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GIORGETTI, L’AMERIKANO di Piemme

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[ mercoledì 22 maggio 2019 ]

Dopo l’esplosiva intervista dell’altro ieri a LA STAMPA, nella quale minacciava la fine del governo giallo-verde e elezioni anticipate in autunno, il bocconiano Giorgetti è stato costretto ieri (certo anche da Salvini) a smorzare le polemiche ed fare parziale marcia indietro.
Ciò non dissipa affatto i sospetti che egli giochi — per nome e per conto di chi vedremo più avanti — una sua partita politica, in parallelo e potenzialmente conflittiva, a quella di Matteo Salvini, che anche oggi ha ribadito che non vuole la rottura coi 5 stelle. 
A conferma che la Lega non è una sola ma sono almeno due: quella della destra nazional-populista e sicuritaria di Salvini, e quella mondialista-liberista di Giorgetti.

Sta di fatto che Giorgetti non si è nemmeno presentato alla riunione del Consiglio dei Ministri di lunedì, dove di norma svolge la funzione di segretario e verbalizzatore, funzione assunta da Riccardo Fraccaro.

Guarda chi c’era…


Dov’era Giorgetti ce lo dice IL FOGLIO di ieri. Era a Milano, nel lussuoso Hotel Four Season, ad un incontro organizzato dalla AmCham, la branca italiana della American Chamber of Commerce.  

«C’erano l’ambasciatore italiano a Washington, Armando Varricchio, e quello americano a Roma. Lewis Eisenberg, e poi c’erano i vertici di importanti imprese e parteciopate dello stato italiene, da Leonardo a Mapei a Campari, oltre che di colossi come Loockeed Martin, Google e General Electric. E tutti, a metà della serata, si sono ritrovati ad applaudire l’intervento del sottosegretario alla presidenza del Consiglio, che ha alluso senza troppi giri di parole alla possibilità di un cambio di governo”.

Quale governo abbiano in mente Giorgetti il gotha delle multinazionali non è dato sapere. Piano A: un governo di centro-destra, con a capo presumibilmente un Salvini addomesticato. Piano B: un nuovo governo di cosiddette “larghe intese con a capo, se non un “papa straniero”, uno meticcio alla Draghi.

Piano A e B implicano entrambi che si realizzino due condizioni: che il M5S vada in pezzi dopo una sonora sconfitta elettorale e che Salvini (magari dopo il tanto strombazzato sfondamento oltre la soglia del 30%) si faccia effettivamente addomesticare. La qual cosa, detta in parole povere, che Salvini accetti di agire come lo Tsipras italiano.

Notare il volto di Salvini…..


Due condizioni che a me paiono alquanto improbabili. Col che i piani di certi oligarchi e pezzi grossi, nostrani e d’oltre atlantico, è facile che andranno a farsi friggere. 

Da notare che al centro della rimpatriata di atlantisti c’era la questione della “Via della seta”. L’ambasciatore americano Eisenberg, spalleggiato dagli altri commensali ha svolto  una lunga e dura romanzina contro una delle decisioni più importanti e promettenti decisioni assunte dal governo, quella di aprire strategicamente alla Cina, una decisione che rappresenterebbe “un deragliamento dai binari storici della politica estera italiana”. Giorgetti ha annuito, a conferma che egli si sente investito di rappresentare non solo gli interessi di certe multinazionali, ma della visione geopolitica a stelle e striscie.

Pronta la risposta di Luigi Di Maio, che nella sede non casuale di Confindustria, pur in modo peloso, ha attaccato Trump.

Da anni andiamo dicendo su questo blog della divisione in seno all’establishment italiano, quella tra un partito tedesco (per la precisione protesi dell’asse carolingio franco-tedesco) e il partito americano, i due campi che, tra liti e compromessi, hanno tenuto saldamente il potere nella “seconda repubblica”.

L’irruzione nell’arena dei due populismi giallo e verde, il loro arrivo al governo, avendo posto fine al mostriciattolo della “seconda repubblica”, avendo letteralmente scombussolato assetti e strategie, ha aperto la fase nuova di crisi e d’instabilità in cui siamo entrai dopo il 4 marzo dell’anno passato.

Le elezioni europee del 26 maggio confermeranno questa fase nuova — gravida di incognite ma di possibilità — oppure avremo, com’è nei desiderata sia del partito tedesco de di quello americano, una sconfitta dei giallo-verdi e quindi una contro-svolta stabilizzatrice? 

Conosceremo presto il verdetto. Noi ci auguriamo non voteranno come chiedono i poteri forti, che dalle urne esca un risultato in linea con quello del 4 marzo dell’anno scorso, che cioè confermi l’egemonia del “campo populista”. Una vittoria che darà più forza al popolo italiano in vista dell’autunno, quando il fronte nemico vorrà imporre una finanziaria lacrime e sangue.


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Un pensiero su “GIORGETTI, L’AMERIKANO di Piemme”

  1. Gaetano dice:

    Anticipo io un commento tipo…"Una vittoria che darà più forza al popolo italiano in vista dell'autunno"popolo italiano…non sai che parlare di "popolo italiano" ti pone fuori dal marxismo?

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