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SPAGNA: PERCHÉ AVANZA LA DESTRA POPULISTA di Manolo Monereo

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[ martedì 12 novembre 2019 ]

Avevamo appena concluso di tradurre questo importante articolo di Monereo a commento delle elezioni spagnole che le agenzie battono la notizia che nella notte Pedro Sanchez (POSE) e Pablo Iglesias (Podemos) avrebbero raggiunto un accordo per formare un governo congiunto con Sanchez primo ministro e Iglesias Vice. 
LEGGI IL TESTO DELL’ACCORDO
Vedremo come andrà a finire questa sceneggiata. La sensazione è che sia un presagio di sventura. Di sicuro un’esito opposto a quello augurato da Manolo Monereo.

*  *  *

SCENE DOPO LA BATTAGLIA

La storia conta e molto. Quando i cambiamenti democratici diventano frustrati, le società reagiscono in vari modi e forme. Viene alla ribalta quello un grande italiano ha chiamato “aspetti morbosi della politica”. Per far sì che l’ordine regnasse, hanno dovuto piegare le volontà, forzare gli abbandoni e propiziare ogni tipo di opportunismo. Sì, lo ripeto, la frustrazione di un cambiamento tanto atteso e auspicato è all’origine di ciò che ci accade. VOX non è una casualità. Molti di noi sapevano che si venivano creando in Spagna le condizioni per un populismo di destra duro e puro. Forse siamo rimasti sorpresi dalla sua velocità e dalla forma che oggi come oggi ha preso, neofranquista e neoliberista.
Non tornerò sull’irresponsabilità di Pedro Sánchez e del PSOE. Ha fatto parte di una strategia che aveva due obiettivi fondamentali: riportare il PSOE ad essere l’asse della ricomposizione del regime e limitare, quindi rimpiccolire e rompere Unidas Podemos. Questa è stata la politica di Pedro Sánchez sin dall’inizio, apparire come garante di un sistema politico in crisi e assicurarne l’egemonia sulle vecchie rotaie del bipartitismo politico. L’operazione non ha avuto il successo previsto; ciò di cui non si può dubitare è che questa strategia, in un modo o nell’altro, continuerà a costituire il fondamento del PSOE nei prossimi anni.
La prima pagina di EL PAIS on line, ore 15:00 di oggi 12 novembre

È la mappa politica spagnola che è cambiata di nuovo. In molti modi rassomigliamo all’Europa. Va detto fin dall’inizio di non farsi ingannare: il tutti contro VOXfavorirà il partito di Santiago Abascal. Come altre esperienze europee hanno mostrano in più di una occasione, i fronti antifascisti aggiungono solo più confusione, adottano una tattica sbagliata e finiscono per rafforzarlo. Si tratta di diagnosticare con precisione perché un partito come VOX raddoppia i suoi risultati e diventa la terza forza politica nel paese. A mio avviso, ha a che fare con tre elementi correlati: la crisi della globalizzazione e le crescenti richieste di protezione, sicurezza e ordine; la cosiddetta “questione territoriale” [ci si riferisce al secessionismo catalano, NdR] e la violenze utilizzata che ha scandalizzato gran parte della popolazione ritenendo che il loro Stato, la loro identità e il loro futuro come popolo siano in pericolo; in terzo luogo, la rabbia e l’indignazione crescente di una parte sostanziale della popolazione nei confronti di una classe politica separata, dipendente dalle grandi potenze e senza un vero progetto in grado di risolvere i grandi problemi che le persone normali e ordinarie incontrano, sempre più, con la paura di un futuro peggiore del presente.
Lo scenario sta diventando sempre più simile a quello di alcuni paesi europei. Destre sempre più dure, estreme destre populiste e sinistre senza alcuna spina dorsale politica, organicamente deboli e senza capacità propositiva. Unidas Podemos non ha fatto molto per invertire la tendenza che l’ha ficcato sempre più nel vecchio spazio della Izquierda Unida. Grave non è solo la diminuzione dei voti e dei seggi, ma la perdita di reale influenza nella società, la mancanza di forti legami sociali e la progressiva dissoluzione del poco che restava della militanza attiva incarnata nei circoli. Ora come in aprile, si pretende di correggere questa debolezza con campagne fantasiose sulle reti sociali e l’appello, ancora e ancora, della necessità di governare con il PSOE.
C’è una contraddizione che vale la pena spiegare. Mi riferisco a un mantra che si ripete mille volte: se siamo forti, non rimarrà altro a Pedro Sánchez che governare con Unidas Podemos. Intendiamoci: si dice che non c’è da fidarsi del PSOE e che la sua tendenza naturale è o la grande coalizione [col Partito Popolare, NdR] o il grande patto con le destre; si dice che ciò è possibile perché Pedro Sánchez è debole di fronte alle pressioni dei poteri forti economici; si dice che l’unico modo per superare tutto ciò sia rafforzare Unidas Podemos. Il paradosso di così tante ipotesi è che ogni campagna elettorale focalizzata sul governo con il PSOE ci rende più deboli e con una correlazione di forze (nella società, nell’opinione pubblica o nelle istituzioni) sempre più sfavorevole.
I seggi nel nuovo Parlamento spagnolo

Questa campagna elettorale è stata una grande opportunità. Pedro Sánchez e il suo governo hanno lasciato un’autostrada alla sinistra e l’hanno lasciata tutta allo Unidas Podemos. Mas Pais [la neonata formazione politica guidata da Iñigo Errejon sorta dalla recente scissione di destra di Unidas Podemos, NdR] non vi è entrata mai e ha perso vigore man mano che la campagna elettorale procedeva. Era giunto il momento dell’alternativa, di disputare al PSOE l’egemonia a sinistra e sollevare una bandiera del Paese, dei diritti sociali e delle libertà pubbliche, di una proposta socio-economica radicale, delle critiche alle politiche austericide dell’UE e della difesa della sovranità popolare e del patriottismo repubblicano. Alla fine, la routine e la mancanza di immaginazione si sono nuovamente imposte: governare con un Partito socialista al quale non si riconosce né qualità né un progetto proprio, del quale pubblicamente (giustamente) non ci si fida e al quale viene chiesto di far parte di un governo in evidenti condizioni di minoranza.
Ciò che è accaduto ora lo abbiamo vissuto molte volte: un Partito socialista che vuole governare da solo cercando sostegni parlamentari e Unidas Podemos che chiede di governare in coalizione. Nel mezzo, i partiti nazionalisti e indipendentisti che, logicamente, richiederanno concessioni in tutti i settori che li riguardano dopo una campagna — non dimentichiamolo — in cui Pedro Sánchez li ha affrontati apertamente.
La domanda deve essere posta: non sarebbe meglio per Unidas Podemoslasciare, per ora, le poltrone ministeriali e concordare un programma strutturato gestito da un’opposizione efficace, dedicando tempo e lavoro per ricostruire un progetto dal basso che affronti i poteri forti economici?

Manolo Monereo Pérez

Madrid, 11 novembre 2019
* Traduzione a cura della Redazione

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