque Greta è sbarcata a Roma. Non prima di aver fatto una capatina al parlamento europeo, ci mancherebbe! 
Una visita al Papa, un’altra al Senato, infine una piazza con palco alimentato a pedali (ma solo parzialmente, che pedalare stanca). Qualcuno voleva la prova provata di quanto il clima sia ormai un tema tutto politico, una clava in mano alle élite? Bene, l’ha avuta. Un motivo in più per sviluppare il nostro ragionamento.
Articoli precedenti:
 

 

*  *  *
 
Questa montatura mediatica, che fra l’altro rende fior di quattrini alla famiglia e a chi gli razzola attorno, è diventata stucchevole assai. La sua strumentalità non può sfuggire più a nessuno. Com’è possibile continuare a non domandarsi chi la muova? 
Una breve premessa personale
Prima di passare al tema di questo articolo, mi sia concessa una breve premessa personale. Sia pure con qualche riserva, anch’io per molti anni ho sostanzialmente creduto alla teoria ufficiale del “riscaldamento globale”. Poi sono iniziati i dubbi, che via via si son fatti certezza di trovarsi di fronte ad una narrazione artefatta e priva di scrupoli. Questo cambiamento di opinione è stato determinato principalmente da un fatto: l’insopportabilità, la manifesta falsità dell’ossessione catastrofista che si ritrova in ogni discorso non solo sul clima, ma sul tempo del giorno dopo. E’ questo allarme continuo propalato dai media, mai contrastato dalle autorità politiche, sempre benedetto dalla cultura mainstream, che mi ha portato prima a dubitare, poi a formarmi un’idea piuttosto critica sulla teoria del “Riscaldamento Globale Antropogenico” (AGW).
 
Mentre nel terzo articolo ho cercato di dimostrare, sulla base degli stessi dati ufficiali, come nessuna catastrofe sia alle porte; nel quarto penso di aver documentato a sufficienza la falsità assoluta della teoria dell’aumento degli eventi estremi. So bene, però, come tutto ciò sia ben lungi dallo scalfire le certezze dei credenti della nuova religione climatica. Con costoro ci vuol pazienza, ricordandosi sempre che “col tempo e la paglia maturano anche le nespole“. E pazienza ci vuole anche con chi – ne abbiamo già parlato nel primo articolo – pur riconoscendo la montatura in atto, pensa che per difendere l’ambiente anche una falsità possa servire allo scopo.
 
Non è questa ovviamente la mia opinione. E non solo perché dietro a certe campagne ci sono sempre precisi interessi, ma soprattutto perché non credo che basandoci su una teoria sbagliata si possa andare nella direzione giusta.
 
Negli articoli precedenti abbiamo visto sostanzialmente due cose: primo, come la teoria dell’AGW sia decisamente discutibile; secondo, come invece il pensiero mainstream tenda sempre, in maniera sistematica e totalitaria, ad impedire ogni discussione razionale sul tema. Eppure la razionalità – non solo sul piano scientifico, ma anche su quello storico – avrebbe da applicarsi fondamentalmente ad un punto: in quale misura il modesto riscaldamento in corso, pur se non diverso da altri verificatisi nella nostra epoca geologica, sia di natura antropogenica.
 
Sul punto, la risposta del pensiero unico dominante in materia climatica è semplice: la responsabilità è dell’uomo (mai del sistema) e la prova risiede nell’aumento dell’anidride carbonica (CO2) nell’atmosfera. Ma davvero le cose sono così semplici?
La CO2 e il Sole

L’aumento della CO2 nell’atmosfera terrestre è cosa nota, anche se sulle misurazioni relative al passato (effettuate in carote di ghiaccio) sono sorti ultimamente vari dubbi. Si stima comunque che la CO2 presente in atmosfera all’inizio della rivoluzione industriale fosse pari a 280 ppm (parti per milione), mentre oggi siamo arrivati a 405 ppm, con un incremento del 44% in circa 240 anni. Un dato indubbiamente notevole, che sarebbe assurdo sottovalutare. Si tratta però di una quantità comunque piuttosto modesta, passata dallo 0,028% allo 0,040% dei gas che compongono l’atmosfera terrestre. E’ possibile che una quantità tanto piccola sia così decisiva? Secondo i più assolutamente sì, secondo altri certamente no.

Figura 1 – Aumento della CO2 a Manua Loa (Hawaii)

In figura 1 si può osservare l’aumento costante dell’anidride carbonica registrato alle Hawaii dal NOAA (National Oceanic and Atmospheric Administration) dal 1960 al 2016. Si tratta di una tendenza che trova riscontro in tutte le stazioni di rilevamento del pianeta. Abbiamo già visto, però, come ad un aumento così costante della CO2 non abbia corrisposto un andamento termico altrettanto regolare. Ad esempio, sempre con riferimento alla figura 1, sappiamo che nel periodo 1960-1980 mentre l’anidride carbonica saliva, la temperatura scendeva. Dev’esserci dunque dell’altro.
 

A tal proposito, i climatologi non allineati con la narrazione dominante invitano a guardare al Sole, piuttosto che alla CO2.

Figura 2 – Variazione del livello del mare in rapporto all’attività solare (1915-2008)

Il grafico della figura 2 è stato presentato dal prof. Nir Shaviv durante un’audizione al Bundestag nel novembre scorso. Esso ci mostra una correlazione quasi perfetta tra le variazioni del livello del mare (e dunque all’ingrosso della temperatura) e quello della radiazione solare, in pratica la quantità di energia che la Terra riceve mediamente dal Sole, misurata in Watt/mq. A dire il vero un grafico assai eloquente. Naturalmente, neppure Shaviv nega il ruolo della CO2, ma afferma che «il Sole ha contribuito a più della metà del riscaldamento». Una stima che sembrerebbe piuttosto ragionevole.
 L’effetto serra
Premesso che senza “effetto serra” noi non potremmo essere qui a parlane – è solo grazie a questo provvidenziale effetto che la temperatura media terrestre è attorno ai +15 °C, anziché ai -18 °C – qual è il contributo dell’anidride carbonica a questo fenomeno? Sulla materia gli esperti divergono alla grande.
 
Una cosa è però certa. Il principale gas serra non è la CO2, bensì il vapore acqueo. Quale sia il suo contributo percentuale è anch’esso oggetto di discussione. Secondo alcuni sarebbe del 95%, secondo altri dell’85, secondo altri ancora del 70%. In ogni caso, anche coloro che ne valutano un’incidenza minore non riescono proprio ad andar sotto al 50%. Chi ha ragione non si sa, ma volendo essere prudenti possiamo assumere una stima media tra gli studiosi del 70%.
 
Poiché altri gas serra hanno il loro peso – tra questi il metano, il protossido di azoto e gli alocarburi, quanto incide allora la terribile CO2? Anche in questo caso i pareri sono discordi. Si va infatti da un minimo del 5% ad un massimo del 20%, ma il grosso degli studiosi sembra accreditare una percentuale del 14-15%. A scanso di equivoci precisiamo subito che tutte queste percentuali non sono riferite alla quantità (nel qual caso il vapore acqueo rappresenterebbe la quasi totalità dei gas serra), bensì alla loro incidenza effettiva sul fenomeno.
 
Bene, ma quanto di questo 15% scarso è di natura antropica? Qui il discorso si fa più complesso e le divergenze ancora più ampie. Secondo Justus e Morrissey, citati da Mario Giaccio in Climatismo: una nuova ideologia, tale percentuale sarebbe solo di un misero 2%. Si tratta probabilmente di una sottostima, visto che nel 2018 – a dispetto dei tanti impegni presi – siamo arrivati ad un totale di emissioni antropiche di 41,5 miliardi di tonnellate di CO2. Tuttavia, il 57% di queste emissioni viene rapidamente assorbito dalla vegetazione e dagli oceani. Restano comunque 17,8 miliardi di tonnellate, pari allo 0,6% dell’anidride carbonica presente nell’atmosfera. Peraltro, anche questo 0,6% annuo non deve trarre in inganno. Difatti il bilancio effettivo della CO2 non è meramente aggiuntivo. Esso è invece un saldo tra quanta ne entra e quanta ne esce ricadendo verso il suolo ed il mare, dopo una permanenza di diversi anni.
 
Ecco che entra qui in gioco la discussione sul tempo di permanenza della CO2 nell’atmosfera. Cinque-sette anni, come risulta dalla letteratura per i cicli naturali, od addirittura cinquanta, cento anni e più come affermano i seguaci dell’IPCC per le emissioni antropiche, senza però fornire prove tangibili di questo scarto rispetto a quel che sappiamo per i cicli naturali?
 
Come si vede il caos delle stime impera ad ogni passo. E ci vuole davvero un bel coraggio ad affermare che ormai sulla teoria dell’AGW non vi sono più incertezze.
Un piccolo calcolo
Tirando le somme di quanto abbiamo scritto fin qui, quale può essere davvero l’incidenza delle attività umane sul “global warming“? E’ chiaro come un simile calcolo, da farsi comunque con tutte le prudenze del caso, vada preso solo per quello che è: una sintesi numerica di un ragionamento che si può condividere oppure no, ma comunque basato su dati sostanzialmente ufficiali.
 
Cosa ne vien fuori da questo calcolo? Abbiamo visto come nell’aumento della temperatura il peso dell’attività solare è certamente superiore al 50%, ma noi prudentemente ci fermiamo al 50% esatto. Stabilito questo primo passaggio, non sta scritto da nessuna parte che il restante 50% sia interamente attribuibile all’effetto serra, ma noi generosamente lo concediamo. Abbiamo anche visto, però, che solo il 15% dell’effetto serra è riconducibile alla CO2. Sulla quota antropica della CO2 esistono davvero i pareri più distanti. Mentre i serristi vogliono far credere che esso sia pari al 100%, tra i critici si arriva a stimare percentuali dall’1 al 5%. Bene – giusto per le ragioni prudenziali che abbiamo detto – assumiamo qui che tutto l’aumento della CO2 degli ultimi due secoli e mezzo (125 ppm, pari al 31% del totale) sia interamente di natura antropica.
 
Ora, dopo questa concessione decisamente esagerata ai teorici dell’AGW, qual è il risultato finale? Eccolo qui: 0,50 (percentuale aumento temperatura attribuita all’effetto serra) x 0,15 (quota dell’effetto serra riconducibile alla CO2) x 0,31 (quota antropica del 100% sull’aumento della CO2) = 0,023 = 2,3%. Avete capito bene: 2,3%. Dunque, tradotto in gradi centigradi, tenuto conto dell’aumento registrato di 0,8 °C nel periodo 1880-2018, abbiamo un’incidenza antropica sulla temperatura pari a 0,018 °C (2,3/100 x 0,8 = 0,018). Insomma, un dramma…
 
Dato che l’ossessione mainstream è tutta per l’anidride carbonica, ci siamo qui limitati a calcolare l’incidenza antropica sul riscaldamento globale dovuta a questo gas. Per completezza dobbiamo però considerare anche gli altri gas serra, in particolare il metano, il protossido di azoto e gli alocarburi. Tra questi solo il metano ha un trend di crescita paragonabile a quello della CO2, modesto invece l’incremento del protossido di azoto (+16% dal 1700), mentre tra gli alocarburi  è da segnalare la drastica riduzione dei clorofluorocarburi a seguito dell’adozione del Protocollo di Montreal del 1987 a tutela della fascia di ozono.
 
Ad eccezione degli alocarburi, l’origine di questi gas, che incidono sull’effetto serra per un massimo del 15%, è solo in parte di natura antropica. Nessuno tra gli scienziati sostiene che il loro incremento possa avere avuto un peso paragonabile a quello dell’anidride carbonica. Ma anche se noi ammettessimo un’ipotesi del genere si arriverebbe solo al raddoppio dell’incidenza antropica sul “riscaldamento globale”, giungendo dunque all’iperbolica cifra di 0,036 °C.
 
Naturalmente il nostro è un calcolo molto sommario, ma anche se volessimo raddoppiare di nuovo il risultato, attribuendo così tutto il riscaldamento all’effetto serra come pretende l’IPCC, si arriverebbe sempre ad una modestissima incidenza antropica di 0,072 °C. Insomma, anche a mettercela tutta non si riesce proprio ad arrivare ad un decimo di grado. Non vi sembra un po’ poco per giustificare l’attuale battage catastrofista? 
Una discutibilissima quadratura del cerchio

Chiaro che un calcolo di questo tipo non verrà mai fuori dai palazzi dell’IPCC. Tuttavia, non potendo nascondere che la CO2 è assai meno importante del vapore acqueo, e che quest’ultimo al 99,9% è di origine non antropica, i catastrofisti hanno dovuto aggiustare la loro tesi.

Figura 3 – IPCC 2001, un classico esempio di manipolazione sui gas serra: dov’è finito il vapore acqueo?

Mentre ancora circolano rappresentazioni grafiche come quella in figura 3, che fanno semplicemente sparire il vapore acqueo, un’altra più sofisticata spiegazione dell’effetto serra prova la quadratura del cerchio.
 
Ce ne parla, ad esempio, il fisico Antonello Pasini sul blog de le Scienze. La tesi è quanto mai semplice. Certo, dice il Pasini, il vapore acqueo è sì il maggior responsabile dell’effetto serra, ma il suo incremento è dovuto all’aumento della temperatura prodotto dalla solita CO2 che, scaldando i mari, aumenta l’evaporazione e dunque la quantità di vapore acqueo in atmosfera. Un “feedback positivo”, egli ci dice, di una micidiale macchina del clima, che avrebbe come motore primo i gas serra di natura antropica, l’anidride carbonica in primis.
 
Ora, a parte il fatto che il ruolo della mutevole attività solare questi proprio non lo vogliono vedere, si arriverebbe a questo punto ad una sorta di inarrestabile meccanismo infernale. Visto che gli oceani sono i maggiori contenitori di carbonio (44mila miliardi di tonnellate, contro gli 800 miliardi dell’atmosfera) è pressoché certo che una maggiore evaporazione significhi anche un’ulteriore emissione di CO2 in atmosfera, dunque altro riscaldamento, altra evaporazione, altra CO2 all’infinito.
 
Le vicende climatiche del pianeta ci raccontano però, e fortunatamente, un’altra storia. Picchi di temperatura e di anidride carbonica ve ne sono stati a bizzeffe, ma l’alternanza tra periodi caldi con altri più freddi è stata sostanzialmente la norma, specie negli ultimi 800mila anni (glaciazioni e fasi interglaciali). E la stessa cosa possiamo dirla sul periodo che viviamo, seguito all’ultima glaciazione detta di Würm. Tutto ciò ci dice una cosa evidente: altri e ben più potenti, rispetto alla narrazione tutta antropizzata e centrata sulla CO2 dell’IPCC, sono i fattori naturali che determinano – come risultante di tanti elementi – il clima del pianeta.
Quale la causa, quale l’effetto?

Quel che è certo – e qui nascono problemi davvero seri per la teoria dominante – è che, contrariamente a quel che normalmente si pensa, decine di studi dimostrano come l’aumento della CO2 in atmosfera segua, anziché precedere, l’aumento della temperatura.

Figura 4 – Andamento della temperatura e della CO2 in atmosfera negli ultimi
400mila anni in base ai dati ricavati dalla carota di ghiaccio di Vostok (Antartide)

Gli studi sulla carota di Ghiaccio di Vostok sono un classico della paleoclimatologia. E’ dunque opportuno dare un’occhiata alla figura 4. Guardandola attentamente, si può notare come i picchi della curva celeste in basso (indicante le temperature) precedano sempre temporalmente quelli della CO2.
 
Che nel passato la relazione tra CO2 e temperatura possa essere stata bidirezionale è ampiamente riconosciuto, ma oggi l’IPCC-pensiero ci assicura che attualmente è l’anidride carbonica la responsabile (pressoché unica) del riscaldamento, non il contrario.
 

Non la pensa così, fra gli altri, il prof. Ole Humlum dell’Università di Oslo. Dopo aver eliminato le ciclicità annuali dovute alla fotosintesi nell’emisfero Nord, egli è arrivato al grafico della figura 5.

Figura 5 – Andamento delle temperature oceaniche e della CO2 in atmosfera dal 1981 al 2011

Seguendo la curva blu, Humlum individua, nel trentennio esaminato, 9 picchi della CO2. La cosa interessante, a conferma di quanto già visto su ben altro lasso temporale in figura 4, è che i relativi picchi della temperatura oceanica (curva rossa) precedono sempre, anziché seguirecome vorrebbe la teoria ufficiale, quelli della CO2. Sembrerebbe dunque che non sia la CO2 a far salire la temperatura, bensì il contrario.

Il catastrofismo alimentato a CO2 ed i veri problemi ambientali
Quanto fin qui esaminato non deve però portarci a negare la rilevanza della recente crescita della CO2 nell’atmosfera. Questo fenomeno qualcosa ci indica, ma non tanto rispetto al clima (come abbiamo visto), quanto piuttosto sulla qualità dell’ambiente, dato che i processi di combustione che generano anidride carbonica, producono anche (e soprattutto) inquinanti ben più nocivi. Ridurre il più rapidamente possibile l’utilizzo dei combustibili fossili è dunque effettivamente necessario: ne va della nostra salute e dell’utilizzo razionale di materie prime per loro natura non rinnovabili.
 
Ancora una volta – repetita iuvant – bisogna perciò distinguere radicalmente tra la doverosa lotta per la tutela dell’ambiente (da promuovere e sostenere con ogni forza), e la narrazione dominante sul clima. Il rovesciamento del rango di queste due questioni, ottenuto attraverso un’informazione quanto mai inquinata, dovrebbe insospettire qualunque persone onesta minimamente informata dei fatti.
 

Un esempio pressoché perfetto di questa manipolazione, ma tanti altri ne potremmo fare, ce lo fornisce la foto della figura 6.

Figura 6 – Foto del mensile “scientifico” Focus sotto il titolo: 
“CO2 in atmosfera mai così alta in 800.000 anni”

Questa foto è tutto fuorché innocente. Certo, la didascalia della rivista – «In alcuni Paesi i livelli di smog nelle grandi città sono fuori da ogni standard di sicurezza» – vorrebbe mettersi al riparo di ogni critica, ma la sua collocazione sotto il titolo «CO2 in atmosfera mai così alta in 800.000 anni» non lascia adito a dubbi su quale sia l’intento comunicativo.
 
Peggio ancora, tra il titolo e la foto c’è pure un sottotitolo che così recita: «La concentrazione mensile media di anidride carbonica in atmosfera ha superato 410 parti per milione: prima d’ora, gli esseri umani non hanno mai respirato aria così satura di CO2». Aria satura di CO2? Ma siamo impazziti? Che forse gli esseri umani apprezzano la differenza tra lo 0,03% del 1750 e lo 0,04% attuale? Che forse la CO2 è un veleno? No, non è un veleno (lo diventerebbe solo a concentrazioni centoventi volte superiori all’attuale), tant’è che l’assumiamo anche con le bollicine dell’acqua minerale. E le piante – che sono alla base della catena alimentare – l’apprezzano molto.
 
I ragazzi con la mascherina della foto, presumibilmente residenti in qualche metropoli asiatica, hanno sicuramente ben altri problemi dovuti allo smog cittadino: monossido di carbonio, ossidi di azoto, biossido di zolfo, particolato PM10 e PM2,5, eccetera, eccetera. Perché allora questa insistenza sulla CO2? 
Brevi conclusioni
Dopo questa doverosa parentesi sul catastrofismo mediatico, torniamo adesso a bomba. I dati che abbiamo esaminato in questo articolo ci dicono che, comunque la si voglia rigirare, i ragionamenti alla base della teoria dell’AGW non tornano proprio. Certo, l’anidride carbonica avrà sicuramente il suo peso nell’attuale aumento della temperatura, ma è evidente che dev’esserci dell’altro, a partire da un ruolo del Sole che ci si ostina a sottovalutare.
 
Come si è visto, anche parlando dell’argomento forte della teoria dominante – quello dell’indiscutibile aumento della CO2 nell’atmosfera – le cose non sono così semplici come si vorrebbe far credere. Segno che tanto forte quella teoria non è.
 
Poi – ancora più importante –  abbiamo visto come anche accettando sostanzialmente i dati ufficiali, ed anzi usandoli con estrema prudenza, si arriva ad un’incidenza antropica sul “riscaldamento globale” davvero bassa se non addirittura insignificante.
 
In questo quadro, l’idea di poter controllare il clima attraverso l’unica “manopola” della CO2 parrebbe come minimo ingenua. Ma siccome chi vi insiste tanto ingenuo non è, ecco che sarebbe da sciocchi non considerare un’altra ipotesi: quella della geoingegneria. Quella manopola, pur se non semplice da realizzarsi, forse qualcuno la vuol costruire per i suoi scopi e per i suoi interessi. Quanto coincidenti, questi ultimi, con quelli della stragrande maggioranza delle persone lascio a voi immaginarlo. Ma di questo parleremo nella prossima puntata.
Sostieni SOLLEVAZIONE e Programma 101


2 pensieri su “CLIMA 5: TUTTA COLPA DELLA CO2? di Leonardo Mazzei”

  1. Vincenzo Cucinotta dice:

    Caro Mazzei, ho letto con interesse i tuoi articoli sui cambiamenti climatici, e apprezzo l'impegno profuso. Purtroppo, si tratta di temi molto complessi dal punto di vista strettamente scientifico, che non sono stati affrontati a mio parere con la dovuta cautela ed approfondimento dalla scienza ufficiale, e su questo convengo totalmente con te. Tuttavia, una cosa è criticare dati prodotti da altri soggetti, tutt'altra cosa è riuscire a giungere a risultati che possano essere considerati più convincenti. Qui, ad esempio, tu compi un'operazione che dal punto di vista delle scienze sperimentali non ha senso. Se infatti tu ti poni lo scopo di valutare quanto possa essere l'effetto di una variazione nella concentrazione atmosferica del biossido di carbonio, non puoi prendere le stime tra l'altro tra loro del tutto divergenti (dal 5 al 20% significa un errore del 400%, cioè significa che non si sa nulla in proposito, diventano numeri dati a caso) come dato di fatto, la certezza a cui ti ancori. Ora, come dovrebbe essere chiaro a tutti, se la CO2 ha una concentrazione A e a seguito di una serie di processi diventa 2A cioè si raddoppia, sarebbe ben strano che la sua percentuale di incidenza restasse la stessa. La verità è che si gira attorno al problema continuando a introdurre tante approssimazioni che si finisce col giungere a conclusioni del tutto opinabili. E' chiaro che ciò che ci servirebbe non è l'incidenza percentuale, ma quella assoluta, ma a quanto pare sembrerebbe non interessare nessuno perchè i climatologi avrebbero certamente i mezzi finanziari per misurarla, e io nel mio piccolo ho anche immaginato un esperimento ad hoc facilmente eseguibile. Complessivamente, il mio pensiero in proposito parte dall'approccio opposto. Invece di farmi guidare da dati che dobbiamo definire a spanna data la quantità di approssimazioni che vi sono inclusi, noi dovremmo porci il problema di questo aumento così ingente della concentrazione del biossido di carbonio in sé, di come questo aumento sia un problema indipendentemente dalla nostra capacità di stimarne l'effetto sul clima. Che per effetto antropico un dato fondamentale come questo aumenti di qualcosa come il 60%, è un problema in sé, l'uomo non dovrebbe giocare con gli equilibri naturali in modo così massiccio, nè dovrebbe sperperare le risorse di combustibili fossili come del resto abbiamo già fatto coi metalli rendendo ad esempio lo stagno un metallo raro forse più dello stesso argento (e ora abbiamo un problema analogo col rame). La mia filosofia è che non dobbiamo aspettare di capire i danni che provochiamo per smettere di essere così invasivi con la nostra attività sull'ambiente, dovremmo fare il contrario, accumulare tante evidenze prima di introdurre nuove tecnologie. Il problema dell'AGW non sta nel merito della questione, e neanche nell'aspetto catastrofista, perchè credo che complessivamente l'attività antropica mette certo a rischio le stesse condizioni di sopravvivenza dell'umanità, ma nell'impostazione autoritaria che presuppone, analogamente del resto al problema dei vaccini. Noi dovremmo rivendicare invece un approccio localistico, da sovranisti, localismo contro globalismo, ma qui il discorso si farebbe troppo lungo e anche più complicato.

  2. Leonardo Mazzei dice:

    Caro Cucinotta, grazie dell'interesse per quanto ho scritto.Ovviamente sono d'accordo con molte delle cose che dici. Ridurre le emissioni e risparmiare le materie prime sono due obiettivi da sostenere con forza e da subito. La mia opinione, però, è che lo si debba fare senza aderire alla teoria dell'AGW, che a mio avviso ha ben altri scopi.D'accordo totalmente con te quando dici che: "non dobbiamo aspettare di capire i danni che provochiamo per smettere di essere così invasivi con la nostra attività sull'ambiente, dovremmo fare il contrario, accumulare tante evidenze prima di introdurre nuove tecnologie". Detto questo rispondo a tre questioni che poni.1) Sull'incidenza della CO2 sull'effetto serra ho riportato le valutazioni minime e massime, ma poi ho considerato quelle più diffuse nel mondo scientifico (15%). Il fatto che su questo, come su tanti altri aspetti, le valutazioni siano così difformi dimostra quanto il livello di conoscenza della "macchina del clima" sia ancora piuttosto basso, come sottolinea il climatologo Franco Prodi.2) L'aumento dell'incidenza della CO2 sull'effetto serra non è così scontato come potrebbe sembrare. Premesso che dalla rivoluzione industriale ad oggi l'incremento è del 44%, e la quota aggiuntiva è del 31% sul totale, il fatto è che nel frattempo sono aumentati significativamente anche il metano e – soprattutto – il vapore acqueo. Difficile dunque calcolare l'aumento dell'incidenza della CO2. In ogni caso è questo un dato che non ho trovato in nessuno tra gli studi che ho letto. Il che non vuol dire che non sia stato calcolato da nessuno, visto che digitando "climate changes" su Google Scholar ci vengono catapultati addosso 3 milioni e 570mila testi… Ad ogni modo è evidente che la percentuale del 15% è riferita ad oggi.3) Vedo che condividi la preoccupazione sull'impostazione autoritaria implicita nel come viene presentata la teoria dell'AGW, mentre invece non consideri un problema il catastrofismo. Qui dissento, dato che catastrofismo e autoritarismo sono strettamente collegati tra loro, visto che solo il primo può giustificare il secondo. In secondo luogo, una cosa è il catastrofismo altra la catastrofe. Tagliando con l'accetta, così come la catastrofe reale della prima guerra mondiale ha prodotto anche (non solo) il primo esperimento socialista della storia, è possibile (forse addirittura probabile) che la catastrofe sociale del capitalismo reale della nostra epoca consenta, in tempi non biblici, un secondo tentativo. Ma qui si parla di catastrofi concrete: morti, sangue, fame, povertà. Dubito invece che il catastrofismo indifferenziato, tipico della nostra epoca, possa essere utile ad una prospettiva socialista. E a dirla tutta penso proprio l'esatto contrario. Ma è questo un discorso complesso che cercherò di affrontare nei prossimi articoli.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *