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PERCHÉ SIAMO CONTRO L’EURO di Leonardo Mazzei

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[ domenica 26 maggio 2019 ]
Strano ma vero: nella campagna elettorale per le europee non si è parlato dell’euro. Forse che la crisi della moneta unica è finita? Forse che gli squilibri che ha prodotto sono stati nel tempo risolti? Forse che paesi come l’Italia non ne pagano più il prezzo? La risposta è un triplice e cubitale NO.Il bello è che non c’è persona informata dei fatti che non sappia che così stanno le cose. Ma, per un motivo o per l’altro, fan tutti finta che così non sia. In questo modo, mentre le élite gongolano per la scomparsa di ogni dibattito sul tema, chi gli si vorrebbe opporre oscilla tra il balbettio ed il parlar d’altro, come se in questo modo il problema potesse essere esorcizzato.
Proprio per questa gigantesca rimozione, per questo (si spera momentaneo) trionfo dell’ipocrisia, ci pare necessario ricordare le ragioni del nostro NO all’euro. E ci pare utile farlo proprio nel giorno delle elezioni.

Contro l’euro per tre motivi


Rammentare le ragioni del NO all’euro, ribadire dunque l’assoluta necessità di uscirne quanto prima per tornare alla lira, non serve tanto a ricordare le nostre posizioni, quanto a ristabilire la giusta gerarchia dei problemi del Paese, rimettendo al centro la questione da cui tutto dipende in questa fase storica.

Sull’euro abbiamo scritto tanto, ad esempio QUI QUI, ma le ragioni del NO alla moneta unica si possono comunque raggruppare in tre motivi di fondo. Siamo contro l’euro per ragioni politiche, per ragioni economiche e per ragioni sociali.

Ragioni politiche


Siamo contro per ragioni politiche, perché l’euro è al tempo stesso uno strumento di dominazione straniera, un meccanismo di dominazione di classe, un veleno in grado di annichilire ogni residuo di democrazia. Che vi sia una dominazione straniera, esercitata dalle oligarchie euriste per conto della Germania (al massimo dell’asse carolingio franco-tedesco), è cosa talmente evidente da non richiedere troppi discorsi. Basti pensare alla pretesa di dettare i contenuti delle leggi di bilancio fin nei dettagli, oppure alle interferenze giunte a mettere perfino un veto sul nome di un ministro. 


Quel che è evidente, in ogni caso, è che non può esservi sovranità nazionale senza sovranità monetaria. Ma senza sovranità nazionale la democrazia è semplicemente defunta. Possiamo anche dilettarci a parlare all’infinito di principi, diritti e Costituzione, ma alla fine il risultato sarà solo uno zero assoluto. Non parliamo poi dei rapporti di forza tra le classi. Se le nostrane oligarchie sono tutte pro-euro, nonostante i danni economici causati dalla fine della lira, è proprio perché la moneta unica funziona anche come formidabile strumento di disciplina sociale, dunque come potentissima arma nelle mani dei padroni del vapore.  

Ragioni economiche


Siamo contro per ragioni economiche, perché è a causa dell’euro che l’Italia non riesce ad uscire dalla lunga depressione in corso. Undici anni di crisi, sostanzialmente ininterrotta, dovranno pur dirci qualcosa. Se siamo ancora sotto di 5 punti rispetto al Pil pre-crisi, una ragione ci sarà. La verità è che la gabbia dell’euro, con la sua inevitabile austerità, dunque con le sue rigide regole di bilancio, impedisce ogni seria politica espansiva, ogni rilancio degli investimenti pubblici, di cui pure si blatera assai spesso senza però indicare il vero motivo che rende impossibile intraprendere questa strada. 


Con l’euro, che è a tutti gli effetti una moneta straniera, ogni politica economica è semplicemente vietata. Contano solo le regole ordoliberiste dell’UE, contano i “mercati”, cioè le oligarchie finanziarie, con i loro interessi e le loro speculazioni. Detto in breve, con l’euro non si uscirà mai veramente dalla crisi. E giunti a questo punto spetterebbe semmai agli euristi dimostrare il contrario.

Ma c’è di più. Esattamente all’opposto di quel che ci dicono, è proprio l’euro che fa aumentare il debito pubblico. E’ vero che con la moneta unica i tassi di interesse sui titoli del debito si sono ridotti, ma ciò è avvenuto al prezzo della interminabile depressione che stiamo vivendo. Del resto, il famoso rapporto debito/Pil non dipende solo dal numeratore (il debito), ma anche dal denominatore (il Pil). A causa dell’euro all’Italia mancano almeno 20 punti di Pil, circa 350 miliardi. Solo per questa riduzione del denominatore il rapporto debito/Pil è più alto di circa 23 punti. Ma c’è dell’altro. Meno Pil significa anche minore occupazione, maggiore povertà, declino dei redditi, dunque minor gettito fiscale. Ecco perché chi dice che l’euro “fa bene” al debito mente sapendo di mentire.

Ragioni sociali


Siamo contro per ragioni sociali, perché senza una politica economica socialmente orientata – impossibile restando nella moneta unica – ogni discorso sulla lotta alla disoccupazione ed alla precarietà è solo aria fritta. Com’è infatti che l’Italia ha recuperato la competitività persa con la fine della lira? Semplice, lo ha fatto con la svalutazione interna. Riducendo cioè in primo luogo i salari, ma più in generale i redditi, col duplice fine di aumentare la competitività e di distruggere (come ebbe a dire Monti, il Salvatore) la domanda interna.


In questo modo la bilancia commerciale italiana è arrivata sì a registrare un notevole surplus, ma la produzione industriale è ancora sotto di un 20% rispetto a quella del 2008. Come una guerra, ma per certi aspetti perfino peggio di una guerra, dato che le guerre finiscono mentre l’euro è ancora qui con noi. Ma com’è possibile aver raggiunto un surplus di 50 miliardi nel commercio con l’estero, avendo perso un quinto della produzione industriale? Semplice: è bastato ridurre le importazioni colpendo i consumi interni. E’ sufficiente riflettere un attimo su questo fatto per capire chi stia pagando le conseguenze dell’euro.

Ma c’è di più. Per tenere i salari bassi occorre un tasso di disoccupazione elevato ed un livello di precarizzazione altrettanto pesante. In Italia il tasso di disoccupazione è ufficialmente al 10,2%, e secondo l’Istat dovrebbe aumentare nei prossimi mesi. Ma il fatto è che una disoccupazione così elevata è perfettamente in linea con quello che la Commissione Europea considera, ufficialmente con le sue stime del NAWRU (Not accelerating wages rate of unemployment), il giusto “punto di equilibrio” per l’Italia. Un “giusto punto di equilibrio” che ha un unico scopo: impedire un aumento del salario reale. 

Dunque, ricapitolando, alti tassi di disoccupazione e precarietà, bassi salari e taglio dei diritti ai lavoratori, sono tutte conseguenze dirette dell’appartenenza all’euro, conseguenze ufficialmente volute dagli organismi dell’UE. In questo quadro, con quale faccia tosta Cgil-Cisl-Uil osino parlare di questi temi, dopo aver firmato insieme a Confindustria uno scandaloso appello unitario “per l’Europa“, è cosa che lasciamo giudicare ai lettori.


Basta con l’austerità 

A completare il quadro, come non ricordare i nefasti effetti dell’austerità? I tagli di questo decennio hanno colpito duramente la sanità e la scuola, hanno messo in ginocchio i comuni, hanno portato ad un drastico peggioramento dei livelli di manutenzione, mettendo a rischio ogni tipo di infrastruttura.

Non si pensi di venire fuori dall’austerità senza uscire dall’euro. Nella gabbia della moneta unica, l’austerità è infatti necessaria ed inevitabile. Essa serve non solo per far quadrare i conti, ma pure per mantenere le attuali gerarchie, per spolpare in ogni modo paesi come l’Italia. Ma l’austerità serve anche come strumento ideologico e di disciplina sociale. Non passeranno molti giorni, non appena si sarà spenta l’eco dei risultati delle odierne elezioni, per ritornare alle solite richieste di sacrifici targate euro(pa). Ecco perché, se da un lato fanno sorridere, dall’altro fanno sinceramente schifo tutti coloro che vorrebbero far credere che l’Unione Europea (e dunque l’euro) sia riformabile, che l’austerità potrà comunque finire, che i vincoli potranno allentarsi. Non andrà così, perché non può andare così. Per sua natura infatti l’UE non è riformabile, dell’euro neanche parlarne! Non ci si libererà dunque dall’austerità e dai suoi nefasti effetti senza riconquistare la sovranità monetaria. 


Uscire dall’euro-dittatura


L’Italexit è dunque necessaria. Naturalmente, l’abbiamo sempre detto, per uscire dalla crisi nell’interesse del popolo lavoratore, venire fuori dall’euro è una condizione necessaria ma non ancora sufficiente. Ma il fatto che sia necessaria significa che al momento ogni altro discorso che non metta nel conto questo passaggio è solo aria fritta.

Si tratta, fra l’altro, di mettere fine al gigantesco trasferimento di ricchezza dal sud al nord del continente che l’euro ha generato. Si tratta di tagliare le unghie alla speculazione finanziaria sui Btp, obiettivo raggiungibile solo con una nuova Banca centrale che riassuma anche le funzioni di acquirente di ultima istanza. Si tratta, in breve, di porre fine all’euro-dittatura. Di iniziare a riconquistare la libertà e la democrazia.

Per tanti motivi la questione dell’euro è stata del tutto rimossa dalla campagna elettorale. Ma non si risolvono i nodi facendo finta di non vederli. Senza dubbio la questione tornerà dunque di attualità già nei prossimi mesi. Vedremo allora quali saranno le forze disposte a battersi per questa nuova lotta di liberazione nazionale.


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Un pensiero su “PERCHÉ SIAMO CONTRO L’EURO di Leonardo Mazzei”

  1. Gaetano dice:

    sottoscrivo con il sangue e diffondo

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