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COS’È E DOVE VA L’IRAN di A. Vinco

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Potenza imperialista persiana o Stato rivoluzionario?


Un significativo pezzo dello stimatissimo amico Moreno Pasquinelli merita alcune precisazioni. 

Facendosi, almeno a nostro avviso, interprete di talune linee politiche del Nazionalismo sociale panarabo a centralità irakena, Moreno ritiene che la via strategica sovra-nazionale
e rivoluzionaria del Generale Soleimani abbia condotto l’Iran in un vicolo cieco, sarebbe stato perciò preferibile dare continuità alla via nazionalista persiana della cerchia di Ahmadinejad, la quale avrebbe portato al disimpegno iraniano sul teatro strategico mediorientale ed alla instaurazione di un nuovo Iran imperiale sciita a vocazione eurasiatica o pan-asiatica.

Ci meraviglia, in verità, che lo storico leader della Sinistra patriottica italiana Moreno Pasquinelli, le cui simpatie marxiste sono note, cerca come referente iraniano Ahmadinejad, guida del nazionalismo populista imperiale, e non la Sinistra radicale islamica continuatrice del pensiero “islamomarxista” di Alì Shariati. Ci riferiamo a figure di spicco vicine all’ex presidente Khatami quali Behzad Nabavi (fondatore dei Mojahedin dell’organizzazione islamica rivoluzionaria), Mostafa Tajzadeh, Moshen Armin, l’ex primo ministro Mousavi (che si ispirò a lungo al fochismo guevarista considerato “religioso”, antimaterialista e strategicamente ostile alla logica bipolare di Yalta), l’ayatollah Khoiniha che è stato capo della magistratura e Mehdi Karrubi (fondatore della società del Clero Combattente), tutte personalità politiche che sfidarono apertamente Ahmadinejad dandogli talvolta del “fascista populista”; ci riferiamo poi al Partito Mosakerat (“Partecipazione”), nato all’inizio del 2000, sebbene già presente come linea politica di fazione che metteva insieme la vecchia guardia degli “Studenti devoti alla linea dell’Imam Khomeini” che occuparono nel Novembre 1979 l’ambasciata statunitense, mentre il giovane Ahmadinejad, già allora su posizioni di destra radicale populista, premeva per l’occupazione dell’ambasciata sovietica ed il suo fronte politico era solito manifestare bruciando in piazza le bandiere sovietiche e quella britannica in ricordo dell’umiliazione russo-anglosassone del 1941. Il fronte riformista della Sinistra radicale islamica ha in passato fatto blocco con il Centro di Rafsanjani: l’obiettivo strategico era quello di affermare un modello cinese, in concreto tregua momentanea con l’Occidente e realizzazione di un Iran ultramoderno e sviluppato. 

Significativa e fondamentale differenza tra la Destra rivoluzionaria populista (Ahmadinejad) o principialista (Soleimani) e la Sinistra radicale è rappresentata dal fatto che per le fazioni di destra l’antagonismo strategico con Israele e con l’Occidente anglosassone rimane la quintessenza dello Stato rivoluzionario islamico iraniano, mentre sia per il Centro sia per la Sinistra radicale si può su questo transigere su un piano meramente tattico, non di prospettiva ultima. Va precisato che riformismo, nel linguaggio politico iraniano e nella lotta di frazione, a differenza di quanto si pensa in Occidente non significa deislamizzazione o liberalizzazione occidentalista quanto la prospettiva di una “democrazia parlamentare islamica” — non presidenzialista e plebiscitaria come quella odierna — basata su principi socialdemocratici molto avanzati. 

Se vi fosse un lettore iraniano che conosce bene le dinamiche interne che sta per caso leggendo mi perdonerà sicuramente per l’uso disinvolto che sto facendo di una terminologia italiana ed europea ma è evidentemente necessario per semplificare. Moreno formula infine tre domande da cui deduce che l’Iran non sarebbe la guida spirituale e politica di un Movimento antimperialista planetario, anche perché la martirizzazione del Generale Soleimani e di Abu Mahdi al Muhandis non avrebbe portato ad una rapida sollevazione delle masse arabe. L’Iran rivoluzionario non usa inoltre da decenni, in una dimensione geopolitica, termini come “sciita” o “sunnita”, “persiano” o “arabo”, proletario o capitalista: esistono invece un fronte degli Oppressi ed il fronte degli Oppressori. 

Il fronte arabo-israeliano, né converrà Moreno, è sulla prima linea del Fronte degli Oppressori anche quando formalmente musulmano, “sunnita” e chi più ne ha più ne metta. Cosa hanno fatto i takfiriti e le grandi potenze musulmane “sunnite” se non buttare al macero la santa causa palestinese? Si dà però il caso che nella prima linea delle celebrazioni e degli onori ai caduti antimperialisti del 2 Gennaio vi fossero proprio organizzazioni palestinesi “arabe” e “sunnite”, che sino a poco tempo fa erano appunto oltremodo indicative – per la stessa Sinistra europea – della rettitudine ideologica di una posizione geopolitica rivoluzionaria. 

Moreno non sembra viceversa dare eccessiva importanza a questo posizionamento di organizzazioni — come la Jihad Islamica Palestinese — che da decenni si trovano ben oltre la prima linea della lotta antimperialista, come non sembra considerare la stessa posizione della JIP sul nodo siriano e su quello takfirita. Cosa rappresentano i ragazzi di Piazza Tahir rispetto ad organizzazioni come Hamas o Hezbollah o JIP? Il rischio a tal punto è di far passare in sordina proprio quel piano strategico grande-Sionista da cui, con grande intelligenza, Moreno prende le mosse. Ha letto attentamente, Moreno, la Dottrina Oded Yinon che costituisce il centro da cui muove la sua analisi? Se sì, cosa pensa allora del fatto che già nel 1982 i grandi analisti sionisti sostenevano che le masse arabe mussulmane (“sunnite” come direbbe appunto Moreno) non costituivano un pericolo strategico se non sostenute da una potenza rivoluzionaria esterna o da uno Stato rivoluzionario con vocazione universalistica. 

Se ancora la fiamma della questione palestinese è ben accesa a livello mondiale, non lo si deve allora allo Stato rivoluzionario islamico iraniano il quale, nonostante decenni di assedio rappresentato da ininterrotte guerra ortodossa e ibrida di ultima generazione, è ancora fermo, sul piano sostanziale, nella assoluta e flessibile fedeltà alla linea originaria di Imam Khomeini, per cui la liberazione di Al Quds era e sarebbe sempre stata il cuore strategico della Rivoluzione Islamica del popolo iraniano? I più di 10 milioni di iraniani che, caduto Soleimani, hanno scandito nelle piazze lo slogan per la liberazione di Al Quds possono essere messi sullo stesso piano dei takfiriti o dei ragazzi di Tahrir ?

4 pensieri su “COS’È E DOVE VA L’IRAN di A. Vinco”

  1. Anonimo dice:

    CONDIVIDO ASSOLUTAMENTE QUESTE VERSIONI DI VINCO, MOLTO MENO QUELLA DI PASQUINELLI,E QUELLA DI GRIMALDI PURE!

  2. Anonimo dice:

    Bravo Vinco! Bravo veramente, fanculo a sauditi e israeliani sempre smaniosi di uccidere e bombardare!

  3. Anonimo dice:

    Pasquinelli sopravvaluta la forza dirompente del nazionalismo arabo ormai sconfitto

  4. Anonimo dice:

    D’accordo meglio questi del classismo marxista out

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