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DICTATOR PER CASO di Piemme

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Il 10 marzo scorso, subito dopo i primi decreti emergenziali del governo, scrivevo:
«Vita associata abolita, libertà individuale sequestrata, democrazia temporaneamente soppressa. Non c’era mai stata in Italia una simile militarizzazione del territorio, una mobilitazione repressiva di tale ampiezza e contundenza, a conferma dello “Stato d’eccezione” che ha sigillato il Paese, trasformandolo in un immenso reclusorio. Si dice che siano le prove generali della dittatura. Forse è troppo. A lor signori basta che siano le prove generali del “governissimo”, Draghi o non Draghi a capo dell’Esecutivo. Di sicuro siamo davanti ad un atto eversivo, anticostituzionale, ad un auto-golpe mascherato».
Dopo di allora sono piovute ulteriori strette repressive, per di più estese a tutto il territorio nazionale, con limitazioni pesantissime delle libertà e dei diritti fondamentali, di circolazione, di riunione, ed anche di parola — vedi la Delibera del 18 marzo con cui l’Agcom prevede di censurare opinioni diverse sul contrasto all’epidemia rispetto  a quella ufficiale, e vedi la gravissina diffida alla epidemiologa Maria Rita Gismondo di esporre le sue critiche. Infine la decisione di gettare l’esercito nelle strade (il più delle volte solo allo scopo di spaventare i cittadini), decine di migliaia di denunce, anni di galera per chi violi la stretta.

Ho ricevuto critiche anche dure da parte di diversi amici per il il mio intervento del 10 marzo. Per essi la quarantena e gli arresti domiciliari di massa sono necessari per debellare l’epidemia. “Lo prevede la Costituzione”, mi han detto, le deroghe allo Stato di diritto sono previste in situazioni d’emergenza.

Vero, ma essi non vogliono vedere — oltre al pericolo grandissimo per cui, creato il precedente, esso può essere molto più facilmente reiterato ogni qual volta il potere si senta in pericolo — di riconoscere un fatto enorme, quello per cui il governo, assumendo poteri eccezionali, ha agito extra legem. Non passa giorno che dall’alto ci dicono che siamo in guerra ma la Costituzione, all’art. 78 parla chiaro, è il Parlamento che delibera l’eventuale stato di guerra, ed è il Parlamento che conferisce al governo i poteri necessari». Cosa invece abbiamo avuto amici cari? Che l’Esecutivo i poteri eccezionali se li è presi ed il Parlamento è stato chiuso de facto.

E’ dunque lo stesso spirito della Carta che è stato calpestato, spirito che indica come, anche in situazioni derogatorie, si debbono sempre rispettare i suoi principi. Davanti al COVID-19 il governo si è infatti vantato di aver seguito il modus operandi cinese (per certi versi più duro), e allora serve sottolineare che è proprio nella capacità e nel modo di affrontare gli stati d’eccezione senza derogare ai principi democratici di fondo che si misura e si vede la reale natura di un regime e/o i rischi — connessi intrinsecamente nello stato d’eccezione — di violare il perimetro di una democrazia costituzionale.

Moreno Pasquinelli, ha segnalato come, quanto sta accadendo sotto i nostri occhi, confermi la tesi di Carl Schmitt per cui, «Il caso d’eccezione rende palese nel modo più chiaro l’essenza dell’autorità statale. Qui la decisione si distingue dalla norma giuridica, e (per formulare un paradosso) l’autorità dimostra di non aver bisogno di diritto per creare diritto».

Vero. E’ noto come Schmitt, proprio partendo dal suo paradigma, fosse un difensore della Costituzione di Weimar, Costituzione con elezione diretta del Presidente della Repubblica e che assegnava ad esso poteri sovraordinati rispetto allo stesso Parlamento. Al Presidente spettava il comando dell’esercito (art. 47). Sempre al Presidente spettava la facoltà di prendere decisioni in caso di emergenza a tutela dell’ordine e della sicurezza, e solo successivamente il parlamento avrebbe potuto solo controllare le misure prese (art. 48, commi 2 e 3). Il Presidente poteva contrapporre lo scioglimento delle camere alla minaccia di un voto di sfiducia da parte del Parlamento nei confronti del governo, anzi, poteva addirittura precederlo, il che, a parte l’obiettivo che ci si proponeva, faceva sì che la risoluzione del conflitto passasse nelle mani del popolo, chiamato a nuove elezioni.

Così ci spieghiamo come l’ascesa del potere di Hitler, chiamato alla cancelleria proprio da Hindemburg, fosse avvenuta nel pieno rispetto formale della Costituzione weimariana, considerata al tempo la più democratica.

E questo non è il solo precedente che mostra come in passato si sia passati dalla democrazia alla dittatura nel pieno rispetto formale delle regole dell’ordinamento (democratico). E’ proprio questo che i costituenti hanno immaginato di impedire con Costituzione del ‘48, che infatti ha previsto un Presidente debole e un Parlamento forte.

Se non stupisce che le destre sicuritarie non abbiano alzato alcun allarme per la sospensione della democrazia, se non stupisce il silenzio assordante di tutto il circo mediatico, è sorprendente la reticenza e la sordità di certa sinistra. E non parlo dell’area che orbita attorno al Pd. Parlo della stessa sinistra che si pretende antagonista. In nome di un malinteso concetto di “salute pubblica”, avanti col blocco totale, anzi, per alcuni la reclusione dev’essere ancora più stringente. La “salute” prima di tutto, le libertà alla merda!

Altri mi hanno criticato sostenendo: “ma dai?! Ce lo vedi Conte che fa il dittatore?!”.

No, io non ce lo vedo, dico che lui e la congrega che lo sostiene, stanno oggettivamente spianando la strada al Dictator, che potrebbe venire dopo di lui, grazie proprio alle sue misure draconiane.

Osserva argutamente Marco Olivetti:

«In un momento di evidente emergenza, come quello causato dalla diffusione in Italia del nuovo coronavirus, interrogarsi sulla compatibilità con la Costituzione delle misure sinora adottate dal Governo potrebbe sembrare un lusso che non possiamo permetterci. Ma questo approccio al problema, che forse istintivamente è inevitabile, equivarrebbe a mettere la Costituzione in quarantena, muovendo dall’idea che essa vale per i tempi normali e non per quelli eccezionali. Un’idea, questa, assai risalente, che potrebbe trovare la propria radice ultima nella Dittatura cui i romani facevano ricorso in situazioni di pericolo per la Repubblica, introducendo in quel caso una figura giuridica – il dictator, appunto – che per sei mesi sostituiva i consoli».

Una delle rare voci fuori dal coro, non a caso ospitata dal quotidiano dei vescovi AVVENIRE

7 pensieri su “DICTATOR PER CASO di Piemme”

  1. Luca Tonelli dice:

    Pochi giri di parole, siamo al tramonto UFFICIALE della democrazia in Italia.
    Quello ufficioso c era già stato.

  2. Giulio Bonali dice:

    Sono uno degli amici che si é confrontato con voi duramente ma con intento costruttivo sulle misure del governo, come é giusto fare fra compagni quando le circostanze lo richiedono, e cerco di continuare la discussione.
    Credo che nessuno di noi che ha criticato Moreno e gli altri di Sollevazione i giorni scorsi ignori i pericoli insiti in quanto il governo sta facendo (con le opposizioni concordi o casomai ancor più assatanate per la sospensione di talune non irrilevanti libertà democratiche formali, dopo una colpevole fase di faciloneria verso i pericoli dell’ infezione).
    Siamo tuti, se non leninisti o “variamente marxisti”, per lo meno “vaccinati” (mi scuso per il termine metaforico poco consono alle circostanze) contro il potere delle classi sfruttatrici capitalistiche, la sua natura e pericoli di suoi sempre incombenti abusi.
    Sappiamo dunque bene che questo precedente favorito dalla situazione calamitosa oggettivamente in atto potrebbe prestarsi a fare da “pretestuoso precedente” in vista di ulteriori definitive svolte fascisteggianti o anche fasciste tout court.
    Ma riteniamo (o per lo meno personalmente ritengo) che sia un rischio da correre perché la tutela della salute e della vita stessa é una conditio sine qua non per ogni possibile spostamento in avanti dei rapporti di forza nella lotta di classe: i rivoluzionari morti non possono fare nessuna rivoluzione.
    E senza salute e sopravvivenza prima di tutto “la libertà”, per usare le vostre parole, va per forza di cose, inevitabilmente “alla merda” di fatto!
    E riteniamo (sempre per quel tanto o quel poco che la mia opinione possa coincidere con quella degli altri critici) che sia un rischio fronteggiabile proprio in virtù della consapevolezza da parte di tutti noi (come direbbero a Napoli, accà nissciuno é ffesso, cari Conte, Renzi, Di maio, Zingaretti, Salvini, Meloni e compagnia brutta) dei termini dello scontro (di classe) attuale in particolare, nonché in generale del carattere in ultima analisi fittizio della democrazia formale nel capitalismo (reale soltanto nella comunque limitata misura in cui le lotte degli sfruttati e rapporti di forza a loro relativamente meno svantaggiosi la impongano agli sfruttatori che in ogni caso detengono il potere reale; che essendo gli sfruttatori minoranza, non sarà mai realmente, integralmente, compiutamente democratico fintanto che sussisterà lo sfruttamento capitalistico).

    Dissento completamente sul confronto fra operato del governo cinese e del nostro proprio perché non ritengo che la “nostra” democrazia formale (in quella che in termini leninisti e anche letteralmente leniniani -absit dogmatismum verbis- é una dittatura della borghesia capitalistica), sia più autentica, più reale di quella di uno stato che francamente non so valutare con sicurezza, sul quale ho molti dubbi (anche se in queste drammatiche circostanze ha guadagnato presso di me “moltissimi punti”) ma comunque potrebbe essere una forma di gigantesca e prolungata “NEP”, oltre che invece uno stato capitalistico comunque, come dimostrano tutta evidenza le drammatiche vicende in corso, dotato di molto più autentico e attivo consenso popolare reale del nostro (al di là delle formalità democratiche limitate, ma peraltro anche qui oggi gravemente sospese e negate) .

    Proprio perché ho chiara, leninistica “contezza”, come direbbe il Fusaro, della natura di classe del potere e del carattere mai compiutamente reale della democrazia possibile nel capitalismo non mi stupisce affatto che non solo le destre sicuritarie non abbiano alzato alcun allarme per la sospensione della democrazia, ma che non l’ abbia fatto nemmeno la pseudosinistra istituzionale (che si alternano come governo e opposizione di sua maestà a seconda delle meschine farse che si susseguono nel teatrino della politica).
    Più preoccupante é quello che a me sembra più che un’ approvazione un comunque grave e preoccupante pavido silenzio di una parte della più autentica sinistra che si pretende anticapitalistica e magari comunista, sul quale concordo con l’ allarme da voi lanciato; ma dissentendo da voi circa la necessità di misure di chiusura di attività economiche e di distanziamento personale fisico secondo il “modello cinese”, per me pregevole e malissimo scopiazzato (non a caso: qui abbiamo le pretese “sacrosante”, e almeno in questa circostanza ma non solo criminali, di Confindustria!): le misure del governo (a parte la loro farraginosità e confusione notevolissime e gravide di pessime conseguenze) non sono un tutt’ uno da “prendere o lasciare”, ma per me sono in parte giuste (addirittura insufficienti e tardive), in altra ben distinguibile parte (a cominciare dalla censura di Internet, estremo rifugio o ultima trincea dei restanti barlumi di libertà di espressione) fascistissime e da combattere con ogni mezzo.

    Queste sono le ulteriori osservazioni che propongo alla riflessione dei compagni, credo in sostanziale consonanza con le considerazioni di Marco Olivetti citate alla fine dell’ articolo e con lo spirito stesso delle vostre preoccupazioni: stare in guardia contro il pericolo di svolte autoritarie e fasciste é sempre doveroso, più che mai in questi drammatici e delicati frangenti.

  3. Piero dice:

    Ho letto l’intervento di Olivetti che condivido in toto. Ma al di là del fatto che il governo avrebbe potuto agire, a suo parere, diversamente e maggiormente in linea con la costituzione, ha rimandato al dopo emergenza una valutazione dei provvedimenti, magari attraverso un’apposita commissione, mai ha paventato un possibile ” spianare la strada al dictator che potrebbe venire dopo di lui” intendendo con lui, Conte. Diciamo che è una questione che attiene più alla tecnica costituzionale e quindi agli studiosi, che alla sostanza e soprattutto alla situazione del dramma sanitario che il paese sta vivendo. Credo che in questo momento sia fuori luogo gridare al lupo, fuorviante rispetto a quello a cui saremo chiamati per il dopo emergenza.

  4. Piemme dice:

    Gentile Bonali,

    comprendo quanto sostiene, ma dissento.

    A me pare che lei sia cascato con tutti e due i piedi nella trappola, cioè la campagna terroristica e ansiogena orchestrata dal sistema, anzitutto mediatico. Lei capisce che il potere, ogni volta che deve intruppare le classi subalterne per soggiogarle, — tanto più se teme la loro sollevazione —, usa la paura per paralizzarle e intossicarle ideologicamente.

    Lei saprà certamente che così le classi dominanti hanno sempre fatto quando si trattava di inviare in guerra i poveri cristi.

    Le misure draconiane del governo, se sono discutibili in quanto a efficacia terapeutica (la Corea ha usato altri metodi, così come altri paesi), sono politicamente pericolosissime. E per il sottoscritto questo, sul piatto della bilancia, è il fattore determinante.

    Lei invece accetta lo scambio che le ha proposto il governo: rinunciare alla democrazia, ai diritti e all’agibilità in cambio di un errato concetto di “salute pubblica”.

    No, non ci siamo.

    Piemme

    1. Giulio Bonali dice:

      Ho ripetutamente scritto inequivocabilmente quello che penso sulla censura di Inernet (e la invito a rileggerlo e a non attribuirmi indebitamente e scorrettamente il contrario di quanto da me affermato).
      Dunque non accetto affatto il preteso <>.

      Che sono ben consapevole della natura del potere (e in particolare della “dittatura borghese capitalistica” – Lenin, N.d.R.) esistente in Italia lo scrive li stesso.

      In Corea del Sud hanno preso (per loro fortuna) misure limitanti le libertà democratiche formali di spostamento e “assembramento” non meno draconiane di quelle italiane (e contrariamente a queste ultime tempestive, semplici e comprensibili: a quando, alla quotidiana “nuova versione” dell’ autocertificazione degli spostamenti verrà allegato gratuitamente il “comodo raccoglitore”, come di consueto nelle più astruse collezioni di cianfrusaglie che si vendono periodicamente in edicola?).

      I gravissimi pericoli dell’ epidemia sono ben reali (per questo e non ceto per organizzare una gita collettiva Cuba ha inviato i suoi medici internazionalisti a Crema); sembra proprio che voi siate caduti con entrambi i piedi nelle penose e pericolosissime farneticazioni tragicomicamente complottistiche di chi, da ignorantissimo in materia o per malafede (o entrambe le cose, che non si escludono) , pretende di minimizzare i fatti enormi davanti a tutti (basta confrontare i decessi nel Marzo 2019 e quelli nel Marzo 2020!) cavillando sui morti “per” o “con” coronavirus: a causa di diabete, ipertensione, enfisema polmonare, insufficienza renale o epatica o cardiaca, ecc. o per insufficienza immunitaria (per tumori trattati, per lo più con successo, con chemioterapia o altro) i deceduti “con” coronavirus avrebbero avuto ottime chances di sopravvivere per non pochi anni o in certi casi anche qualche decennio in “serena compagnia” di tali loro patologie di base (“per” le quali nel senso che esse sarebbero la “causa di gran lunga decisiva fra le varie altre concause non determinanti” -compresa l’ infezione- dei loro decessi di certo non sono morti!

    2. Giulio Bonali dice:

      Aggiungo la citazione inspiegabilmente tagliata nel precedente intervento:

      dunque non accetto affatto il preteso <>.

      1. Giulio Bonali dice:

        Niente non nevuol sapere (sono le rifhe 3,4,5,e 6 della sua rusposta).

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