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LA RITIRATA DI SALVINI di Leonardo Mazzei

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Chi dia la linea nella Lega sulle cose che contano sta scritto sulla carta dei giornali. Insistervi sarebbe superfluo. E per qualcuno doloroso assai. Meglio continuare a fare finta di non aver capito, come fece quel tale sui minibot.

Circa un anno fa scrissi un primo articolo su quanto fosse in realtà resistibile l’ascesa, allora apparentemente inarrestabile, del secondo Matteo, quello che non va a sciare sull’Himalaya.

Le europee del maggio 2019 sembrarono smentire quella valutazione. Ma lo strampalato autogol d’agosto rimise le cose a posto: sulla carta Salvini restava il grande favorito per un futuro governo, ma intanto se ne doveva tornare all’opposizione.

Subìto il colpo, ecco lanciata la nuova strategia della “spallata”, il cui trionfo sarebbe stato suggellato dalle urne emiliane del 26 gennaio. Sappiamo tutti con quale risultato…

Nel frattempo, però, le cose non sono state ferme. L’autunno, anzi, è stato ricco di eventi. L’euro diventa irreversibile anche per il mangia-nutella, Draghi il candidato della Lega al Quirinale (nella versione salviniana), ma financo possibile premier in quella giorgettiana. Il tutto condito dall’apertura delle trattative per entrare nel PPE della Merkel, cioè nel principale partito che governa l’UE.

La svolta avvenuta 

Ora, se di fronte a tutto ciò si vuol continuare a negare l’evidenza della svolta avvenuta, non ci resta che ricordare il Test dell’anatra:
«Se sembra un’anatra, nuota come un’anatra e starnazza come un’anatra, allora probabilmente è un’anatra».

Ed i qua qua leghisti son davvero troppi per lasciare adito a dubbi.

In politica le svolte sono spesso repentine, ma tanto più vere quanto più si ha bisogno di smentirle, di farle passare come adattamenti tattici. Ma le svolte hanno anche bisogno di tempo per dispiegarsi pienamente, affinché possano essere riconosciute appieno per quel che sono. Infine le svolte cambiano gli equilibri di potere interni al soggetto in mutazione, designando così nuovi vinti e nuovi vincitori.

A me sembra chiaro che la svolta della Lega nella sostanza è già avvenuta. Svolta neanche troppo difficile in realtà, dato che per molti aspetti si tratta solo di un ritorno alle origini filo-tedesche del partito degli anni ’90. Ovviamente la Lega non è autolesionista, dunque non tornerà al recinto padano in cui operava all’epoca. Del resto, il populismo salviniano gli ha consentito di diventare il primo partito del Paese, figuriamoci se la nomenclatura lombardo-veneta ed i riciclati a sud dell’Appennino vorranno rinunciare ad un simile bendiddio!

Ma sarà possibile conservare il ricco bottino di consensi frutto della stagione salviniana, con la normalizzazione del salvinismo necessaria ad accedere sul serio alle stanze del potere? Qui la vedo dura. Anzi, durissima. Di più: impossibile. Questo lo sanno anche i capibastone del Nord della cordata Giorgetti, ma il fatto è che non possono tenere insieme capra e cavoli. Dunque, giunti al bivio, hanno scelto di stare dove gli confà, con le oligarchie finanziarie euriste. Sanno che pagheranno un prezzo, ma contano sul fieno messo in cascina e sullo sfacelo altrui.

Perché la ritirata leghista?

Finora ho parlato di svolta, ma il termine ritirata descrive ancora meglio l’inversione ad U effettuata. L’ultima del Capitano è di ieri: «Con Giorgetti abbiamo la stessa linea sull’Europa: nessuno vuole uscire da niente». Fine del discorso, con l’unica aggiunta che «per noi viene prima l’Italia della burocrazia europea». Ammazzate! Il problema adesso è banalmente la burocrazia… Andando avanti così, tra qualche mese toccherà agli uscieri…

Si è arrivati a questa indecorosa ritirata per due motivi. Da una parte i capibastone del Nord mai hanno accettato il no-euro, tollerandolo soltanto sulla felpa salviniana come mezzo acchiappa-voti. Dall’altra, cioè da parte di Salvini, non c’è stato il coraggio di ingaggiare la battaglia. Un coraggio pari a zero nel difendere Savona mettendo sotto accusa Mattarella. Un coraggio pari a zero davanti alle porcherie europee di Tria. Un coraggio pari a zero davanti al primo, prevedibilissimo, sbuffo dello spread.

Bene, come noto, il coraggio se uno non ce l’ha non può darselo. E qui potremmo chiudere il discorso. Il mangia-nutella è solo uno spaccone. Amen.

Riuscirà il fanfarone a restare in sella?

Se come sovranista Salvini è uno zero assoluto, se la svolta europeista è ormai cosa fatta, resta il particolare di una forza data ancora al 30%, che tuttora lo candida formalmente a Palazzo Chigi. Riuscirà il fanfarone, sia pure “normalizzato”, a restare in sella verso quel traguardo?

Qui la risposta è più difficile, ma propenderei decisamente per il no.

La difficoltà risiede nella tempistica, così difficile da azzeccare di questi tempi. Ma se l’agenda fosse quella disegnata da Giorgetti, il cui passaggio decisivo è rappresentato dal voto per mandare Draghi al Quirinale nel febbraio 2022, il discorso per Salvini sarebbe probabilmente chiuso.

La crisi macina personaggi, non scordiamolo mai. Berlusconi, Monti, Renzi e pentastellati, son tutti lì a ricordarcelo. Macina però generalmente quelli di governo, e Salvini è stato abile a scansare vere responsabilità economiche nell’esecutivo gialloverde.

Attenzione, però, che si può essere macinati anche stando all’opposizione. Se sì è dei voltagabbana, pianino pianino, date tempo al tempo, vedrete che anche gli elettori se ne accorgeranno. Peraltro, se tu vuoi dar sempre l’idea di essere ormai ad un passo dalla spallata, che poi però non arriva, qualche prezzo lo paghi.

Conclusioni

Con l’assorbimento dei Cinque Stelle nella loro orbita, e con la normalizzazione in atto del salvinismo, le oligarchie euriste hanno segnato due punti fondamentali. Inutile negarlo.

E’ una vittoria che non intacca minimamente il significato più profondo della spinta populista che generò il governo gialloverde, ma è una vittoria con la quale fare i conti. Inutile illudersi.

Il cammino, appena iniziato, di Liberiamo l’Italia, muove i suoi passi proprio in questo panorama apparentemente avverso. La campagna contro il MES sarà il prossimo terreno di mobilitazione e di crescita. Su questo, ovviamente, neppure Giorgetti potrà mettere la sordina al no delle opposizioni parlamentari. Ma il no in parlamento segnerebbe solo l’ennesima sconfitta, se non fosse unito ad un forte appello alla lotta nel Paese.

Noi la nostra parte la faremo.

2 pensieri su “LA RITIRATA DI SALVINI di Leonardo Mazzei”

  1. Anonimo dice:

    Il dramma più grande in tutto questo è che l’unico evento che poteva scuotere la costruzione UE, ovvero la brexit, sembra stia prendendo la via di uno scontro prolungato a bassa intensità invece di uno shock più grosso in grado di rompere il sistema.

    Io mantengo una residuale speranza che lo shock possa ancora arrivare, i prossimi mesi (e le elezioni USA) ci diranno la verità al riguardo, ma senza lo shock difficilmente cambierà qualcosa.

    Questi riallineamenti in fondo sono una conseguenza del fatto che il sistema riesce purtroppo ancora a tirare a campare. Usando ancora la metafora dell’anatra: l’acqua scarseggia ma la papera UE ahimé galleggia.

  2. Roberto dice:

    Eccoci qua puntuali come al solito il commento su Salvini la Lega e i loro amici vicini e lontani. Come il bambino capriccioso che tirando la gonna della mamma incomincia la solita litania:” Mamma,mamma Salvini Giorgetti hanno detto una bugia…” e uno spererebbe che si facesse come la mamma che cerca di toglierselo di intorno :”Va bene ho capito ma adesso vai a giocare non insistere..”. E invece qui che non siamo tra bambini immagino, dobbiamo sorbirci l’ennesimo post che dice le stesse cose con le quali alla fine uno spererebbe che fossero anche le ultime visto che ogni volta si finisce con: La Lega sta dicendo il falso non e’ intenzionata ad uscire dall’euro definitivo. Ma se ad ogni critica che fate alla Lega rimarcarte che il vostro giudizio e’ definitivo perche’ continuate ad insistere. Ma quanti elettori pensate della Lega possano leggervi. Io penso pochini quindi perche’questa testardaggine ? Cui prodest? Senza realizzare che voi ed io stiamo perdendo tempo a scrivere di cose che non ci fanno fare passi avanti anzi. La stessa cosa lo scritta a Nuova Direzione perche’ bisogna capire: ma a noi cosa ce ne frega? Visto che il campo ‘sovranista’ si sta frantumando anzi scindendo in mille atomi come diceva il grande Guzzanti imitando il compiaciuto Bertinotti come se pensasse che questa sia in fondo la vera natura della sinistra. Ed infatti il Guzzanti descriveva la ridicola pretesa della sinistra di contare qualcosa mentre promuove azioni politiche che la rimpiccioliscono sempre di piu’. Ma pensiamo al nostro campo: c’e’ Porcaro che dice che l’Italexit sarebbe bene dimenticarcela per un po’ mentre Fassina porta Patria e Costituzione in un governo che prende gli ordini dall’UE ordoliberista (robe da prenderlo a calci). Senza contare i numerosi grupposcoli che si riuniscono per ribadire che bisogna uscire dall’UE ma non sanno che se appena alzno la testa verrebbero inchiappettati dai media. Pensate al povero Borghi per cui ogni intervistsull’attualita’ si perde invece a dover dare spiegazione della sua opposizione all’UE. Ma credete che se io fossi in Salvini andrei in giro a dire ogni giorno che voglio uscire sapendo che per arrivare ad una maggioranza come lui mi manca ancora tra il 15-20%! Ma mi considererei matto. Politica e guerra (polemos) hanno la stessa radice qui si studiano strategie, si pensano le possibili mosse dell’avversario per poterci difendere meglio dagli imprevisti della contingenza. Basta con il criticismo occorre impostare la lotta su un’azione propositiva che possa almeno farci costruire qualche fortino in cui posizionarci per poi attaccare di nuovo. Avanti popolo!!!

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