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NON SOLO SOROS: INCHIESTA SULLE ONG di Maria Grazia Bruzzone

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[ martedì 2 luglio 2019 ]

Pubblichiamo questa scottante inchiesta di Maria Grazia Bruzzone. Venne pubblicata il 7 maggio 2017 sul blog de LA STAMPA, poi fatta sparire dall’archivio del qortidiano. La seconda parte, che si occupava specificamente di Geroges Soros e della sua Open Society Foundations la trovate ancora sul Blog delle Stelle con data 11 maggio 2017.


*  *  *

(1) LE ONG UMANITARIE 

Il complesso industriale dei diritti umani


Non sappiamo se vi sia stata o meno collusione con scafisti o trafficanti di profughi da parte di qualche Ong. Scoprilo e sanzionarlp spetterà alla magistratura e soprattutto alla politica, magari con l’aiuto dell’intelligence e di Frontex — dai quali sembrano provenire le intercettazioni di cui si parla. 

Frontex già a fine 2016 aveva segnalato preoccupazioni su alcune Ong ( qui dal FT e qui), dopo che il sito GEFIRA aveva monitorato ivimenti di navi di Ong umanitarie che si avvicinavano molto alle coste libiche e sgnalato contatti sospetti cona terraferma (qui il post e video).  
Se l’operazione Mare Nostrum fosse continuata, estesa ad altri Stati europei, invece di delegare compiti forse eccessivi a Ong, senza regole certe né finanziamenti trasparenti, tanti problemi si sarebbero potuti evitare. Ma si sa, su immigrazione e rifugiati l’UE è assente. 

Qui tuttavia vogliamo solo tentare di far luce in generale sulle Ong umanitarie, quanto meno le più importanti, che negli anni hanno acquisito un nuovo ruolo di prolungamento delle politiche delle democrazie occidentali: sorta di PR, casse di risonanza, con l’aiuto dei media,  delle narrazioni che ne supportano la geopolitica e  sempre più legate ad istituzioni e governi – in testa quello americano – da loro finanziate insieme a privati e filantropi apparentemente disinteressati.  
Parte integrante del cosiddetto Soft power Smart power.  

Un intreccio dove un posto non di poco rilievo gioca il controverso finanziere George Soros con la sua Open Society Foundations , campione della Società Aperta globalizzata, che di Ong ne finanzia a centinaia e il cui interesse anche nella politica globale di migranti e rifugiati è lui stesso a spiegare come vedremo in un post successivo.  
L’incontro recente fra Soros e il presidente del Consiglio Gentiloni a palazzo Chigi, non sappiamo chiesto da l’uno o dall’altro, potrebbe costituire una ulteriore conferma.  
  
Di tutto questo si parla assai poco nel circuito mediatico mainstream.  
“La narrazione culturale classica appare del tutto innocente: miliardari caritatevoli, politici illuminati, società transnazionali, istituzioni pubbliche insieme a legioni di volontari lavorano insieme in nome della giustizia sociale per forgiare un mondo migliore,  aiutando i diseredati, difendendo i diritti umani contro genocidi e crimini contro l’umanità”.  
Una retorica cara specialmente alla sinistra democratica che ad un esame più approfondito presenta varie falle .

Lo scriveva qualche mese fa un post intitolato Smart power & The Human Rights Industrial Complex, allusione al cosiddetto complesso militar-industriale a cui finiscono per far gioco — consapevolmente o meno — tante Ong, a partire da alcune delle più note come Amnesty International e Human Wight Watch (HRW), dove i conflitti di interesse e intrecci finanziari e politici appaiono palesi.  

 E lo  testimoniava anche un post francese che già nel 2010 prendeva di mira tre Ong (di nuovo AmnestyHRW più FIDH- International Federation for Human Rights) in relazione agli interventi di Parigi in Mali, in un post intitolato Guerre de l’information. Au dessous del ONG, une vérité cachée.  
  
L’autore del primo post è Patrick Henningsen, scrittore e giornalista investigativo, fondatore  di 21st Century Wire — sito associato all’alternativo Inforwars, scrive il Guardian, e collaboratore di Russia Today  (il post è stato comunque rilanciato da un sito britannico e da Global Research).  
  

LA MUTAZIONE NEL XXI SECOLO  


“Sebbene tutte le Ong umanitarie si presentino come neutrali e non partigiane, la realtà è spesso diversa …. 
“Un aspetto difficile nell’analizzarle è che nella maggior parte di esse lavorano individui ottimi, ben educati, grandi lavoratori, molti dei quali sono spinti da vero altruismo e dalle migliori intenzioni. Per lo più sono inconsapevoli o disinteressati a chi finanzia le loro organizzazioni e cosa significhino tali legami finanziari per quanto concerne aspetti geopolitici o conflitti militari.” 
  
“E’ certo vero che negli anni campagne sincere e dedicate hanno aiutato a liberare individui ingiustamente imprigionati e ottenuto processi e giustizia. Come è vero che molte organizzazioni hanno contribuito a prendere coscienza su molti importanti temi sociali e ambientali”. 
  
Ma “a causa dell’accresciuto finanziamento da parte di interessi corporatee a legami diretti con governi e think tanks politici negli anni recenti queste organizzazioni sono diventate sempre più politicizzate e più strettamente connesse agli ‘agenti di

influenza’ occidentali.   Col risultato che queste organizzazioni per i ‘diritti umani’ rischiano di contribuire ai problemi che credono di voler eliminare, attraverso la loro spesso involontaria ‘complicità’ nel sostenere obiettivi di politica estera di Washington, Londra, Parigi e Bruxelles” .“Il problema è sistemico e istituzionale”.  

  
“Quello che nel XX secolo era una sorta di appendice di un emergente movimento progressista internazionale si è rapidamente espanso nel XXI secolo come un ‘terzo settore’ internazionalizzato multi-miliardario supportato da alcune delle corporations transnazionali leader nel mondo. Un impressionante labirinto, guidato da organizzazioni come Amnesty, e HRW. Ciascuna di queste organizzazioni ha legami diretti con governi centrali e, forse più sorprendentemente, collegamenti che conducono al cuore del [cosiddetto]complesso militar-industriale. Di qui l’espressione “Complesso industriale dei diritti umani”.  
Fa eco il post francese citato: “Infiltrate da rappresentanti governativi, prendendo parte a certi conflitti e ignorandone altri: in filigrana si disegnano i c ontorni di una strategia che è il riflesso della politica dei dipartimenti di affari esteri. Certi governi, come quello degli Stati Uniti del resto non si nascondono questa strumentalizzazione delle Ong ‘non governative’. L’ex segretario di Stato Colin Powell in un discorso indirizzato alle Ong all’inizio dell’Operazione Enduring Freedom  (l’invasione dell’Afghanistan) nell’ottobre 2001, anno cruciale,  dichiarava: ‘Le Ong sono un moltiplicatore di forza per noi, una parte estremamente importante della nostra squadra combattente’ ” .  
  
Una dichiarazione, quella di Powell,   che si può accostare a quella, molto citata dai siti alternativi, dell’ex comandate Nato Gen. Wesley Clark che sei anni dopo, in un discorso pubblico, citava una conversazione al Pentagono proprio del 2001 e un memo del Segretario alla Difesa secondo il quale nei successivi 5 anni gli Usa avrebbero attaccato e distrutto i governi di 7 paesi : Iraq, poi Siria, Libano, Libia, Somalia, Sudan, Iran. En passant sia il Generale Clark che Soros figurano nel board of trustees dell’ International Crisis Group
  

ESEMPI di allineamento

  
Il post francese punta il dito su report di Amnesty e HRW che hanno denunciato uccisioni e nefandezze da parte di truppe del Mali, di fatto accusando anche gli alleati  Francesi di quelle milizie, con lo scopo di allontanarli da quel territori, si affermava, per lasciare campo libero a interventi di altri (leggi US/Nato). 


Nel 2012  il “caso Kony”.  Da un video presto virale negli Usa che accusava Joseph Kony, leader della Lords Resistance Army prende il via una campagna mediatica sulla necessità di un intervento occidentale per salvare bambini africani in pericolo. A promuovere la campagna è la Ong Invisible Children, che raccoglie finanziamenti anche nelle scuole. Kony in realtà non lo si vedeva in giro da anni. Ma Obama ha la scusa per dispiegare militari in Uganda ed espandere l’Africom.  

Sempre nel 2012 è Amnesty a lanciare la campagna Diritti umani per le donne in Afghanistan dove è in corso l’intervento  Usa /Nato. “ Keep the progress going”,   è lo slogan che accompagna immagini di donne in burqa azzurro. E’ la prima ‘guerra femminista’, ma nessuno scandalo fanno le 9000 vittime, molte civili (poi cresciute di numero).  

Nel 2011 un report su soldati Libici ‘drogati dal Viagra’ che violentavano le donne – rivelatosi fake – sembra validare la propaganda sulle ‘atrocità delle milizie di Gheddafi contribuendo a sollecitare l’intervento ‘umanitario’ Nato in Libia . La richiesta della no fly zone permette di bombardare l’esercito libico e far fuori il raiss.  
Report dimostratisi fake ce ne erano già stati in Iraq – militari di Saddam avrebbero rubato incubatrici dal Kuwait lasciando morire neonati, testimonianza di un dottore della Mezzaluna Rossa ‘verificata’ da  Amnesty; l’uranio yellow cake arrivato in Iraq per sviluppare le armi di distruzione di massa. E in Siria: il rapimento di un giornalista NBC da parte dei miliziani pro-Assad, liberato dai ‘moderati’ del Free Syrian Army;  le ‘barrel bombs’ sganciate a Kobane, col direttore di HRW Ken Roth che ha twittat immagini in realtà riferite a Gaza.  Tutti falsi.  
 L’attacco al sarin di Damasco nel 2013 venne attribuito anche quello ad Assad, come riferito da HRW alla CBS. Accuse in seguito contestato da molte fonti autorevoli che hanno  invece accsato i ‘ribelli’.  Il sarin – l’avrebbe loro fornito la stessa Hillary Clinton allora titolare degli Esteri per incastrare Assad, ha scritto il giornalista premio Pulitzer Seymour Hersch in un post tradotto da voci dall’estero. Probabili fake anche i video impressionanti e le foto prese altrove.  
  
La Siria dove la guerra perdura  è una miniera di report,  e di fake. 
Il ‘caso Caesar’, esploso due giorni prima dell’inizio di colloqui di pace in Svizzera, dal nome in codice di un presunto fotografo siriano che avrebbe documentato con 55.000 foto torture ed esecuzioni su scala industriale di detenuti da parte di Assad. ‘Verificate’ da HRW, metà si rivelano foto di soldati morti sul campo. Dubbi sulle altre, c’era di mezzo la CIA.  

Il report di Amnesty sulle atrocità compiute dalle milizie governative, con accuse di violazione della legge internazionale sui diritti umani e crimini contro l’umanità . Un post documentatissimo di Tim Hayward, docente all’università di Edimburgo e direttore di Ethic Forum e Just  World Institute fa le bucce ai metodi adottati da Amnesty , che non soddisfano i loro stessi criteri. 

Il medesimo autore in un altro post punta il dito su Médicins Sans Frontièresche in un report   ha accusato il solito Assad di aver bombardato ospedali e civili. In realtà MSF non era sul campo – si trovava fra i ribelli da loro protetta – e si è basata sulla testimonianza dei White Helmets.  

Gli stessi Caschi Bianchi sono la fonte della notizia del recente attacco chimico (al sarin? al cloro?) ad Idlib. News divulgata per primo dal Syrian Observatory on Human Rights  e poi da tutti i media, compresi i nostri, a base di foto e video fake  ad opera dei White Helmets, come  confermano medici di una Ong svedese.  
  
Del resto le principali Ong umanitarie, che già nei ’90 avevano appogiato la partizione dell’ex Jugoslavia, sostengono apertamente il regime change in Siria come in Libia, Ucraina e Yemen. In Siria presentando subito il conflitto come ‘guerra civile’, Ong umanitarie e media hanno fatto la loro parte nel divulgare un’importante narrazione della politica estera occidentale che ha impedito di conoscere la realtà, molto più complessa, e le complicità di Usa, Turchia e alleati.  
  

FINANZIAMENTI  


Follow the money, scrive Henningsen, secondo il quale molte di queste entità ricevono grandi quantità di finanziamenti dalle stesse fonti, corporations transnazionali.  Quali? Un elenco dettagliato dei donatori in realtà non esiste,  e il finanziamento delle varie ONG è da sempre opaco, come denuncia anche il post francese.  Vale anche per le maggiori, Amnesty Intl , HRW e la stessa FIDH, la più antica. Malgrado la loro fama e i riconoscimenti da parte di ONU, Unesco, Europa. E vale anche per Médécins Sans Frontières,  Save the Children ecc. 

Fra i privati ai nostri post non  resta che segnalare il ruolo di finanziatore di George Soros. Sia Amnesty Intl sia HRW hanno ricevuto ciascuna  $100 milioni, riferiscono i due post pur . L’impegno di Soros a versarli a HRW  è del 2010 ( vedi anche qui)

Il molto discusso finanziere di origine ungherese, che nel 1992 atterò sterlina e lira con le sue speculazioni causando perdite ingenti ai due governi, e in Francia è stato addirittura processato per insider trading ai danni di SociétéGénerale, è molto più di un semplice donatore. Attraverso la sua Open Society Foundations sostiene una rete di centinaia di ONG che operano negli Usa e in tutto il mondo coprendo un enorme spettro di attività e obiettivi spesso apertamente politici.   Lo vedremo più avanti.  
  
Più trasparenti, abbiamo verificato, sono i finanziamenti pubblici alle organizzazioni umanitarie, monitorati da Globan Humanitarian Assistance – GHA che pubblica ogni anno un rapporto. Ma complessivo, senza citare alcuna Ong in particolare.  
Dal rapporto del 2015 si apprende che l’assistenza umanitaria nel mondo nel 2014  ha potuto usufruire di ben $24.5 miliardi, in crescita sull’anno precedente. Il 2013 è stato un anno di grandi trasferimenti di persone da Medio Oriente e Africa (12.3 milioni di profughi dal M.O., più degli 11.8 mil dal Sud Sahara), a ciò viene attribuita la crescita altissima di donazioni da parte di Arabia Saudita e Emirati Arabi Uniti -UAE, diventati il 6° e il 15° donatore (+219% e + 317% rispettivamente. Che è una notizia.  
  
Chissà se il recente protagonismo dell’Arabia Saudita è da mettere in relazione con la sua elezione nel prestigioso Human Rights Council  dell’ONU (UNHRC), attraverso una negoziazione col Regno Unito, entrato nell’organismo internazionale insieme all’Arabia che poi ne ha addirittura conquistato la presidenza. Con un passaggio di soldi e favori fra i due Stati, ha raccontato il Guardian che parlava anche di una donazione araba di $1 milione all’UNHRC.  Molto recentemente l’Arabia Saudita, dove alle donne velatissime è persino vietato guidare l’auto, è diventata membro anche della Commissione ONU per i Diritti delle Donne, suscitando ovunque ilarità e sdegno.  
  
Nella mappa interattiva  del GHA con i contributi di tutti gli stati e dell’UE,svettano gli Usa, con $6 miliardi. Molto staccati gli europei, a parte GB ($2,3mld) che versa quanto le istituzioni UE e Germania ($1.2mld). Seguono i paesi nordici. L’Italia con i suoi miseri $378 milioni, è quasi alla pari dell’UAE , ma la Francia è a quota $472 mil, la Spagna si ferma a $220 mil. 

Si precisa inoltre che di tali finanziamenti, soltanto lo 0,2% va a finire a Ong locali e il 3.1% a governi di stati ‘bisognosi’.  Il rapporto poi, pur molto ampio, si riferisce soltanto a finanziamenti pubblici in generale, non alle istituzioni di ciascun paese.   
  
La FIDH per esempio, la più antica Ong internazionale che difende tutti i diritti, umani, civili, politici, economici, sociali, culturali e tiene insieme qualcosa come 178 organizzazioni di 120 paesi, riceve fondi dal Dipartimento di Stato Usa attraverso il NED — National Endowment for Democracy, organizzazione bipartisan nata nel 1983 per ‘promuovere la democrazia nel mondo’ finanziata dal Congresso.   
Quanto a Médécins Sans Frontières, secondo un rapporto del GHA citato nel 2010 da Libération intitolato “Finanziamenti privati: una tendenza emergente negli aiuti umanitari, quell’anno figurava al secondo posto delle più importanti Ong umanitarie in termini finanziari, con $1 miliardo di donazioni   ricevute. Fondi che superavano quelli degli aiuti del Regno Unito. In generale i finanziamenti privati erano saliti dal 17% nel 2006 al 32% nel 2010 ma per MSF rappresentavano il 90%. Chi fossero i donatori non viene detto. 

Recentemente, riferisce nel 2016 Le Monde MSF ha rifiutato €62 milioni da parte di istituzioni e paesi UE perché non condivideva la linea che si oppone all’accoglienza dei profughi. Cruciale è stato l’accordo con la Turchia, fortemente criticato dalla Ong francese. Nel 2015 aveva ricevuto 19 milioni  dalle istituzioni UE e 37 milioni da undici stati dell’Unione, più 6.8 milioni dal governo Norvegese.  MSF rifiuta anche quelli per il suo lavoro con Frontex . 

MSF figura nella lista ufficiale dell’OSF delle Ong ‘partners’ della Open Society Institute  di George Soros.  Non è specificato quali partners ricevano anche finanziamenti. 


E PORTE GIREVOLI

  
“Non è un segreto che ve ne siano fra il Dipartimento di Stato e molte delle le principali Ong occidentali per i diritti umani” scrive Henningsen.  
  
Il caso più clamoroso è quello di Suzanne Nossel, una delle sostenitrici delle cause umanitarie di più alto profilo a Washington, transitata direttamente nel 2012 dal posto di vice Segretario per le Organizzazioni internazionali al Dipartimento di Stato, assistente personale di Hillary Clinton ministra degli Esteri,  alla poltrona di direttore esecutivo di Amnesty Intl -Usa. Già capo operativo di HRW, vice presidente per la strategia e le operazioni al Wall Street Journal e consulente per la comunicazione e i media per McKinsey & Co, membro e finanziatore del Council of Foreign Relations, di cui Nossel è senior fellow. Con la Clinton Nossel era responsabile per i diritti umani multilaterali (qui la sua bio), vicina ai ‘falchi’ Samantha Power e Susan Rice e al meno noto Atrocity Prevention Board, comitato inter-agenzie che comprende anche funzionari dell’intelligence.  
  
“Nossel  è stata un elemento chiave, rappresentando un ponte per aiutare a progettare  a livello internazionale la comunicazione politica americana attraverso la Ong Amnesty” .  A lei si deve l’invenzione dell’espressione “ Soft Power”–  il modo ‘dolce’ di imporre il potere contrapposto alla modalità ‘hard’, militare –   cavallo di battaglia  della presidenza Obama.   ‘Washington deve offrire una leadership assertiva – diplomatica, economica e non ultima, militare – per portare avanti uno spettro di obiettivi: autodeterminazione, diritti umani, libero mercato, legalità, sviluppo economico e l’eliminazione di dittatori e armi di distruzione di massa’, ha scritto Nossel  a proposito dei compiti dei politici progressisti nel XXI secolo.  
  
Dopo Amnesty Nossel è diventata ed è tuttora direttore esecutivo del PENAmerica Center, la storica, influente associazione di scrittori e editori con diramazioni internazionali in 101 paesi. Scrittrice e blogger lei stessa, continua il suo attivismo per i diritti umani, sostenendo boicottaggi ad es dell’Iran o contro la partecipazione ai Giochi Europei, ‘consigliando’ agli Stati di fare altrettanto ( qui una bio di Nosselqui un post sul doppio standardadottato) 

Alle porte girevoli fra governo Usa e Human Right Watch è dedicato un intero post di Countepunch (2014) in forma di lettera aperta al direttore Ken Roth (quello delle foto fake in Siria prese da Gaza, vedi sopra).  Per esempio Miguel Diaz, ex analista CIA cooptato nel board dei consulenti, poi tornato al Dipartimento di Stato come interlocutore fra intelligence ed esperti non governativi. Simile il percorso di Tom Malinowski, già direttore di HRW- Washington. E che dire di Mr Steinberg, passato da HRW alla poltrona di assistente di Samatha Power, ambasciatrice Usa all’ONU e noto falco .  Sono solo alcuni casi, scrive Counterpunch, che racconta varie prese di posizione contraddittorie della ong, per es. sulle renditions – detenzioni lunghe senza processo sotto Obama sulle quali HRW ha taciuto dopo aver denunciato quelle di Bush.  O le denunce contro Cuba e il Venezuela, ma non delle atrocità ad Haiti dopo il colpo di stato promosso dagli Usa.  
  
Notevoli anche  gli intrecci politici di AVAAZ, Ong internazionale fondata nel 2007 da ResPublica Move.on (l’Ong di azione politica online degli attivisti Dem che riceverebbe fondi direttamente da Soros) sotto l’ombrello dell’ OSF del magnate, i cui fondatori hanno avuto tutti relazioni con ONU e Banca Mondiale, scrive Henningsen.   AVAAZ, che vanta 7 milioni di membri nel mondo e nel 2009 ha dichiarato di ricevere solo microdonazioni da simpatizzanti, opera con la società di PR Purpose , orientata al business; insieme usano i social media per campagne politiche ‘dal basso’ che preparano il terreno per programmi del FMI o della Nato, come sanzioni o interventi militari (vedi anche qui un post italiano). 

AVAAZ – secondo GEFIRA – avrebbe donato $500.000 al MOAS – Migrants Offshore Aid Station, l’Ong maltese fondata nel 2014 dalla coppia italo-americana Catrambone ale centro delle polemiche di oggi sui salvataggi di migranti dalla Libia. 

   

A ricevere sostegno sostanziale dal Foreign Office britannico, oltre che fondi dalla UE , è il discusso SOHR – Syrian Observatory for Human Rights, distintosi nel fornire spesso informazioni ai media sulle presunte atrocità commesse dall’esercito regolare siriano (vedi sopra : era anche la fonte delle notizie sull’ultimo attacco chimico a Idlib.) Nata nel 2006, SOHR in realtà fa capo a un unico individuo, un siriano dissidente  di nome Osama Ali Suleiman ma noto come Rahmi Abdul Rahman che vive a Londra in un mini-appartamento di Covent Garden. 

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(2) Le ONG umanitarie: George Soros e la crisi europea dei rifugiati

Nel panorama frastagliato delle Ong umanitarie che abbiamo delineato nei post precedenti, già emergeva il ruolo centrale del controverso magnate, finanziere e filantropo’ americano di origini ungheresi George Soros, e della sterminata rete di Ong che fanno capo alla sua Open Society Foundations – OSF basata a New York, con le sue varie diramazioni che si estendono in 37 paesi.

Attiva dal 1983 come Soros Foundation in Ungheria e presto nell’Europa Centrale e Orientale per ‘aiutare a uscire dal comunismo e diffondere ideee anti-totalitarie e capitaliste’, diventa Open Society nel 1993 ma solo nel 2010 Open Society Foundationsche raggruppa tutte le fondazioni nel frattempo sparse nel mondo, enorme rete a sostegno dei Democratici in patria e di una globalizzazione economica e politica, liberista, ‘imperiale’ e anti-Russa nel mondo – ben oltre la ” Open Society and its Enemies”, il libro di Karl Popper del 1945 dal quale si è ispirato il suo nome.
Negli Usa la vasta rete dell’OSF funziona da supporto al partito Democratico e alla sua politica. Nel resto del mondo, con l’appoggio del Dipartimento di Stato e di organismi bipartisan come NED-National Endowment for Democracy e USAID (braccio pubblico della CIA) ha un ruolo centrale nel supportare la politica estera americana, fino al sostegno di ‘rivoluzioni colorate’ e regime change. Clamoroso il caso dell’Ucraina.
La sua estensione in Europa, l’Open Society Policy Institute di cui abbiamo parlato nel post n.2, programmaticamente si propone di ” influenzare e dare forma alle politiche dell’Unione Europea per assicurare che i valori della società aperta siano al cuore dell’azione dell’UE, sia all’interno che all’esterno dei suoi confini” .
Aperta anche all’immigrazione, centrale negli obiettivi e nelle azioni dell’ OSF e delle sue Ong . Umanitarie, ma fino a un certo punto. Obiettivi umanitari, politici e economici si intrecciano.

SOROS, MIGRANTI E RIFUGIATI


Tenendo anche conto dell’invecchiamento della popolazione in Occidente, specialmente in Europa, e della bassa natalità, aprire le porte agli immigrati è essenziale per il sistema economico-finanziario e per l’élite che lo governa di cui Soros è uno dei fulcri. Oltre ad essere un modo per alleggerire la pressione in regioni (il M. O., l’Eurasia) e continenti (l’Africa) dove sono in atto interventi e guerre che sono parte integrante della strategia geopolitica americana e occidentale. Anche in funzione di contrasto dell’espansione della Cina e dei paesi BRICS.
Vedremo come questi scopi di fondo si mescolino a interessi diretti delle corporations.

Lo scorso settembre (2016), nel pieno della crisi europea dei rifugiati, mentre Angela Merkel si pentiva pubblicamente di aver accolto l’anno prima un milione di profughi in Germania, sul Wall Street Journal appariva un editoriale a firma George Soros in cui il finanziere annunciava che avrebbe investito $500 milioni per incontrare i bisogni di immigrati e rifugiati, spiegando il perchè del suo gesto. L’America era in piena campagna elettorale, e l’immigrazione era un tema cruciale nella campagna della destra nazionalista e anti-musulmana di Donald Trump.
“Confermando ancora una volta di essere il silente burattinaio dietro alla crisi europea dei rifugiati…” scriveva Zerohedge – forse esagerando – nel raccontare la novità non da poco. E richiamava quanto emerso in proposito un mese prima dai DCLeaks, oggetto di un post precedente dello stesso ZH , molto pesante nell’insinuare la parte giocata dal finanziere nelle crisi degli immigrati.

Soros e la crisi europea

 
“La crisi dei rifugiati in Europa è la ‘nuova normalita’ – e dovrebbe essere accettata in quanto tale; l’OSF ha avuto successo nell’influenzare la politica globale dell’immigrazione; la crisi europea dei rifugiati presenta ‘nuove opportunità ‘ per l’organizzazione” .


Questi i tre punti chiave, segnalati da Zerohedge, nel memo di 9 pagine del 12 maggio (Migration Governance and Enforcement Portfolio Revew) scritto da due funzionari dell’OSF e trapelato dai DCleaks, i files piratati e resi pubblici da un gruppo americano (vedi post n.2), in piena campagna elettorale, una vasta parte dei quali sono i Soros Leaks.

Nell’introduzione, gli autori del memo parlano dell’ ‘efficacia degli approcci‘ che hanno adottato ‘per ottenere un cambiamento a livello internazionale’. E in una sezione intitolata Our work, il nostro lavoro, descrivono come abbiano lavorato con leaders sul campo’, ‘per dar forma alla politica dell’immigrazione e influenzare i processi globali che si ripercuotono sul modo in cui l’immigrazione è governata e sostenuta”.
“Ciò può essere interessante soprattutto per i tedeschi, alla maggioranza dei quali non piacciono le politiche della ‘porta aperta’ della Merkel, specie dopo i recenti attacchi terroristi in Germania”, commenta ZH, alludendo a un influsso diretto della OSF sulla politica della Cancelliera (che nel frattempo stava correggendo il tiro, premuta dalla sua opinione pubblica).
“Dobbiamo sostenere personaggi sul campo che si attivino per cambiare politiche, regole e regolamenti che governano l’immigrazione” si legge nella sezione Our Goals, i nostri obiettivi. E più avanti ” Abbiamo sostenuto iniziative, organizzazioni e reti il cui lavoro si lega direttamente ai nostri scopi nei corridoi”.
In un’altra sezione si cita l’IMI [ International Migration Institute che fa capo all’università di Oxford, UK] che inizialmente aveva identificato alcune organizzazioni capaci di impegnarsi sull’immigrazione a livello globale e internazionale. E ha avuto un ruolo centrale nello stabilire e suggerire gli obiettivi di due nuovi fondi [del Programma Europeo per l’Integrazione e la Migrazione] sul Sistema Comune Europeo di Asilo (CEAS) e la detenzione degli immigrati.

Ancora più importante, sottolinea ZH, è il fatto che il memo “spiega come la crisi europea dei rifugiati stia aprendo le porte per l’organizzazione di Soros per influenzare ulteriormente la politica globale dell’immigrazione.”
“La crisi dei rifugiati – si legge – sta aprendo nuove opportunità per ‘un coordinamento e una collaborazione’ con donatori abbienti”.
“I governi devono giocare un ruolo di leader nell’affrontare la crisi creando un’infrastruttura fisica e sociale per migranti e rifugiati. Ma è necessario anche incanalare la forza del settore privato”.
Nelle conclusioni, si ribadisce la necessità di accettare l’attuale crisi europea come “nuova normalità’.
Guardando le risposte dei nostri partner, osserviamo che poca attenzione viene data a una pianificazione a lungo termine o ad approcci fondamentalmente nuovi al patrocinio”. Si mette poi l’accento sul bisogno di respingere la “crescente intolleranza nei confronti dei migranti”. Come?
Per promuovere l’agenda Rifugiati l’organizzazione di Soros ha bisogno di alleati.
Nel post n. 2 abbiamo visto come l’ Open Society European Policy Institute abbia
Predisposto un memo intitolato “Alleati affidabili nel Parlamento Europeo 2014-2109” in cui annota l’importanza di costruire ‘relazioni durature e degne di fiducia’ con europarlamentari ‘credibili nel sostenere il lavoro di Open Society’. Una sorta di mappatura degli europarlamentari attuali già convinti o propensi ad appoggiare i valori della Open Society (è il file centrale dei tre che vengono fuori, qui un nudo elenco dei 226 nomi)
Ce n’è abbastanza per tornare all’editoriale del WSJ, e capirne meglio il senso.
SOROS AL WSJ: perché investo $500 milioni sui migranti (fatelo anche voi, è pure un business).


Soros richiamava la Call for action — la chiamata all’azione del presidente Obama, che aveva chiesto ai privati di giocare un ruolo più incisivo nel venire incontro ai problemi posti dall’immigrazione forzata. Decine di milioni di persone che fuggono dai loro paesi in cerca di una vita migliore altrove, scappano da guerre o regimi oppressivi, o sono indotti da povertà estreme, premetteva il finanziere.
“Come risposta ho deciso di destinare $500 milioni ad investimenti indirizzati ai bisogni di migranti, rifugiati e comunità ospiti. Investirò in startups, società già esistenti, iniziative di impatto sociale e business fondati dagli stessi migranti e rifugiati. Sebbene la mia preoccupazione principale sia aiutare migranti e rifugiati che arrivano in Europa, cercherò buone idee che li aiutino in tutto il mondo”.

Tra gli esempi Soros citava l’emergente tecnologia digitale, promettente nell’offrire soluzioni a problemi che si trovano ad affrontare i profughi, come riuscire a contattare i governi o i servizi legali, finanziari, sanitari. Società d’affari – scriveva – stanno già investendo miliardi di dollari per sviluppare tali servizi per comunità di non-migranti.
Soros citava il denaro che si muove istantaneamente via smartphone, gli autisti che trovano clienti nello stesso modo, e come un dottore in America può avere un paziente in Africa. “Estendere queste innovazioni ai migranti aiuterà a migliorare la qualità della vita a milioni nel mondo”, scriveva.
Eppure il finanziere-filantropo sentiva il bisogno di rassicurare sul fatto che “da lungo tempo campioni della società civile, assicuriamo che il nostro investimento conduca a prodotti e servizi che beneficino davvero i migranti e le comunità ospiti” Non solo.
“Lavoreremo a stretto contatto con organismi come l’ufficio dell’Alto Commissario per i Rifugiati nell’ONU (UNHCR) e l’International Rescue Committee- Comitato Internazionale per il Soccorso per stabilire principi-guida ai nostri investimenti”.
Benemerita OSF? In fondo non solo salva i profughi ma li vuole aiutare a destreggiarsi. (Perché non aiutare invece i poveri dei paesi europei? si chiede un post italiano di Orizzonte48. Osservazione pertinente che però ci porterebbe troppo lontano).
Al di là delle belle parole, in quel che appare un appello ad altri investitori f suoi pari affinché si uniscano alla sua missione, Soros sembra sottolineare molto chiaramente il ritorno economico della faccenda: migranti e rifugiati saranno e sono già oggi dei consumatori, utenti di servizi che i privati possono fornire, anche sostituendo servizi pubblici inadeguati o sicuramente meno efficienti, magari anche usufruendo di sovvenzioni statali/europee.

L’immigrazione come business insomma, per chi sa coglierlo.
Anche favorendo direttamente l’arrivo di migranti & profughi come sostiene ZH?

TRAFFICI SOSPETTI CON LA LIBIA


Il dibattito ferve oggi sulle Ong che contribuiscono a salvare i profughi in arrivo in Italia dalla Libia, alimentato dalle destre pregiudizialmente anti-immigrati.

GEFIRAil sito che per primo ha monitorato tra ottobre e novembre 2016 il traffico di navi di alcune Ong che si spingono fin sotto le coste libiche ( ripreso da Zerohedge con aggiunte ), arrivando a indicare complicità con i trafficanti e con alcune capitanerie italiane; e inducendo Frontex a preoccuparsi, già a dicembre 2016 segnalava il FT (qui e quiqui già a dicembre 2015), citava alcune Ong ‘sospette’.
Tra queste Médicins Sans Frontères risulta effettivamente fra i partners dell’ Open Society Foundations, come segnalato nel nostro post n. 2. Mentre la maltese MOAS- Migrants Offshore Aid Station fondata dalla coppia Regina e Christopher Catrambone, che secondo ZH avrebbe donato $416.000 dollari alla campagna elettorale di Hillary Clinton, a sua volta avrebbe ricevuto $500.000 da AVAAZ, Ong legata a MoveOn.Org, organizzazione Democratica finanziata direttamente da Soros. I Catrambone hanno negato collusioni con trafficanti e ogni altra scorrettezza.
SERVIZI MINIMI MA UTILI AI PROFUGHI.Privati e Ong intanto si stanno già dando da fare nel fornire quanto meno servizi minimi ai profughi, a quanto emerge da vari post di GEFIRA.
Proponiamo la traduzione italiana fornita da associazioneeuropalibera. Abbiamo controllato i siti. E tuttavia, vien fuori che l’ “assistenza “di cui si parla non è una novità ma risale al 2015, anno della ‘crisi’ dalla Siria, via Turchia, dove venivano verosimilmante distribuiti i manuali multilingue ricchi di utili consigli di cui si parla. Del 16 settembre 2015 è del resto lo scoop di SkyNews a ‘scoperto’ i manuali. Che poi c’entri Soros è da dimostrare, SkyNews non ne parla. Se pure non riferite direttamente alla Libia, appaiono notizie interessanti.
Il corrispondente di SkyNews Jonathan Samuels e il suo team hanno scoperto un manuale cartaceo, stampato in arabo , sulla riva dell’isola di Lesbo, che fornisce ai migranti informazioni dettagliate sui percorsi, numeri di telefono importanti, le organizzazioni non governative che aiutano i migranti e sui loro diritti in paesi di destinazione. WatchTheMed (watchthemed.net e alarmphone.org) e w2eu (w2eu.info e w2eu.net) sono tra le organizzazioni elencate in questa guida approssimativa.
Il sito w2eu.info, in un post dal tiolo “informazione indipendente per rifugiati e migranti che arrivano in Europa” , ci racconta che intende sostenere gli sforzi dei migranti perché “la libertà di movimento è un diritto di tutti”. I suoi attivisti, che si trovano in differenti paesi UE, affermano che prestano il loro lavoro gratuitamente. Il sito fornisce informazioni su argomenti quali: i Contatti, una Panoramica, la Sicurezza in mare, il trattato Dublino III in materia di Asilo, Genere, Minori, Regolarizzazione, Detenzione, Deportazione, Soggiorno, Famiglia, Assistenza medica, e Lavoro relativi a tutti i paesi dell’UE.
Per esempio, sotto il titolo di Sicurezza in mare, il migrante – al quale viene fornito un numero di emergenza satellitare operativo h 24 – viene informato che può chiamare WatchTheMed, che a sua volta informerà dell’avaria o del naufragio la Guardia Costiera, coordinerà l’operazione di salvataggio delle imbarcazioni in pericolo; diffonderà tra i media la notizia ed eserciterà una pressione (morale) sulle autorità centrali o locali perché agiscano.
Sotto il titolo Genere i migranti vengono ragguagliati sui loro diritti; per esempio in Danimarca, dove, se dicono di essere perseguitati, discriminati, degradati o altrimenti trattati in modo disumano a causa del loro sesso o dell’orientamento sessuale, non saranno deportati . Alla voce Deportazione si indica al migrante come evitare di essere deportato o come rendere inefficace una tale decisione. Alla voce della Famiglia, per quanto riguarda l’Austria, si spiega come opera il diritto al ricongiungimento familiare. E così via.
Lo stesso sito fornisce volantini, istruzioni e “biglietti da visita” da stampare in lingue come l’inglese, il francese, l’arabo, il farsi il pashtu, tigrino (Etiopia ed Eritrea) e il somali. Il biglietto da visita di WatchTheMed illustra l’allarme via telefono su un lato e una breve guida su due casi: Pericolo in mare e Pericolo di respingimento.
L’opuscolo intitolato “I rischi, i diritti e la sicurezza in mare” (ci sono versioni per il Mediterraneo Occidentale, Centrale e per il Mare Egeo) fornisce istruzioni su come prepararsi per il viaggio in barca attraverso il mare. Al migrante è detto di assicurarsi che la barca sia in condizioni di navigare; che abbia abbastanza cibo, acqua e vestiario; che sia equipaggiata di GPS e di telefono cellulare con le batterie completamente cariche, con abbonamento pagato per le chiamate all’estero; gli si consiglia di informare i suoi parenti e amici nel paese di destinazione, nonché nel suo paese d’origine del luogo e dell’ora di partenza e di arrivo, in modo da sapere quando informare i servizi nel caso in cui l’arrivo stia ritardando; di avere a bordo segnali di allarme per attirare l’attenzione delle navi di passaggio, in quanto ogni capitano ha l’obbligo di salvare la gente di mare, quali che siano le loro nazionalità o status giuridico.
Ancora, lo si istruisce su come comportarsi durante le operazioni di soccorso e, una volta sul suolo europeo, come rivendicare il diritto di asilo ai sensi della Convenzione di Ginevra del 1951. Ai migranti viene detto, senza mezzi termini, che cosa devono dichiarare per ottenere l’asilo, che viene concesso in caso di procedimenti giudiziari per razza, religione, nazionalità, appartenenza a un gruppo sociale o politico. Il migrante è inoltre incoraggiato a segnalare qualsiasi violazione dei suoi diritti.
L’opuscolo intitolato “Benvenuti in Grecia” dell’ottobre 2015, spiega che, anche se ai sensi del regolamento di Dublino, il migrante deve poter chiedere asilo nel primo paese in cui arriva, i paesi dell’UE non hanno ancora rinunciato a questa convenzione; viene suggerito senz’altro di procedere con il viaggio verso l’interno dell’Europa. Lo si informa, inoltre che ai migranti economici, non sarà concesso l’asilo; ancora una volta un chiaro accenno a cosa dire per essere accettato. Si fornisce anche il calendario per i traghetti e le navi complete dei prezzi del biglietto. E ci sono informazioni sulla geografia di Atene, gli indirizzi di organizzazioni umanitarie e pure un breve elenco di frasi utili in greco.
Anche in questo caso, che c’entri Soros resta da dimostrare, sebbene lo zampino di qualche Ong ‘amica’ sarebbe coerente con la sua agend.
E vero invece che nel 2015 l’ondata di profughi dal Medio Oriente via Turchia fu immane, provocando reazioni di rigetto in vari stati. La Germania ne accolse subito un milione, fino allo stop grazie all’accordo di Merkel con Erdogan che frutta tuttora alla Turchia €6 miliardi in tre anni. Versati dall’UE, non dalla Germania.


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2 pensieri su “NON SOLO SOROS: INCHIESTA SULLE ONG di Maria Grazia Bruzzone”

  1. Anonimo dice:

    Le origini di Suzanne Nossel sono note , se leggiamo poi quello che predica la Barbara Lerner Spectre da Stoccolma sull' Europa che desidera , tutto diventa piu' chiaro sul disegno complessivo globale .

  2. Anonimo dice:

    cvd . Il magistrato non ha convalidato l'arresto dell'eroina tedesca . Forse lo avrebbe fatto magari se ci scappava il morto ? In fin dei conti sta tipa ha fatto solo una marachella , so ragazze ! che dire , meglio tacere , che pure la speranza in questo paese e' morta . . E noi con essa .

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