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CHE SUCCEDE ADESSO? di Piemme

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[ mercoledì 4 dicembre 2019 ]

Il casino visto l’altro ieri alla Camera e al Senato, l disfida tra Conte e Salvini, i mal di pancia dei Cinque stelle, occupano pagine e pagine dei giornali in edicola.

Il governo italiano sottoscriverà  il Trattato denominato MES al prossimo vertice europeo?
Oppure ci sarà un rinvio della firma?

Vada come vada la vita del governo Conte Bis sembra appesa ad un filo.

Sul MES e quanto esso sia esiziale per il nostro Paese abbiamo detto l’essenziale e ci torneremo su. Sta di fatto che questa crisi politica, più delle altre, tira in ballo la questione dell’appartenenza del nostro Paese all’Unione europea e all’eurozona.
Il perché è presto detto: l’eventuale entrata in vigore del Trattato non solo incatenerebbe l’Italia in modo definitivo al ceppo oroliberista ma, in caso di nuovo schock finanziario globale, la spingerebbe nel baratro.

Sì, firmare questo Trattato, sarebbe un crimine politico di portata storica.
Per questo, ad esclusione del PD, che era e resta la principale protesi politica della grande borghesia euro-mondialista, serpeggia in tutti gli altri partiti il timor panico di compiere l’ultimo passo, la certificazione che l’Italia è disposta ad accettare in futuro, ove l’euro e l’Unione fossero in pericolo di vita, di diventare un protettorato franco-tedesco.

Così ci spieghiamo il casino: malgrado tutte le nequizie delle forze politiche, nonostante tutte le loro pochezze (destre “sovraniste” comprese), esse veicolano la resilienza del Paese a compiere eutanasia.

Prova di quanto diciamo è che solo qui da noi la questione del MES è al centro dello scontro politico. Negli altri paesi, pure in quelli che col MES ci lascerebbero le penne, tutto pare filare liscio.

Dimostrazione di quanto andiamo dicendo da tempo. Di due cose in particolare: che l’Italia è il principale anello debole della catena eurounionista, che il nostro Paese è e resta (il Regno Unito che a giorni sperabilmente abbandonerà la Ue fa storia a sé) il principale e più avanzato laboratorio politico.

Non disperiamo quindi, che tutto è ancora possibile.

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