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FRONTE SOVRANISTA ITALIANO di Moreno Pasquinelli

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[ lunedì 30 settembre 2019 ]

L’area che a vario titolo si definisce “sovranista” è purtroppo divisa e litigiosa. Noi, che di tentativi unitari ne abbiamo fatti diversi, ne sappiamo qualcosa.
Ora è il momento della polemica tra Francesco Amodeo e Diego Fusaro da una parte, e Stefano D’Andrea del Fronte Sovranista Italiano (FSI) dall’altra.
Fusaro e Amodeo criticano il FSI di avere una visione settaria ed eliocentrica dell’area “sovranista”. Stefano D’Andrea, nella sua farraginosa risposta ai due, conferma questa pretesa, suggellata dal recente rifiuto di aderire alla manifestazione del 12 ottobre LIBERIAMO L’ITALIA, motivo apparente che non si potranno esporre bandiere di partito.


Sbaglia chi pensa che sia la polemica teorico-politica la causa della divisione. Il confronto ed anche lo scontro, quando si hanno idee e concezioni diverse, è inevitabile e, ove esso sia condotto con onestà intellettuale, utile a mettere a fuoco per eventualmente superare le stesse divisioni. Ciò che pregiudica l’auspicabile unità contro il comune nemico sono semmai le critiche pretestuose e prive di sostanza. E’ con questo spirito che torniamo a dare un giudizio sul FSI. Decideranno i lettori se si tratta di critiche legittime o infondate.

Ontogenesi del FSI

Stefano D’Andrea (d’ora in avanti SD’A) iniziò la sua carriera politica nell’autunno 2011, grazie all’oramai storica assemblea “Fuori dal debito! Fuori dall’euro“, svoltasi a Chianciano Terme il 22 e 23 ottobre 2011. La stessa assemblea in cui Alberto Bagnai si affacciò nel piccolo (allora) mondo no-euro. Conoscemmo D’Andrea nell’agosto di quell’anno quando era già noto il testo che convocava l’assemblea. Accettammo volentieri di farlo salire a bordo.


Il momento di alta tensione che si viveva in quelle settimane (nel novembre 2011 avvenne il golpe bianco da cui nascerà il governo Monti), nonché il successo dell’assemblea ci spinse a lanciare nel novembre successivo SALVIAMO L’ITALIA – appello al popolo lavoratore, manifesto da cui nacque il Movimento Popolare di Liberazione. SD’A era tra i promotori.

Le strade con SD’A, solo dopo un paio di mesi di cooperazione (novembre 2011), si divisero. 

Sarà utile segnalare quali furono punti di dissenso tra noi e lui, poiché proprio in quella diatriba Sd’A precisò il suo pensiero e getto le premesse di quello che poi sarà il FSI. Tutto si può dire infatti di Sd’A meno che egli non sia un tipo pervicace, di una coerenza che tracima in ostinazione. Sia chiaro, in tempi come questi, con voltagabbana da ogni lato, meglio essere testardi che quaquaraqua. L’ostinazione tuttavia, se non è temperata da spirito autocritico e senso di misura, può tracimare in un’arroganza autocefala.

Lanciato assieme l’Appello (seconda settimana di novembre) si decise di elaborare un vero e proprio Manifesto per il Movimento Popolare di Liberazione. Con nostra grande sorpresa  Sd’A si mise di traverso rimettendo in discussione punti che sembravano assodati:

(1) Sd’A si oppose, già nel titolo dell’appello ad usare la locuzione “popolo lavoratore”. Per Sd’A la locuzione era “divisiva”. Secondo lui, occorreva un “Fronte patriottico antiglobalista”, per rivolgersi indistintamente a ricchi e poveri, oppressi e oppressori, inclusi ed esclusi, bastava che fossero italiani. Del tutto inutile fu dirgli che stavamo fondando un nuovo movimento politico, non un fronte unito, che quindi bisognava distinguersi non solo da certa sinistra ma pure dalle destre populiste; che per noi rivolgersi al popolo lavoratore significava parlare alla maggioranza che davvero subiva il regime d’oppressione euro-liberista; che quel suo rifiuto implicava infine una rimozione del concetto di lotta di classe.  

(2) Sd’A respinse l’utilizzazione sia dell’idea di “rivoluzione democratica” che di quella di “sollevazione popolare”. Per la precisione: «Io, oggi, non ho alcuna intenzione di sprecare un briciolo del mio tempo per promuovere una sollevazione popolare». Per lo Sd’A ogni appello alla mobilitazione diretta del popolo era un pericoloso sovversivismo. Per lui si doveva uscire dalla gabbia euro-oligarchica seguendo una strategia gradualista e parlamentare. 

(3) Sd’A si oppose infine con estrema durezza — ricordiamo che stiamo parlando del Manifesto fondativo di un nuovo soggetto politico — anche solo di  evocare la parola “socialismo”. Ogni prospettiva di fuoriuscita dal capitalismo era aborrita: ci si doveva limitare a riconquistare la sovranità nazionale, punto e basta. Il nostro condiva infine il suo discorso con una stucchevole e mitologica nostalgia della “prima Repubblica”. Inutile fu rammentargli quanto Gramsci scriveva sulla necessità che le classi subalterne dovessero diventare dirigenti della nazione, o che la sua “prima Repubblica”, fino a quando le masse popolari non irruppero sulla scena negli anni ’60, essa fu per loro un inferno di ingiustizia.

Chi conosce il FSI può facilmente capire come buona parte del suo attuale patrimonio genetico era scritto in quanto Sd’A sostenne allora. 

La pretesa “dottrina” sovranista 

Ebbene, nella sua replica a Fusaro e Amodeo lo Sd’A la fa lunga ma il succo è che rivendica con orgoglio il suo modus essendi e operandi settario, precisando altresì che FSI è deciso ad andare avanti da solo e che non gli interessa né conquistare l’egemonia nel campo patriottico, né tantomeno fare alleanze con altri gruppi sovranisti, al massimo solo “collaborazioni” in vista di scadenze elettorali — torneremo su questa storia delle elezioni visto che per il nostro sono una vera e propria ossessione paranoica. Come se non bastasse lo Sd’A sale in cattedra dispensando con sicumera voti a destra e a manca (non senza, ancora una volta, tirando in ballo anche noi) su chi è più bravo e ovviamente per confermare che FSI ce l’avrebbe più lungo

Beninteso il nostro dice anche cose condivisibili, quali la sua insistenza sulla necessità di un partito ben strutturato, di militanti preparati e disciplinati, di uomini e donne che sfuggano alle patologie narcisistiche e individualistiche della post-modernità.

La domanda però è: di che partito lo Sd’A sta parlando? Quale la sua natura? Quale la sua visione del mondo? Quale la sua teoria politica? Quale il suo programma? In otto lunghe pagine egli si guarda bene dal dircelo. Vittima della tipica deformazione professionale del giurista per il nostro le regole sono tutto, di qui il suo puntiglioso formalismo. Di che partito sia il FSI il nostro ce lo dice da un’altra parte, alfa e omega sarebbe il “sovranismo”:

«Il sovranismo è una dottrina che, recuperando il meglio delle istanze provenienti da quei sei fattori culturali, intende eliminare il principio di concorrenza e ri-costituire un equilibrio, se non armonico, almeno stabile e giusto, tra la libera iniziativa privata e gli altri valori che furono difesi dai sei fenomeni culturali segnalati». 

Quali siano questi sei fattori culturali Sd’A, tenetevi forte, lo spiegava poco più avanti: 

«liberalismo, religione, socialismo, nazionalismo, riformismo socialdemocratico e keynesismo». 

Come possa venir fuori una “dottrina” da questo minestrone sconclusionato solo Dio lo sa. Sta di fatto che Sd’A ha plasmato un bizzarro animale a sei teste, che solo lui può immaginare guardino nella stessa direzione. Ma è chiara l’illusione: un partito “sovranista” piglia-tutto. Il nostro propone di “Recuperare il meglio” guardandosi bene dal dirci in cosa questo “meglio consista”. Detto che il “comunismo” — en passant, il movimento politico di massa più grande della storia umana — non è nella lista: di quale

liberalismo si parla? Di quale socialismo? Di quale keynesismo? Di quale religione? E di quale nazionalismo — anche quello fascista e/o imperialista? 


Il succo di questo guazzabuglio tra diavoli e acque sante sarebbe “l’eliminazione del principio di concorrenza e l’equilibrio tra la libera iniziativa privata e i valori che furono difesi dai sui fenomeni culturali segnalati”. Un po’ poco, con tutta evidenza, per parlare di “dottrina”, tant’è che la “cosa” che potrebbe mettere d’accordo stalinisti, socialdemocratici, fanfaniani e financo i fascisti.

Sintomatico come i militanti del FSI la facciamo semplice e interpretino questa  “dottrina” a geometria variabile. Sentiamone uno. “Sovranismo” sarebbe:

«… il primato dello stato sul privato, la proprietà pubblica dei servizi strategici, la pianificazione economica orientata all’utilità sociale, i diritti del lavoro, lo stato sociale».

Quindi un altro

«Il sovranismo è l’istanza di riconquista della sovranità da parte del popolo e dello stato ricollocando la Costituzione del ’48 al vertice dell’ordinamento giuridico».

La diamo per buona ma… Forse che solo il FSI difende questi principi? Ovvio che no. Essi sono anzi oggi difesi dalle diverse correnti ideologiche del “sovranismo”. Ciò per dire che questi principi sono abbastanza affinché queste correnti facciano fronte e si alleino contro il nemico comune, del tutto insufficienti per fondarci sopra un partito. E prendiamo pure per buono come il FSI si autodefinisce di recente dopo anni di ambiguità: un partito socialdemocratico. La montagna ha partorito il topolino.


Plutonismo versus Nettunismo


E qui veniamo ad una delle stramberie del FSI: come spiega Sd’A nella sua risposta a Fusaro e Amodeo: “collaborazione sì, alleanza no”. Il nostro tenta di spiegare dove sia la differenza, e la risposta rassomiglia come una goccia d’acqua il patetico mantra grillino (“accordi sì alleanze no”), per non dire che l’insopportabile spocchia di considerarsi i “veri sovranisti” riporta alla mente quella del Marchese del Grillo: “Io so io, e voi non siete un cazzo”.

Questa chiusura del Fronte Sovranista Italiano al fronte dei sovranisti italiani risiede in un argomento ben preciso, che Sd’A scolpisce con nettezza nella sua risposta:

«la prospettiva della liberazione e dell’indipendenza dell’Italia” è un obiettivo lontano; ci troveremmo ad agire come i patrioti nel 1816 e nel 1821 o nel 1831 o nel 1849, non nel 1860″. 

L’analogia, com’è evidente, è tra la lotta d’indipendenza e quella odierna per uscire dalla Ue. Sorvoliamo sulla grottesca lotteria delle date — fa differenza e come! essere 45, 30 o 12 anni dalla meta. Per Sd’A i tempi dell’uscita sono lunghi, anzi lunghissimi. E siccome non c’è urgenza (vallo a dire al popolo lavoratore che pena e soffoca sotto la cappa dell’ordoliberismo!), si proceda con la propaganda apostolare a scopi di proseltismo. 

Su quali basi egli fondi questa sua granitica convinzione a noi non è mai stato chiaro. Forse l’avrà spiegato ai suoi in camera caritatis. Sbaglieremo ma a noi pare che Sd’A, invece di attrezzare l’organizzazione ai tempi ed alle dinamiche storico-sociali reali compia l’operazione inversa, quella di coartare i processi sociali e politici oggettivi ai tempi necessari al FSI per diventare il partito egemone della nazione. Dietro ad un’apparente saggezza siamo all’apoteosi del soggettivismo.

Per chi scrive, ed è in buona compagnia, questa Unione europea ha invece fondamenta fragili, è un condensato di irresolubili contraddizioni, e non sopravviverà ad un’altro scossone come quello del 2010-11. Anche ammesso che la Ue fosse in grado di resistere ad una nuova grande recessione (con inevitabile esplosione finanziaria), non ne uscirà a 28 ma perderà diversi pezzi, e tra questi pezzi c’è il nostro Paese. Dei “sovranisti” con i piedi per terra dovrebbero quindi attrezzarsi alla rottura prossima dell’Unione — di qui la necessità di un fronte patriottico comune o nuovo CLN — onde evitare che l’uscita sia pilotata dalle destre liberiste.

La questione ci riporta all’idiosincrasia di cui sopra dello Sd’A all’idea della “sollevazione popolare”. Dietro c’è, a ben vedere, una concezione della storia. Il nostro è agli antipodi della visione marxiana per cui le rivoluzioni sono il motore della storia, ed è prigioniero di una visione darwiniana dell’evoluzione storica, per cui essa procede per passaggi lenti, graduali e progressivi. Tesi, corre l’obbligo di notare, contestata dai sostenitori della “evoluzione punteggiata”, per cui le modificazioni avvengono di colpo, in seguito a catastrofi e radicali modificazioni ambientali. Stessa musica tra i geologi, divisi tra plutonisti che parlano di cambiamenti graduali del pianeta e nettunisti, che sostengono, al contrario, che la Terra sia cambiata anzitutto a causa di eventi singoli cataclismatici. 

Sia come sia non ci sarà alcuna uscita indolore dall’Unione europea: essa sarà il frutto o di un suo multilaterale e doloroso collasso geopolitico o di una rottura unilaterale non meno devastante.
Nella sua risposta Sd’A ripete almeno venti volte (come del resto aveva sempre ribadito) che l’asse della strategia del FSI è quello elettorale. La capacità egemonica di un partito si misura per il nostro dai voti che prende. Dai voti che ottiene si misurano la sua forza, il suo valore, la credibilità. Ed in effetti, quando  Sd’A si vanta delle “mille azioni” compiute dal FSI intende non azioni di lotta popolare basate sul protagonismo dei cittadini, bensì esclusivamente banchetti, rinfreschi, raccolte di firme per presentare le sue liste, ovviamente comizi dove queste liste è riusciti a presentarle. L’essere riusciti a presentarsi in qualche elezione alimenta la sua iattanza.

Siccome ci si dice che le elezioni sarebbero il parametro fondamentale della strategia di un partito “sovranista, si è obbligati ad andare a vedere come sta messo davvero il FSI.


Con la lista “Riconquistare l’Italia”, il FSI si presenta per la prima volta in elezioni importanti alle regionali del Lazio del 4 marzo 2018. Benché presente in tutte le provincie il risultato è disastroso. Risultato: il candidato presidente (Stefano Rosati) ottiene lo 0,16% arrivando 9° su nove candidati, mentre la lista, con lo 0,10% arriva 19° su 19.

Il 22 ottobre 2018 è la volta della provincia di Trento, nell’ambito delle elezioni regionali del Trentino. In questa provincia il risultato è simile a quello del Lazio. Sia la lista che il candidato presidente (Federico Monegaglia) ottengono lo 0,10%. Risultato: il candidato è 11° su 11, la lista 22° su 22.

Il 10 febbraio 2019 si tengono le tante volte annunciate annunciate come la prova del nove dallo Sd’A, elezioni regionali in Abruzzo. Le truppe del FSI risultano disperse nella Marsica, nessuna lista.

Il 26 maggio si vota per le regionali a Pescara, città dove l’FSI ha forse il gruppo più numeroso e agguerrito. Ebbene qui c’è il “boom” di Riconquistare l’Italia: i candidato sindaco, Gianluca Baldini, arriva 7° su 8 (0,77%). La lista è 16° su 17 (0,67%).

Ora è la volta delle regionali in Umbria, dove, a meno dell’intervento della Divina Provvidenza, la musica non sarà diversa. Come potrebbe del resto andare diversamente quando in quella regione si getta avventuristicamente nella mischia un numero talmente esiguo di militanti che al massimo potrebbero presentare una lista in un comune diecimila abitanti?


Di questo passo, ad andar bene, ammettendo una progressione aritmetica, il FSI ci metterà dagli ottanta ai cento anni per diventare egemone, salire al potere e “far uscire  l’Italia dalla Ue per recesso”. Sd’A dovrebbe quindi rifare i conti, poiché non saremmo “nel 1816 e nel 1821 o nel 1831 o nel 1849″, ma a prima della Rivoluzione francese.

Non ce ne vorranno gli amici del FSI ma la cosa ci fa venire in mente il noto aforisma di Keynes: “Sul lungo periodo saremo tutti morti”, FSI compreso.

Per chi ne voglia sapere di più qui gli articoli in cui, negli anni, abbiamo parlato dell’ARS e del FSI:

SOVRANISMI (DI SINISTRA, DI DESTRA… E DI CENTRO) di Moreno Pasquinelli

A QUELLI CHE I DIRITTI CIVILI… NO di Moreno Pasquinelli

7 pensieri su “FRONTE SOVRANISTA ITALIANO di Moreno Pasquinelli”

  1. Anonimo dice:

    Io lo lascerei perdere. Non è dannoso e forse non inutile alla causa. Vive in un'altra dimensione, passata. Le sue bandiere sono bianche, il suo ispiratore è, non Gramsci ma Donat Cattin: cattolico,democristiano e anticomunista. Altra storia che non ritornerà più. Non merita perderci tempo. Parafrasando Sartre potremmo definirlo, non un compagno, ma un amico di strada. Al momento danni non ne fa.

  2. Anonimo dice:

    Quando non si riesce a ottenere e conservare l'inziativa va a finire così.Il Sovranismo farà una manifestazione il 12 Ottobre … Ma perchè non dopole vacanze natalizie? Magari dopo la settimana bianca, adesso vediamo.Quando invece un movimento agisce in modo risoluto con un programma in pochi punti, ma di prospettiva strategica,con un'azione incalzante senza dare al nemico il tempo di capire nemmeno quello che sta succedendo, con l'apertura di un fronte dal quale non si arretra a costo della vita, diventa tutto una buffonata. Evidentemente pesa l'esperienza sciagurata del movimento di sinistra in Italia con i compromessi le manifestazioni di Sabato i sacrifici, e un'imbecillità inquantificabile che passo dopo passo, svolte dopo svolte, strappi dopo strappi, ha condotto tanti italiani alla desolazione più disperante, ma è evidente che questo stato mentale si radicato così profondamente che è ormai irreversibile, tale che qualsiasi sia l'aggregato si tratti di sindacalismo di base partiti o movimenti si finisce per fare le stesse cose e ragionare. Mai nella storia si era vista una base più moderata dei capi, come nel caso dei 5 stelle. Forse è il caso di pensare a formare delle persone con un'altra testa e con un altro modo di immaginare la vita.Roberto 58

  3. Anonimo dice:

    Robert 58Ma quale movimento risoluto? Siete o almeno apparite una piccola setta con due o tre guru che vestono i militonti a loro piacere e hanno pure la pretesa di plasmarli caratterialmente! Roba da matti! Quanto al programma siete una riedizione perfetta della democrazia cristiana. La socialdemocrazia di Kautsky e Bernestein lasciatela perdere. Essa si batteva per il comunismo e socialismo che voi sdegnate radicalmente!Mauro P.

  4. Anonimo dice:

    Sarò curioso di leggere la risposta del FSI.Noto che Appello al Popolo è linkato su questo blog.Non è una contraddizione?

  5. Anonimo dice:

    Sono uno che per un po' li ha frequntati (ai tempi dell'ARS) e sì, FSi è una proprio una piccola chiesa settaria.Forse il Pasquinelli non ha sottolineato abbastanza l'incongruenza che salta agli occhi, tra l'essere un gruppo chiuso (come lo stesso D'Andrea ammette nella risposta a Amodeo e Fusaro) e la fissazione per la Costituzione, che loro considerano una specie di Talmud. Occorre essere proprio strani per considerare una Carta che andò bene a comunisti, democristiani liberali ecc, la carta d'identità di un partito-setta.Per il resto complimenti per la critica pungente.

  6. Anonimo dice:

    Va detto che se sono veri i limiti del FSI le iniziative lanciate da questo blog sono anch'esse sempre naufragate. Almeno FSI alle elezioni ci arriva voi no. O vogliamo parlare delle regionali siciliane del 2017 e di Italia ribelle e sovrana alle politiche del 2018? Insomma l'area sovranista sta messa talmente male che c'è poco da stare allegri.

  7. Anonimo dice:

    da siciliano federalista e no-euro diedi una mano al tentativo di presentare la lista in occasione delle elezioni regionali. Inutile dire che ci restammo con l'amaro in bocca per non esserci riusciti. Quello che forse l'amico sopra non sa è che la lista SICILIA LIBERA E SOVRANA con Busalacchi candidato presidente, venne respinta dalla Corte d'Appello per alcune irregolarità attinenti ai meccanismi astrusi che, da quel che ne so, sono operativi solo nella mia regione. Ricordo all'amico che la Sicilia è enorme ed ha nove province e che di firme ne vennero comunque raccolte diverse migliaia con uno sforzo pazzesco che coinvolse decine e decine di attivisti di quasi tutte le province. Fu un fallimento? Sì lo fu, ma fu un fallimento che subimmo con onore. E se la lista fosse stata accettata sono sicuro che avremmo preso ben più che un prefisso telefonico.

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