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FINE DEL SOSTEGNO TATTICO di Moreno Pasquinelli

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[ martedì 23 luglio 2019 ]

Il cambio di posizione di Programma 101 rispetto al governo Conte — COMUNICATO N. 9/2019 del 18 luglio —, ovvero il passaggio dall’appoggio tattico all’opposizione, è stato considerato da alcuni una “salutare correzione di un errore grave”, da altri una “giravolta”, da altri ancora un “aggiustamento a tempo scaduto”.


Ci sono ovviamente molte sfumature di grigio, ma sempre di grigio stiamo parlando. 

Non siamo adusi a nascondere o camuffare le divergenze politiche con alcuni amici e compagni — anche dell’area della Sinistra patriottica. Esse c’erano, ci sono e, ahinoi, resteranno. E finché esse non saranno superate è improbabile che nel breve futuro sia possibile un soggetto unico di questa sinistra. Speriamo invece non risulti aleatoria la costruzione di un fronte comune. Lo vedremo presto il 12 ottobre, poiché penso che il 12 traccerà una linea tra il prima e il dopo, tra chi considera irreversibile la rottura con la sinistra transgenica e chi, di riffa o di raffa, resta aggrappato alla sottana dell’élite euro-globalista. Ci sono poi sempre le sette, che non si aggrappano a nessuno e passano il loro tempo a contemplare il proprio ombelico. Di queste inutile occuparsi.

Non ci giriamo attorno, guardiamo anzi in faccia queste differenze.

(1) POPULISMO


Non siamo giunti all’appoggio tattico al governo giallo-verde(blu) per sbaglio, alla leggera, bensì dopo un lungo e faticoso percorso fatto di studi, discussioni, lotte, diserzioni. Ci siamo arrivati anzitutto in base al discorso sul “populismo” ed alla analisi ed al giudizio sulle due forme specifiche di populismo italiano: m5s e Lega salviniana. Non abbiamo mai affermato che essi rappresentassero una rottura in atto della gabbia euro-globalista, o che questi movimenti populisti fossero all’altezza del momento storico che viviamo. Al contrario, abbiamo sempre segnalato la loro insipienza, la loro profonda inadeguatezza. Abbiamo cioè costantemente ribadito che essi incarnavano, volenti o nolenti, una spinta storico-sociale in potenza, che portava seco la possibilità dello scontro con l’Unione europea ed i poteri forti collaborazionisti nostrani. Dicevamo che il populismo, per quanto per sua natura contraddittorio, veicolava un impulso democratico, che incarnava una potente volontà di rivincita sociale di un blocco sociale tendenzialmente maggioritario, le diverse classi sociali ferite a morte dalla euro-globalizzazione — non solo la media e piccola borghesia, ma pure la gran parte della classe operaia e della gioventù proletaria. 
Il populismo, era dunque, in ultima istanza, una manifestazione, pur spuria, della vecchia ma non defunta lotta di classe.


(2) IL FATTORE PRINCIPALE


Alla base di questo giudizio sul “populismo” e le sue potenzialità eversive dello stato di cose presenti c’era un paradigma che abbiamo sempre tenuto fermo: nella scala delle priorità (intendiamo le priorità del Paese, quindi della sua maggioranza popolare) abbiamo sempre posto la necessità della rottura dell’Unione europea, dunque il legame tra la questione sociale e democratica e quella della sovranità nazionale. Abbiamo cioè sempre considerato la relazione tra l’Unione e la nostra nazione come essenzialmente antagonistica, perciò come il fattore principale. Diversamente da noi, di riffa o di raffa, altri gruppi della sinistra hanno considerato come principali fattori i diritti civili o  l’accoglienza degli immigrati, giungendo a qualificare il populismo come proto-fascista, addirittura adombrando una “fascistizzazione delle masse”. Altri ancora, del tutto incapaci di fare i conti sol reale, hanno insistito nell’immaginare che la contraddizione principale fosse quella tra capitale e lavoro (anticapitalismo d’abord). Certo, non abbiamo mai escluso un’inversione delle contraddizioni (la principale può diventare secondaria e viceversa). Si faccia avanti tuttavia chi ha visto in questi ultimi dieci anni manifestarsi questa inversione. Morale della favola: il sostegno tattico al governo Conte era una maniera per agire sulla contraddizione principale, ovvero sostenere lo sganciamento di Roma dall’asse carolingio Berlino-Parigi, considerando che ogni pur piccolo passo andava nella giusta direzione. Considerando infine che essendo l’élite euro-globalista (Pd anzitutto) il nemico principale, e la Ue una gabbia di ferro, l’auspicabile fratturazione dell’Unione avrebbe rappresentato una essenziale conquista strategica, l’inizio di una fase che avrebbe riaperto la partita anche per le debolissime forze rivoluzionarie. Su questa via pochi ci hanno seguito a sinistra, molti invece, fuori. 


(3) LINEA DI MASSA E BLOCCO SOCIALE


La conseguenza di questo discorso è stata per noi inevitabile: non solo schierarsi col “campo populista” contro quello dell’élite euro-globalista, ma costruire quella che chiamammo la “terza gamba” di quel campo, un movimento patriottico e partigiano per far sì che la disobbedienza ai diktat dell’Unione maturasse nella direzione di una lotta nazionale e sociale di liberazione. Era per noi la logica conseguenza di quel che andavamo sostenendo da almeno un lustro: linea di massa. Il polo rivoluzionario poteva essere costruito dentro, e non fuori il campo popolare e populista, poiché esso conteneva la parte più avanzata della società italiana. Diciamo quel che pensiamo, e facciamo quel che pensiamo. Per questo uscimmo da Eurostop (che respingeva l’idea della centralità della questione nazionale) e fummo tra gli animatori della Confederazione per la Liberazione nazionale la cui ragione sociale era la costruzione di un Comitato di Liberazione nazionale. Si rifiutavano, in Eurostop, sia di considerare la lotta nazionale come centrale, sia di valutarla come una forma della lotta di classe, sia, infine, di considerare il populismo, malgrado la sua momentanea configurazione politica, come espressione del solo blocco sociale dalla cui evoluzione e tenuta dipendeva (e dipende) la possibilità (sottolineato possibilità) di cacciare l’élite collaborazionista dal governo. Un passaggio decisivo (decisivo per chi mastichi almeno un po’ la politica) che noi ritenemmo a portata di mano dopo il referendum del 4 dicembre 2016. Un passaggio, quella vittoria del NO, che pochi seppero cogliere nella sua effettiva dimensione — si cianciava che si trattasse anzitutto di “anti-renzismo —, che nessuno seppe leggere come il sintomo dell’avanzata poderosa del populismo.


(4) APPOGGIO TATTICO 


Avanzata che ineluttabile verrà, manifestandosi nel terremoto elettorale del 4 marzo 2018. Terremoto devastante da cui nascerà il governo giallo-verde(blu) — dove il blu è la “quinta colonna” mattarelliana. Dicemmo subito che il governo, nascendo grazie ad un infido compromesso coi poteri forti — ricordiamo il veto di Mattarella su Paolo Savona a ministro dell’economia —, non nasceva sotto una buona stella. Il “contratto di governo” non era certo entusiasmante — un ibrido notarile di liberismo e keynesismo —, tuttavia, frutto dell’accordo tra i due populismi, la sua attuazione implicava non solo la fine dell’austerità, ma la disobbedienza all’eurocrazia. Di qui la nostra decisione sull’appoggio tattico. Anche qui, una precisazione è doverosa: non ci siamo fatti deviare dalla molte promesse, alcune banali, altre inaccettabili, scritte nel “contratto”; dicemmo che avremmo giudicato l’azione di governo anzitutto dalla qualità delle sue politiche sociali, dalla determinazione a porre fine alle politiche di austerità dettate dal vincolo esterno e dal dogma del pareggio di bilancio. Altri, a sinistra invero pressoché tutti, caddero nella trappola ideologica dell’élite, giudicando il governo dalla sua legiferazione attinente a minoranze spesso insignificanti o agli immigrati. Eppure ci voleva poco a capire che la campagna ideologica “progressista” nascondeva il vero motivo dell’ostilità dei poteri forti verso il governo, il fatto essenziale che per la prima volta da decenni, disobbediva loro.


(5) TERREMOTO NEL CAMPO POPULISTA


L’offensiva a tutto campo dell’élite spinse il governo a fare marcia indietro, che infatti rimodulò la Legge di bilancio 2019 affinché fosse evitata la ritorsione dei mercati e dell’Unione europea. Condannammo quel compromesso, dicemmo tuttavia che  la partita restava aperta, che non si trattava di una finanziaria austeritaria. Avevamo piuttosto una tregua in cui entrambi gli sfidanti guadagnavano tempo. C’erano in vista le elezioni europee, che malgrado il rovesciamento dei rapporti di forza tra M5S e Lega, confermavano un’ampia maggioranza popolare a sostegno del governo. Maggioranza conservata malgrado una furibonda e massiccia campagna di diffamazione animata dal fronte eurista. Una maggioranza conservata grazie alle misure adottate (per quanto menomate rispetto alle promesse iniziali: Quota 100 e RdC) e malgrado la evidente  improvvisazione e inidoneità a governare dei due populismi, nonostante gli stucchevoli litigi tra loro e tra i diversi esponenti della posticcia maggioranza. Litigi che hanno premiato la Lega di Salvini apparso come l’uomo decisionista, il populista che tira diritto, pronto a tenere testa alla Ue ed agli avversari nostrani — mentre Di Maio ha svolto una campagna elettorale suicida, all’insegna di un moderatismo politicamente corretto, ciò che spiega il crollo elettorale del M5S. Un’inversione, quella dei rapporti di forza all’interno del campo populista, che cambiando di nuovo il panorama politico ha avuto un effetto destabilizzante sul governo Conte.


(6) IL GIORNO DEL GIUDIZIO


Abbiamo conservato la posizione di appoggio tattico (tanto più perché da Bruxelles era giunta la minaccia della “procedura d’infrazione”), sempre ritenendo che il banco di prova per il governo, il vero giorno del giudizio, sarebbe arrivato nei messi successivi, alla prova della prossima Legge di bilancio. La “manovrina” di giugno, scritta da Tria (più volte abbiamo invocato la sua estromissione dalla compagine governativa), l’accordo siglato da Conte con la Merkel e Macron in sede europea per le nomine ai vertici Ue, sono stati due inquietanti campanelli d’allarme. Il Cc di P101 scriveva l’8 luglio scorso:

«Il tempo sta scadendo. La prossima Legge di bilancio sarà la cartina di tornasole per capire se il governo si ribellerà o si inginocchierà alla Ue. Per questo i patrioti ed i cittadini consapevoli dell’alta posta in palio non possono restare alla finestra. Assieme dobbiamo trovare il modo di mobilitarci e scendere in piazza per la fine dell’austerità, per la sovranità e la democrazia, contro l’euro-dittatura. A fianco del governo nel caso avrà il coraggio di combattere, contro se getterà la spugna».

La goccia che per noi ha fatto traboccare il vaso è stato il voto con cui i parlamentari europei del 5 stelle hanno salvato, assieme al falco Von Der Leyen, la cupola eurocratica da una crisi istituzionale che sarebbe potuta diventare devastante. Non è stato un incidente di percorso ma, come da noi affermato il 18 luglio, un salto di qualità, uno sfrontato segnale che il

«M5S ha attraversato il Rubicone, passando armi e bagagli nel campo dell’élite eurocratica — passaggio sancito dalla indegna adesione al gruppo liberista capeggiato da Macron Renew Europe. Da questo momento, visto che i 5 Stelle hanno la maggioranza assoluta dei ministri, e dato il loro tradimento — che dovranno pagare a caro prezzo —, la Sinistra Patriottica denuncia questo governo come una succursale della cupola eurocratica, come un nemico della causa sovranista e del popolo lavoratore».

(7)  QUANTITÀ E QUALITÀ


La bestialità compiuta dal M5S non ha solo indebolito il governo, lo ha gettato in uno stato comatoso, e un governo moribondo non potrà fare niente di buono per il Paese. Fiaccato com’è, esso è un ostaggio dei poteri forti. 
Di più: col salto della quaglia dei Cinque Stelle è il campo populista che è stato azzoppato e sfibrato. Nei fatti non abbiamo più due populismi ma uno solo, e non abbiamo più un governo populista con una quinta colonna eurista all’interno, ma un governo a trazione eurista con un ospite indesiderato, la Lega salviniana — posta non a caso sotto attacco e che a sua volta vede al suo interno una forte componente liberista, nordista e collaborazionista. In queste condizioni, dati i cambiamenti avvenuti, mantenere l’appoggio tattico al governo equivarrebbe a diventare ruote di scorta dei poteri forti.

La quantità, ad un certo punto ed a certe condizioni, si trasforma in qualità, come l’acqua che a cento gradi evapora o a zero gela, gli atti, le decisioni ed i gesti, anche solo simbolici, di un movimento, sanciscono ad un certo punto il passaggio qualitativo. Uno degli aspetti decisivi del fare politica è appunto capire, e quindi decidere, in quale momento critico ed a quali condizioni la quantità si trasforma in qualità. E’ infatti in questi momenti critici che cambia il senso comune, che le minoranze creative possono stabilire una relazione con esso, o almeno con le linee più avanzate del popolo. Non è dunque fare come gli oracoli che prevedono un’eclissi ma non hanno la più pallida idea di quando essa avverrà. Certi sapientoni che ci dicono “noi ve l’avevamo detto” sono come quell’orologio rotto che indica almeno due volte al giorno l’ora esatta. 

Gli orologi rotti non servono a nessuno, tantomeno al popolo, tanto più in questo delicato frangente storico.


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11 pensieri su “FINE DEL SOSTEGNO TATTICO di Moreno Pasquinelli”

  1. Anonimo dice:

    Analisi molto seria sul populismo italiano, più ponderata delle precedenti. Moreno Pasquinelli come voce storica della sinistra anti euro: Rimane purtroppo l’amarezza di non aver realizzato il sostegno tattico elettorale come Sinistra patriottica. Di non essere stati all’altezza. Se passerà altro treno lo prenderemo ma temo che oramai la pancia del paese anche a causa dei dietrofront continui a 5 Stelle, si sia completamente spostata a destra.

  2. Anonimo dice:

    Occorre non scambiare una fase tipica della Guerra di posizione con quella della guerra di movimento.La fase elitista con quella nazionalpopolare di Mobilitazione attiva dal basso.Una fase politica diplomatica mediante la politica digitale da una in cui è la psicologia delle folle a dettare legge.Salvini, privo di virtù tattica politica, avanti di questo passo sarà velocemente sconfitto a meno che non sappia internazionalizzare e globalizzare il nodo strategico occidentale del populismo italiano. Cosa che sino ad ora non ha saputo fare.Se Salvini sarà sconfitto e delegittimato, arriverà il momento della Sinistra Nazionale e del socialismo Nazionale altrimenti sarà ancora il conservatorismo populista occidentale a segnare il passo addomesticando demagogicamente la massa popolare.

  3. Anonimo dice:

    Non solo le due forze del governo sono prondamente inadeguate, ma anche l'area eurocritica purtroppo lo è. Un aggregato eterogeneo teso nello sforzo di sincretizzare le diverse visioni interne riuscirà produrre quella visione forte necessaria ai tempi? Riuscirà ad uscire dall'astrattezza del generico (e quindi troppo debole) anelito ad una maggiore giustizia sociale?Questa visione, questa richiesta di un mondo nuovo, l'aveva il terzo stato del 1789 ed anche se più confusamente l'avevano i popoli della primavera del 1848, quando il terzo stato decantò in borghesia e proletariato. Solo due esempi si intende.Ora non si vede nulla del genere, solo la speranza che nel nome di quella mera favola di una civiltà che si credeva raggiunta (affrancandosi dalle presunte barbarie di un passato che continuamente ci vengono ricordate in TV) le elites ridiano crescita e sviluppo e con queste una generica (e pragmaticamente parziale) maggiore giustizia sociale.Il quadro, rispetto al passato, mi sembra molto più fosco. In punti interrogativi li toglierà la storia.

  4. Anonimo dice:

    Moreno parla di stucchevoli litigi all'interno della maggioranza. Stucchevoli perche? Perche' Moreno immagina che populismo di destra e populismo di centrosinistra potessero mettere in secondo piano le loro divergenze in nome della lotta al nemico principale (L'Ue e l'eur0). Ma se per Pasquinelli l'eurocrazia e' il nemico principale non lo era per i gialloverdi che balbettano ad ogni occasione di scontro. Sicche' l'appoggio tattico si basava su una falsa proiezione, non sull'orologio rotto che segna due volte la stessa ora. E' ora che P101 faccia autocritica e reciti il mea culpa una benedetta volta!Oggi Conte dichiara pubblicamente che la Tav si deve fare. Lo scontro era anche sulla Tav, come sulla Tap come sulla nazionalizzazione delle autostrade, e niente affatto stucchevole come pensa Pasquinelli. Il governo sin dall'inizio si reggeva su un precario equilibrio ed e' bastato un urlo degli eurocrati, una minaccia di infrazione, per farlo saltare. P101 non ha riflettuto abbastanza, non ha colto la natura di questo governo e il carattere smidollato dei suoi esponenti. Quanto all'autorappresentarsi come terza gamba (che brutta espressione|) del fronte populista questo si e' davvero stucchevole. Primo perche' la terza gamba fa pensare ad una entita' che ha del mostruoso. Secondo perche' il fronte populista poteva marciare sulle sue due gambe senza l'aiuto della terza, che non e' mai stata richiesta. Terzo xke' l'egemonia all'interno di questo pasticciato governo e' stata sempre espressa dall'ala eurista (mattarella, moavero Tria, Conte). Lo abbiamo visto sui Minibot su autostrade, su Ilva di taranto, sull Rdc ridimensionato, sulla pace fiscale, ora sulla Tav etc.Dulcis in fundo noto un plateale ossimoro. Un vero corto circuito concettuale tra terza gamba e appoggio tattico. Sono due cose completamente differenti. Terza gamba significa esser interni al fronte e al governo. L'appoggio tattico si fornisce come forza esterna sulla base di un preventivo accordo che non c'e' mai stato tra P101 e governo giallo verde!L'unico terreno su cui la Lega ha espresso una egemonia non e' stato quello dello scontro con l'Ue ma quello degli immigrati. Quindi quella che P101 paventa come contraddizione secondaria in realta' e' stata la contraddizione primaria su cui la Lega ha puntato tutte le sue forze!Mauro

  5. Anonimo dice:

    Io attenderei la legge di bilancio prima di arrivare a conclusioni così nette.Comunque utilissimo questo blogGiampaolo Bologna

  6. SOLLEVAZIONE dice:

    noi non pretendiamo di essere capiti da tutti, e nemmeno di essere bravi a farci capire.Ma ci sono quelli che o non sono in grado di capire o fanno finta di non riuscirci — e così ci fan perdere un sacco di tempo. La qual cosa, come ognuno può capire, comincia a stufarci.Nel suo velenoso commento Mauro scrive:"Ma se per Pasquinelli l'eurocrazia e' il nemico principale non lo era per i gialloverdi che balbettano ad ogni occasione di scontro."Proprio non entra in capoccia eh!? Non entra in testa che noi abbiamo fatto una differenza sostanziale tra la spinta popolare che ha portato in alto i 5 stelle (ma vale anche per la lega salviniana) e la sua forma pentastellata. Ovvero il populismo, già di per sé poliforme e metamorfico, contiene al suo interno, necessariamente, spinte non solo diverse ma opposte. Di qui l'appoggio tattico, ovvero una modalità per dar forza al lato positivo e dinamico a scapito di quello negativo e frenante.Parlare di "gialloverdi" come si trattasse non di un vasto movimento di protesta e risveglio popolare, ma come una setta con milioni di replicanti o movimento gatekeeper è un'offesa all'intelligenza (per chi ce l'ha). Il populismo è anzitutto un prodotto sociale, il prodotto della crisi sistemica e quindi incarna la spinta contro l'élite dominante. Siamo davvero stufi di dover ripetere questi concetti tanto elementari.Solo un'altra perla "marxista" prima di chiudere questa inutile discussione:Mauro scrive:“Dulcis in fundo noto un plateale ossimoro. Un vero corto circuito concettuale tra terza gamba del campo populista e appoggio tattico. Sono due cose completamente differenti. Terza gamba significa esser interni al fronte e al governo. L'appoggio tattico si fornisce come forza esterna sulla base di un preventivo accordo che non c'e' mai stato tra P101 e governo giallo verde!”Ci risiamo! Qui si confonde la potenza con l'atto, il campo populista col governo, il blocco sociale con la sua forma politica, la spinta grezza che sale dalla società con la sua momentanea rappresentanza. E da questa confusione non può che venirne fuori il né-né, l'impoliticità. Del resto si è visto che fine ha fatto la vasta schiera di né-neisti sinistrati, finiti all'ombra del piddismo , del dirittocivilismo, del pietismo accoglientista e dell'ambientalismo di regime. Peggio ancora fanno quelli che sono stati acriticamente grillini i quali, sentendosi traditi, oggi sembrano diventati i peggiori suoi censori. Anche qui, politica zero.Diceva Vico "verum ipsum factum". Il mondo è pieno di smanettari da tastiera che criticano chi davvero fa qualcosa. Noi non solo abbiamo la testa dura ma facciamo. Sappiamo che saremo creduti solo quanto questo nostro fare produrrà risultati. E' giusto che sia così. Nel frattempo, appunto, lasciateci fare invece di tirarci per la giacca. Fate piuttosto qualcosa anche voi.La finiamo qui. Ci siamo capiti. Moreno Pasquinelli

  7. Anonimo dice:

    La "spinta grezza" che sale dalla societa' ha portato la Lega al 38%. Mentre tutti i no euro di sinistra non hanno avanzato di un metro la loro frontiera nel campo egemonico. Anzi si sono divisi sempre di piu' beccandosi come i polli di Renzo. Questo indica due cose:1) che tra blocco sociale e la sua forma populista oggi c'e' una intesa che si chiama Lega e non P1012) Che il blocco antieurista di sinistra e' formato di tante prime donne, di tanti polli di Renzo, di tanti mitomani frutto della decadente civilta' occidentale, che metterli d'accordo e' impresa piu' ardua che andare sulla Luna!Mauro

  8. Anonimo dice:

    "populismo di destra e populismo di centrosinistra"Centrosinistra è una parola maledetta che deve sparire. Il nome della sinistra complice, sempre disposta ad arrendersi facendo pagare il prezzo agli ultimi ma ottenendo privilegi per sé ed un po' per la sua esclusiva base (le aristocrazie operaie).Qui si deve costruire un nuovo socialismo per il ventunesimo secolo e non un nuovo centrosinistra per il ventunesimo secolo. Chi vuole il centrosinistra rivuole il PD.

  9. Anonimo dice:

    Poiché traditori non si nasce ma si diventa, tutti i traditori vanno aiutati a non diventare tali.Tzipras andava aiutato fino al referendum greco, e il M5S fino all'elezione della VDL. Chi non lo ha mai fatto, se non ha contribuito a creare un'alternativa, ha solo contribuito al loro tradimento.

  10. Anonimo dice:

    Condivido l’analisi di Moreno.Gpaolo Bologna

  11. Anonimo dice:

    Direi che in sostanza l'intervento di Moreno è dettagliato, equilibrato e da approvare

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