53 visite totali, 1 visite odierne

Browse By

PERCHÉ DIFENDO LA RIVOLUZIONE IRANIANA di A. Vinco

53 visite totali, 1 visite odierne
[ domenica 1 dicembre 2019 ]

La rivoluzione iraniana del 1979 è stata senza dubbio uno degli eventi più importanti del ‘900. I giudizi sono stati diversi, spesso opposti. Uguale sorte è toccata alla Repubblica Islamica  che scaturì da quella rivoluzione.  L’Occidente la condanna come una “esecrabile dittatura teocratica”. Questo articolo, che volentieri pubblichiamo, esprime un diverso punto di vista.

Sofia Ventura [nella foto sotto] , nota politologa, sulla su LA STAMPA del 24.11.2019 trae spunto dal viaggio iraniano di Di Battista per attaccare la Repubblica islamica creata da imam Khomeini. La Ventura accusa l’Iran di essere illiberale, di destabilizzare il Medio Oriente, di non rispettare i diritti omosessuali ed infine di aver represso nel sangue la rivolta della settimana scorsa. La politologa occidentale continua ad usare terminologie più adatte per il cattolicesimo dei secoli scorsi o forse per il sionismo nazionalista israeliano, come quella di “teocrazia”, piuttosto che per il repubblicanesimo sciita.

La Rivoluzione iraniana del ’79 non solo secondo Kissinger ma anche secondo un articolista del “Sole24ore” come Bidussa fu l’evento centrale della seconda metà del 900 ed ebbe una partecipazione democratica e popolare che nessuna altra rivoluzione nella storia ha conosciuto. Si ricordino d’altra parte i funerali di imam Khomeini del giugno 1989, dove circa 14 milioni di persone resero devotamente omaggio al politico rivoluzionario; mai, nella memoria storica contemporanea, vi sono stati funerali di simili dimensioni per un umile capo di stato, i cui unici beni di proprietà al momento della morte furono tre libri di metafisica, un rosario per la meditazione e un tagliaunghie. 
Il tratto fondamentale della rivoluzione del ’79 non fu quello di essere illiberale ma di essere, all’opposto, assai moderna, coniugando con geniale abilità tattica la prassi dell’antimperialismo globale dei movimenti di resistenza al liberalismo oppressore occidentale, dal peronismo al nazionalismo panarabo di estrazione nasseriana, con una ideologia democratico-repubblicana di radice religiosa sciita, continuando così l’impulso di riformatori sociali come l’imam Hosayn e Jamal al Din al-Afghani. 
La concezione imamita del vilayat-i-figh, “il governo del giureconsulto” o il Governo islamico perfetto (Hokumat-e Eslami), già teorizzata da Mullah Ahmad Naraqi (m. 1830) ed insita nelle radici dello Sciismo rivoluzionario, la quale in termini giurisprudenziali può forse meglio corrispondere a ciò che gli occidentali e la Ventura considerano “teocrazia”, non si identifica con l’attuale Repubblica islamica. Secondo la dottrina sciita, dato che il Dodicesimo imam è andato in occultamento, è compito del clero sciita, selezionato ed

addestrato, in qualità di rappresentante dell’Imam occulto, prendere le redini guidando la comunità islamica. La Repubblica islamica è invece un compromesso tra l’anima repubblicana e quella più propriamente islamica: con l’inserimento del termine “repubblica” (jomhuri) al posto di “governo” (hokumat) l’imam attribuisce allo Stato, oltre che la legittimità divina, anche quella democratico-popolare. 

La sovranità assoluta teorizzata per il “giureconsulto” si concilia con la sovranità popolare: il repubblicanesimo islamico dà vita ad un dualismo istituzionale, da un lato si hanno apparati costituzionali quali il Parlamento e il presidente della Repubblica con i suoi ministri, dall’altro, per garantire l’islamicità della Repubblica e la sovranità divina, si istituiscono organi quali “il consiglio dei Guardiani”, l’ “assemblea degli Esperti” e il “consiglio per il Discernimento”. 
La Repubblica islamica rappresentò la sintesi di tutte le frazioni rivoluzionarie e democratiche, dai liberali antimonarchici ai nazionalisti, per finire ai socialisti patriottici non obbedienti come mercenari dei diktat sovietici. Di conseguenza è del tutto astratta e fuorviante la categoria di “illiberalismo”: occorrerebbe più correttamente parlare di una democrazia sociale e popolare islamica, frutto maturo di una rivolta costituente moderna condotta da imam Khomeini contro la politica oligarchica, plutocratica, postmoderna e supermaterialista del “liberalismo” occidentale, che aveva nel regime taghuti di Reza Shah un suo console coloniale. Nelson Mandela, ad esempio, definì in più circostanze imam Khomeini il più grande leader democratico e rivoluzionario dei tempi odierni, la più alta coscienza morale dello spirito del tempo ed i movimenti di liberazione afroamericana negli Usa hanno considerato e considerano la Repubblica islamica un modello di sviluppo sociale democratico eticamente ben superiore a quello dei paesi occidentali “liberalistici”. 
Da questa profonda necessità di giustizia sociale interna ed internazionale nacque la Repubblica islamica che avrebbe abbattuto il vecchio mondo reazionario e iniquo di Yalta — “né Oriente né Occidente, né Usa né Urss ma Iran islamico e partito mondiale degli Oppressi” — e posto le basi per l’avvento di una nuova era multipolare. 
Secondo la visione politica dell’imam non aveva particolare importanza parlare di democrazia e liberalismo, in quanto i concetti di libertà e partecipazione popolare erano insiti nella retta pratica islamica di Stato. Tuttavia, dato che il sistema politico iraniano, come visto, è un ibrido esso è evidentemente democratico, a meno che il voto dei cittadini americani o tedeschi, per fare due esempi con sistemi amministrativi differenti, sia più pesante ed intelligente di quello di milioni di iraniani. 
I recenti disordini che hanno scosso l’Iran
E tuttora, citando il caso dei recenti disordini che sembrano stare così al centro del cuore della Ventura, anche ammettendo, in via del tutto ipotetica, che tali disordini (e ci riferiamo ad omicidi mirati di Basiji e Pasdaran compiuti da mani esperte e squadre di élite militari organizzate) siano stati spontanei, come però spiegare la successiva mobilitazione di milioni e milioni di iraniani in ogni città e in molte province in supporto della Repubblica islamica, della Guida suprema e contro il terrorismo? Illiberalismo o democrazia popolare? 
Le iniziali proteste partite da Zahedan, Mashhad o dalle province di Shiraz e Isfahan, proteste sociali pacifiche e di dissidenza interna al blocco del liberalismo borghese conservatore rappresentato dalla fazione egemone di Rouhani, non sono state assolutamente represse ne perseguitate ma anzi inizialmente incentivate dalle fazioni più sociali, nazionaliste e progressiste interne alla Repubblica islamica. 
Ma dalla pacifica, per quanto animata, protesta sociale all’omicidio mirato e pianificato di più membri delle forze della sicurezza il salto, si comprenderà, non è così piccolo ne può essere casuale e episodico ed ogni Stato che sia tale è costretto ad intervenire proprio in difesa dei piccoli proprietari e dei proletari minacciati. 
Macron, che si pregia di essere l’esponente più rilevante della pratica liberale occidentale, per quanto operi nel contesto particolare del sistema di governo della Quinta Repubblica, è il protagonista di una azione di repressione verso il movimento sociale e democratico francese che fa impallidire quello della Repubblica islamica. Se quest’ultima, nell’avviare la repressione, è stata comunque legittimata dai precedenti omicidi di Basiji e Pasdaran, la polizia nazionale transalpina da un anno a questa parte ha deliberatamente percorso la via dello scontro frontale con la rivendicazione sociale, uccidendo decine di manifestanti, portando via decine e decine di occhi e mozzando diverse mani. Sabato 23 novembre 2019 abbiamo avuto a Parigi la giornata nazionale del Gilet Giallo ucciso o mutilato, invitiamo la Ventura a vedere le immagini di ragazzi e ragazze, fieri esponenti del movimento democratico francese, senza occhi e senza mani ma armati solo di una giubba gialla. Dove è dunque la democrazia? E dove l’illiberalismo? Macron ha milioni di militanti scesi in piazza per sostenerlo, come li ha avuti l’ayatollah Khamenei? Non ci sembra.
Quanto ai diritti della comunità LGTB, la Ventura ha ragione. Ma solo in teoria. La legge, è verissimo, in questo caso è molto dura; si studino però i casi delle persone purtroppo colpite, si vedrà che questi riguardano chi si è macchiato di abusi o ha compiuto
Londra, manifestazione in difesa dei diritti dei gay in Iran

pubblicamente atti di trasgressione e violenza verso la morale pubblica. In più casi la Guida suprema, l’ayatollah Seyyed Ali Khamenei, ha attaccato la concezione del sesso in Occidente, considerandola la principale causa della decadenza e della degenerazione della civiltà occidentale. Elevare il sesso a valore, esaltare i diritti sessuali, colpire la prassi dell’eros e dell’amore a vantaggio di gang bang o equivoca promiscuità sessuale, nella concezione sociale della Repubblica islamica sarebbe indice di certa decadenza politica e morale. 

Si può approvare o non approvare e noi personalmente ben comprendiamo la posizione della Ventura, ma allo stesso modo comprendiamo l’ortoprassi dell’ayatollah Khamenei. In occidente ed in UE, con la logica di presunti diritti individuali o civili si impongono desideri e pratiche di minoranze o lobby plutocratiche (es. il sionista Epstein) potenti sulla volontà e sul costume di “maggioranze silenziose”, arrivando anche alla somministrazione del famoso “farmaco gender” ad inconsapevoli bambini che precipitano così nella perenne incertezza e nella vaghezza sessuali. Anche qui: dove è l’illiberalismo? E dove la democrazia? Dove è la moralità e l’etica? Chi è veramente progressista e chi reazionario su tale piano? La Ventura ci aiuti a sciogliere l’enigma.
Infine, l’Iran avrebbe destabilizzato il Vicino Oriente. Forse la Ventura non sa, ed allora è doveroso ricordarglielo, che in seguito alla Rivoluzione del ‘79, il popolo iraniano ha subito: una Guerra Imposta dalle due superpotenze dell’epoca (Usa ed Urss) che provocarono circa un milioni di morti in patria, una guerra ibrida continua nelle due amministrazioni presidenziali di Ahmadinejad, attentati mirati dentro i confini della Repubblica islamica di professori e scienziati, la destabilizzazione programmata dell’alleato siriano, la tentata destabilizzazione del Libano patriottico ed antimperialista guidato dall’Hezbollah, ovvero la politica di assedio del “vicino estero” per conquistare infine Tehran. A ciò si aggiunga la strategia sanzionista in vigore dal lontano 1980, non dall’anno di elezione di Donald Trump alla Casa Bianca. L’anglosionismo in Medio Oriente avrebbe attuato un genocidio di circa 10 milioni di morti civili (fonte generale iraniano Salami) ed un numero incalcolabile di feriti. Non si tratta forse di odio etnico e razziale tutto questo o no? E’ un mistero come di fronte a tutto questo, si possa parlare di una geopolitica di destabilizzazione eterodiretta da Tehran. Ancor più misterioso è però l’impulso di Resistenza che guida e sostiene il popolo iraniano e gli alleati antisionisti (dalla Palestina allo Yemen, dal Libano alla Nigeria sciita) di fronte ad un assedio mondiale di tal fatta. Si tenga conto che il numero dei combattenti iraniani morti per la libertà della Palestina supera di gran lunga quello di ogni altra nazionalità filopalestinese; per i liberali occidentali, i diritti gender o quelli degli animali sono più importanti di quelli di milioni di bambini palestinesi sterminati, accecati, mutilati dal ’48 a ora. In tal senso, difficile negare che l’Iran islamico è la vera coscienza morale di questo pianeta degenerato e malato: indica al mondo la Giusta Via.
 
Ali Khameni, Hassan Nasrallah e Qassem Soleimani

Avremmo voluto e dovuto, ne siamo coscienti, anche delineare ciò che non va della Repubblica islamica. Dove l’utopia politica di imam Khomeini forse non si è mostrata all’altezza del compito storico: come possa un Rohani, ad esempio, incarnare una simile missione? 

Soleimani, Ahmadinejad, Mehdi Karrubi sono figli della Rivoluzione in egual misura? O ancora, presupposte le criminali ed imperialistiche sanzioni occidentali, perché le disuguaglianze sociali sono così cresciute nelle grandi città iraniane? 
Quando rientrò a Tehran nel 1979, nei pressi del cimitero Behest-e-Zahra, imam Khomeini disse: 

“Vogliamo curare sia la vostra vita materiale sia quella spirituale. Voi avete bisogno di spiritualità. Essi, gli imperialisti ed i sionisti, ci hanno tolto infatti la spiritualità e noi ve la ridaremo. Noi costruiremo case per tutti, provvedendo gratuitamente ad acqua ed elettricità”. 

E’ doveroso analizzare criticamente il successivo percorso, laddove opportuno, ma non è possibile ed è anzi inopportuno se dall’altra parte del fronte la propaganda imperialista si è ormai ridotta al livello di demagogia automatizzata e lobotomizzata, sia essa della destra sionista iranofoba o della sinistra liberale americanista. Non dimentichiamo mai che l’imam Khomeini sosteneva che i sovietici erano banditi, gli anglosassoni erano peggiori degli americani e gli americani peggiori degli anglosovietici. 
Quindi, tradotto con linguaggio odierno, gli illiberali e gli antidemocratici veri accusano l’Iran antimperialista di essere illiberale. Ma nonostante l’assedio politico, economico e propagandistico imperialista, la democrazia repubblicana e sociale islamica resiste e avanza.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *