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ANTISEMITA CHI? di Nazareno Filippi

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[ giovedì 12 dicembre 2019 ]



E’ da un bel pezzo che s’avanza in Occidente un’isterica campagna pro-israeliana che tenta di equiparare antisemitismo e antisionismo. Lo stesso Presidente Mattarella, senza il minimo senso del pudore, liquidò il secondo come epifenomeno del primo. Ricordiamo, tanto per segnalare fino a che punto giunge la tracotanza sionista, che Gherush92, l’organizzazione di ricercatori e professionisti consulente speciale con il Consiglio Economico e Sociale delle Nazioni Unite, chiedeva di mettere all’indice dalle scuole la Divina Commedia di Dante Alighieri, poiché conterrebbe canti antisemiti.

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La recente vicenda della senatrice a vita Liliana Segre, come era prevedibile, ha finito per suscitare polemiche a catena, decisioni e contro-decisioni, verità e contro-verità. Da evento morale e apolitico quale avrebbe dovuto essere nelle buone e migliori intenzioni — no all’odio, sì all’amore — di coloro che hanno sposato sin dall’origine questa causa, si è poi trasformato nella solita gazzarra di bassa politica mediatica dove chi meno sa e meno ha studiato, ma fa la voce più grossa, riesce alla fine a portare a casa qualche risultato. 

Si parla ormai, nel dibattito pubblico, di comunismo storico novecentesco senza aver letto una riga di Edward Carr; così come si parla di fascismo senza conoscere le tesi di De Felice o di liberalismo ignorando La storia del liberalismo europeo di De Ruggiero. 

Questo blog ha già ospitato interventi sulla questione dell’antisemitismo basandosi sul pensiero storico e filosofico dell’ebrea Hannah Arendt rilevando una dimensione assai più complessa e controversa di quanto si è portati a tutta prima a credere. La Arendt, secondo Pierpaolo Pinhas Punturello, non si può classificare sic et simpliciter come antisionista, ma nonostante ciò nei suoi studi il Nostro porta vari elementi che denotano, se non una netta e radicale contrapposizione al Sionismo, comunque un chiarissimo dissenso filosofico-politico e critico che per certi versi è addirittura ben più pugnace dell’antisionismo esplicito. 


La Arendt immagina e teorizza nuove modalità dell’essere ebreo che siano in grado di non

richiamarsi, storicamente, ad una immutabile ed eterna essenza ebraica e che sappiano realizzarsi nella loro transitorietà in identità distanti niente affatto coincidenti con il mondo ebraico. Nel 1942 Hannah Arendt, almeno ufficialmente e politicamente, taglierà infatti ogni ponte e ogni

ipotesi di collaborazione con il mondo attivistico e militante Sionista. Oltre alla Arendt, come è noto vi è una foltissima schiera di pensatori e comunità ebraiche israeliane e non, che hanno preso via via le distanze dal Sionismo, sia esso nazionalista o laburista, sino al punto da considerarlo niente meno che uno strumento ideologico o razziale di persecuzione antiebraica: si va dalla

classica accusa di apostasia antisemita rivolta ai sionisti da talune correnti degli haredim e di ebrei ortodossi a quella di “vittime ebree del Sionismo” di cui ha trattato Ella Shohat nel suo bel saggio. Ron Lauder, presidente del Congresso Mondiale Ebraico, ha annunciato la nascita di ASAP (Antisemitism Accountability Project), con un fondo che disporrebbe per ora di 25 milioni di dollari; il fine, stabilendo una, come appena visto, assoluta quanto forzata identità tra ebraismo e Israele, è quello di contrastare e combattere politicamente ogni dissenso verso le politiche dello Stato israeliano. 

Donald Trump sta quindi attuando un ordine esecutivo che imponga il divieto di insegnamenti o eventi antisraeliani nei campus universitari, basati su una strategia di boicottaggio e disinvestimento in Israele, il cui principale fine è sensibilizzare l’opinione pubblica occidentale sulla tragedia umanitaria che da decenni colpisce senza speranza di salvezza i civili palestinesi. Il presidente firmerà perciò un ordine esecutivo in base a cui il titolo VI della legge sui diritti civili, che vieta le discriminazioni etniche e razziali, sarà applicato anche all’ebraismo. 

Macron ha approvato una legge che stabilisce l’equazione ideologica e culturale tra antisemitismo e antisionismo e Salvini, dall’Italia, alza il tiro annunciando che sono pronte mozioni della Lega, in parlamento a Roma e a Bruxelles, per condannare “ogni forma di antisemitismo e odio contro Israele”. 

Nell’intero scenario politico occidentale si intende procedere assecondando la linea geopolitica della lobby israeliana americana, che secondo vari analisti come Mearsheimer sarebbe la lobby politicamente più potente ed influente d’occidente. La linea politica sionista, Israele Stato razziale e teocratico di “tutti gli ebrei”, vedrebbe come prime vittime, di nuovo, quelle comunità ebraiche che non riconoscono il Sionismo. Chiaramente, lo strumento giudiziario e poi, in estrema istanza, penale diviene così un campo di gioco e contrapposizione tra linee e fazioni geopolitiche. 

Altra vittima, come sempre avviene in questi casi, sarebbe proprio quella verità storica e quella memoria, che si volevano originariamente tutelare. Prescindendo dal fatto che la linea liberticida sarebbe in tal caso ampiamente varcata, si pongono una serie di questioni socio-politiche dirimenti, visto che questo è il piano su cui sta inclinando lo scontro. Le medesime forze che vorrebbero concedere lo Ius Soli per regolarizzare la situazione giuridica e comunitaria di centinaia di migliaia, se non più, di islamici in omaggio ad una logica della buona accoglienza al tempo stesso hanno fatto immediatamente sapere che non esiterebbero a sostenere i decreti Trump-Salvini-Macron. 

Probabilmente gli esponenti di queste forze fingono di ignorare che tali mozioni continuano pienamente quella che per il comune sentire musulmano è, in Medio Oriente in particolare, ma non solo lì, una vera e propria guerra di civiltà israeliana e occidentale contro l’Islam. Non a caso, nella Francia di Macron, poche settimane fa, decine di migliaia di francesi di religione musulmana hanno manifestato contro l’Islamofobia della Quinta Repubblica francese. In un sondaggio appena pubblicato, il 42% dei francesi di religione musulmana afferma di aver subito delle discriminazioni. L’appello, pubblicato su “Lìberation” il 1 novembre scorso, firmato da vari esponenti della sinistra, faceva esplicito riferimento al “razzismo anti-islamico” che caratterizza la vita politica e sociale francese e parlava di “leggi liberticide” in relazione a quella del 2004 che esclude i segni religiosi nella scuola e quella del 2010 che proibisce il burqa nelle strade, per ragioni di sicurezza. 

Gli “Afghanistan papers”rivelano proprio in questi giorni che presidenti e organi informativi anglosionisti mentivano quando dicevano di combattere e bombardare contro il terrorismo, per la democrazia e la libertà nel Medio Oriente allargato. Il Piano Lewis, basato sulla balcanizzazione del Medio Oriente ed il Piano Odeod Yinon, basato sulla strategia di Grande Israele, andrebbero meglio analizzati e studiati per cercare di comprendere quanto è avvenuto negli ultimi decenni. 

Lo stesso Cristopher Hitchens, ex militante della sinistra antagonista, massimo teorico dell’ “islamo-fascismo”, ha enormemente contribuito a divulgare il principio e la prassi della guerra di civiltà islamofobica. Quanto ora si sta proponendo è in continuità con tale linea. Alla luce di questo breve e sommario orizzonte storico-politico, non può infine essere trascurato il messaggio di pace e di unità religiosa che ha caratterizzato il Pontificato bergogliano. Il punto fermo su cui quest’ultimo sembrava aver insistito, dal primo messaggio rilasciato in tal senso dalla Turchia musulmana nel novembre 2014, era quello che i cittadini musulmani, ebrei, cristiani godessero dei medesimi diritti e rispettassero i medesimi doveri. In quel contesto, ma non solo in quel caso, il Pontefice lanciò anche un ardito messaggio di unificazione delle tre fedi contro il terrorismo (di stato o di gruppi militanti), contro le ingiustizie sociali e le discriminazioni etniche. Sarebbe a questo punto interessante conoscere la visione del Pontefice circa l’azione della lobby israeliana USA, per cui il Sionismo è lo stato razziale e religioso di tutti gli ebrei, con Gerusalemme capitale. 

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